2020-01-02
Su Autostrade il governo abbaia ma non morde
Luigi Di Maio dopo il crollo sulla A26: «Toglieremo le concessioni ai Benetton». Però Matteo Renzi, che tiene in vita il governo, si oppone. Inizia male il nuovo anno per Autostrade per l'Italia, e pure per Italia viva, partitino di Matteo Renzi nato con grandi obiettivi e però ridotto a rappresentare una porzioncina minoritaria e costantemente polemica della coalizione giallorossa. Minoritaria, polemica, ma determinante per la tenuta del governo guidato da Giuseppe Conte: le previsioni per i prossimi giorni segnalano un'altra bufera che sta per abbattersi su questa sbrindellata coalizione, tenuta insieme solo dal collante della paura delle elezioni.Luigi Di Maio, capo politico del M5s, ieri ha scelto il tema delle concessioni autostradali per aprire il nuovo anno: «Nel milleproproghe», ha detto Di Maio nel corso di una diretta Facebook, «abbiamo inserito la norma sulle concessioni autostradali. Questo decreto dice finalmente che si avvia un percorso per alcune infrastrutture che ci permette di revocare le concessioni ai Benetton. Tutti si sono scandalizzati perché è crollato il titolo di Atlantia, ma chi si è scandalizzato non lo ha fatto quando è crollato il ponte Morandi. È crollato il ponte e non si sa di chi è la colpa, invece ogni dichiarazione sulle concessioni è diventata un attentato ad Autostrade. La retorica che si perdono i posti di lavoro con la revoca delle concessioni ad Autostrade», ha aggiunto Di Maio, «è una sciocchezza. Si perdono i profitti dei Benetton ed è giusto, perché non hanno fatto quanto dovuto per mantenere quel ponte. Io non sono tranquillo che ci siano quei signori che non hanno mantenuto il ponte Morandi che ora gestiscono 3.000 chilometri, bisogna riprenderci quella gestione», ha concluso Di Maio, «e poi i dipendenti verranno chiaramente impiegati».Lo statista di Pomigliano fa la voce grossa, forte di quanto accaduto lunedì scorso, quando una parte del soffitto della galleria Bertè, lungo la A26 Genova-Gravellona Toce, è crollato sulla carreggiata. Un nuovo episodio inquietante, su un tratto gestito da Autostrade per l'Italia, che ha inevitabilmente rafforzato la posizione di chi chiede la revoca delle concessioni. L'automobilista italiano, ormai, quando percorre viadotti, ponti o gallerie, è abituato a pregare. Nella mattinata del 31 dicembre al ministero delle Infrastrutture - guidato da Paola De Micheli del Pd - si è svolta una riunione tecnica alla quale hanno partecipato i manager di Aspi. Si è appreso che la galleria Bertè era stata «recentemente controllata» da Spea, società controllata da Autostrade, e che l'ispezione era stata superata «positivamente» e «senza criticità». Un ulteriore segnale, al di là di ogni valutazione tecnica o politica, che i controlli sulla rete fanno acqua da tutte le parti: la stessa Spea, recentemente, è stata esautorata dai controlli in seguito a quanto emerso nell'inchiesta bis della Procura di Genova sui presunti falsi report dopo il crollo del ponte Morandi. Da ieri, primo gennaio, Autostrade affiderà i controlli a una società esterna, scelta attraverso una gara.Il nodo, però, è tutto politico: il M5s procede spedito sulla revoca delle concessioni; il Pd sta assumendo posizioni sempre più intransigenti, dando l'impressione di essere ormai favorevole alla revoca, ma Italia viva si è messa di traverso. Renzi e i suoi accoliti, probabilmente traumatizzati dalla mancata crescita nei sondaggi, continuano a recitare il ruolo di «opposizione nella maggioranza», sperando di lucrare un po' di visibilità, ma questa strategia si sta rivelando miope e senza risultati concreti. Contro la revoca delle concessioni ad Autostrade per l'Italia si sono espressi nei giorni scorsi sia Matteo Renzi sia Maria Elena Boschi. «Se qualcuno vuole revocare la concessione ad Autostrade per la vicenda del ponte Morandi», ha detto Renzi lo scorso 22 dicembre, «si presenti in Parlamento con un disegno di legge. Il parlamento è sovrano: si discuterà e la maggioranza deciderà. Ma utilizzare il Milleproroghe aprendo un potenziale caos normativo e facendo crollare la fiducia degli investitori esteri sull'Italia è roba da azzeccagarbugli di provincia». «Fare scelte affrettate e contro ogni principio di diritto», ha ripetuto Maria Elena Boschi al Corriere della Sera, «come si è cercato di fare con la norma del Milleproroghe, è indice di un populismo normativo pericoloso. Le cose vanno fatte bene, altrimenti l'Italia perde credibilità: dobbiamo evitare di diventare una barzelletta a livello internazionale perché nessuno investe in un Paese in cui si cambiano le regole in corsa».La norma inserita nel Milleproroghe che non piace ai renziani (Italia viva non ha votato il punto in Consiglio dei ministri) consentirebbe di ridurre al minimo i rischi di dover pagare indennizzi stratosferici ad Autostrade in caso di effettiva revoca della concessione. In ogni caso, al di là dei proclami di Di Maio, se e quando la revoca arriverà sul tavolo del governo, non mancheranno liti, tensioni e distinguo. La maggioranza giallorossa, fondata politicamente sul nulla, non trova l'accordo su nulla.
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