2025-10-15
Caso Ramy, la svolta: «Niente nuova perizia»
Il gip respinge la richiesta della Procura: «Quelle esistenti sono rigorose». Archiviazione vicina per Lenoci.Nell’inchiesta sulla morte di Ramy Elgaml, il diciottenne deceduto nella notte tra il 23 e il 24 novembre 2024 dopo la folle fuga in scooter guidato da Fares Bouzidi, arriva un’ordinanza che dovrebbe aprire (il condizionale è d’obbligo) la strada all’archiviazione del carabiniere Antonio Lenoci, alla guida della «Volpe 40», la pattuglia che inseguiva il T-Max. Il giudice per le indagini preliminari, Maria Idria Gurgo di Castelmenardo, ha respinto la richiesta di incidente probatorio avanzata dalla Procura di Milano nei giorni scorsi, sottolineando che le perizie già agli atti sono «ampie, condotte con rigoroso metodo scientifico e rendono superfluo un nuovo accertamento». Una decisione che, di fatto, riconosce la solidità delle ricostruzioni tecniche e conferma che non vi è alcun elemento per sostenere una responsabilità del militare.Il verdetto, depositato il 14 ottobre 2025, è netto e segna un punto di svolta. La Procura aveva chiesto un nuovo accertamento cinematico per «ricostruire in modo univoco la dinamica del sinistro», ma per il gip la richiesta non è giustificata. Come scrive il giudice Gurgo di Castelmenardo, «risulta essere carente il requisito della specificità della richiesta, laddove non sono stati meglio specificati quali siano i “profili essenziali del fatto” in ordine ai quali si assume che le conclusioni divergenti dei vari consulenti di parte non consentono di addivenire a una ricostruzione univoca dell’evento». In altre parole, le perizie già depositate bastano e avanzano.Si tratta delle relazioni del perito nominato dal pubblico ministero, dei consulenti delle parti civili e della difesa, comprese quelle redatte per conto del carabiniere Lenoci (avvocati Arianna Dutto e Roberto Borgogno). È vero che tra le diverse relazioni tecniche emergono sfumature e differenze di impostazione (la distanza dell’auto, il momento della frenata o il contatto prima dell’incrocio), come accade in quasi tutti i procedimenti complessi, ma per il giudice si tratta di divergenze non sostanziali, che non incidono sulla ricostruzione generale dei fatti. Gli accertamenti tecnici già depositati sono ampi, condotti con metodo scientifico e del tutto sufficienti a ricostruire la dinamica del fatto. Proprio per questo motivo, il gip esclude la necessità di un nuovo incidente probatorio, ricordando che questo strumento non può essere usato a fini esplorativi né per supplire a carenze investigative del pubblico ministero.L’ordinanza arriva in un momento delicato: l’indagine per omicidio stradale colposo è ancora formalmente aperta, ma il procedimento per resistenza a pubblico ufficiale, già definito dal gip Fabrizio Filice con la condanna di Bouzidi (difeso dagli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli) a due anni e otto mesi, ha chiarito che la condotta dei carabinieri fu del tutto legittima. In quella sentenza, il giudice scrisse che la fuga di Bouzidi fu «esclusivamente illegittima» e che i militari agirono «in pieno adempimento del dovere». L’ordinanza della dottoressa Gurgo di Castelmenardo aggiunge un tassello decisivo. Dopo due anni di indagini e perizie, non emergono elementi di colpa a carico di Lenoci, il quale, come è stato ricostruito, fu il primo a scendere dall’auto dopo l’impatto e tentò personalmente di rianimare Ramy, praticandogli il massaggio cardiaco in attesa dell’arrivo dei sanitari del 118.La richiesta di incidente probatorio della Procura, probabilmente dettata anche dal clima di tensione e dalle proteste di piazza nel quartiere Corvetto, puntava a una nuova consulenza indipendente per «dirimere le divergenze» tra i tecnici. Il gip ritiene, dunque, che il quadro tecnico sia già solido: le perizie concordano nel ritenere che la perdita di controllo dello scooter fu causata dall’improvvisa manovra di Bouzidi, a velocità elevata e su un tratto con rotaie, e non da un urto con l’auto dei carabinieri.Un passaggio che, nei fatti, rafforza la posizione difensiva del militare e allontana l’ipotesi di un rinvio a giudizio. All’orizzonte resta soltanto la posizione di Bouzidi, il giovane già condannato per resistenza a pubblico ufficiale, che potrebbe essere l’unico a comparire davanti al tribunale anche per l’accusa di omicidio stradale.
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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