2024-08-30
I legali dei cronisti si svegliano ora: «Denunciamo la donna per calunnia»
Nello Trocchia e Sara Giudice (Ansa)
I difensori di Trocchia e Giudice accusano «La Verità» di non avere fatto verifiche. Falso: abbiamo raccontato gli atti. Restano punti aperti nell’inchiesta: dalla mancata audizione della ragazza agli screenshot fantasma.Su una cosa siamo d’accordo con gli avvocati Grazia Volo e Virginia Ripa di Meana: l’indagine per stupro di gruppo aggravato ai danni di una giornalista, che vede coinvolti i cronisti Nello Trocchia (Domani) e Sara Giudice (ex militante del Pdl e di Fli, oggi a Piazzapulita) è una «dolorosa vicenda», seppur non «privata» visto che si tratta di due personaggi noti al grande pubblico. E come tale necessita non solo di trasparenza e correttezza nel racconto ma, soprattutto, di verità. Almeno quella che è possibile ricavare dagli atti giudiziari disponibili. Dunque, parola alla difesa: «La procura della Repubblica di Roma, dopo approfondite indagini durate diversi mesi, ha deciso di non esercitare l’azione penale e per questo ha chiesto l’archiviazione nei confronti di Trocchia e Giudice», spiegano i legali in una nota. Giusto: infatti, lo abbiamo ripetutamente sottolineato nell’articolo di ieri e lo abbiamo riportato anche nei titoli interni e di prima pagina.Andiamo avanti: «La ricostruzione odiosa e falsa dei fatti compiuta da La Verità e ripresa da altri media nazionali contrasta totalmente con le risultanze investigative che dimostrano la totale infondatezza della denuncia e della versione della denunciante». Nota: trattandosi di una richiesta di archiviazione che sarà valutata nel prossimo dicembre dal gip, ci troviamo di fronte ad approdi investigativi provvisori e non definitivi, come pretenderebbero invece le due legali. Non siamo noi a dirlo, ma il codice di procedura penale. Tant’è che la parte offesa ha potuto opporsi alle valutazioni della Procura presentando una articolata memoria. Ancora i difensori: «Gli articoli sono stati scritti nel disprezzo delle regole deontologiche che impongono la verifica delle notizie. Per conseguenza gli articoli contengono informazioni volutamente false». Le due professioniste ignorano forse che chi scrive ha provato a contattare per un commento alle 20.34 di mercoledì 28 agosto il collega Trocchia; il quale ha visualizzato, con doppia spunta blu, il messaggio su WhatsApp ma ha ritenuto (legittimamente) di non rispondere. Quanto alle «informazioni volutamente false» è un giudizio ingeneroso che ribalteremo documenti alla mano.«Per queste ragioni», torniamo al comunicato dei legali, «tuteleremo la reputazione dei nostri assistiti in ogni opportuna sede giudiziaria sia nei confronti della stampa che della denunciante, nei confronti della quale si profila il reato di calunnia». Curioso: perché sventolare la calunnia solo adesso che la notizia è esplosa sui media, malgrado l’esposto della vittima risalga al 2 febbraio 2023, ovvero a 82 settimane fa?La droga dello stuproAppare opportuno specificare un aspetto: l’accusa di supposto stupro riguarda quanto accaduto nel taxi che ha portato Trocchia, la Giudice e la vittima verso casa dei primi due. E non, invece, quanto successo nel pub dove i tre avevano festeggiato il compleanno dell’inviata de La7. Una precisazione importante perché alcuni media hanno parlato di testimoni che avrebbero smentito il racconto della denunciante. Non esistono altri testimoni oculari all’infuori del tassista su cui torneremo, comunque, più avanti. Il locale di Trastevere è però rilevante perché è il luogo in cui, secondo l’esposto, la giovane sarebbe stata drogata. Qualcuno, che lei non ha identificato perché seduta di spalle, le ha allungato un bicchiere di whisky o di rum di cui la giovane ha bevuto un sorso andando, quasi subito, in confusione. Da quel momento, infatti, la parte offesa non ha più ricordi nitidi. La Procura (pm Barbara Trotta, aggiunto Michele Prestipino oggi alla Dna) ha ritenuto tuttavia di non rintracciare chi avesse offerto quel drink. Un lavoro, invece, che avrebbe potuto chiarire il «mistero» della droga dello stupro.È un fatto che il primo test delle urine della vittima, effettuato 18 ore dopo il party, sia risultato positivo alla presenza di Ghb (l’acido gamma-idrossibutirrico). Il successivo esame, da parte del consulente della Procura, ha dato invece esito negativo sollevando però, da parte della difesa della denunciante, rappresentata dall’avvocato Alessandro Gentiloni Silveri, dubbi su metodologia e conduzione del test. La difesa ha pertanto chiesto nuove analisi anche in considerazione di due ulteriori aspetti: la volatilità del Ghb che scompare dopo 3-10 ore dall’assunzione; e il rifiuto opposto dalla pm all’analisi del capello che avrebbe potuto fare luce su eventuali presenze tossiche.Il racconto del tassistaL’unico testimone di quel che è accaduto nel tragitto verso casa di Nello Trocchia e Sara Giudice è Patrizio F., non altri. Il suo racconto è agli atti del procedimento e offre molteplici spunti di riflessione. Ai poliziotti della Mobile di Roma rivela di aver ascoltato Trocchia parlare con la Giudice («l’uomo ha chiesto a quella che probabilmente era la moglie se poteva baciare la ragazza e la moglie ha acconsentito [...] il bacio non mi è sembrato forzato, ho pensato che fossero matti tutti e tre come tutti quelli che incontro di notte»). Una richiesta che appare insolita visto che dovrebbe essere il soggetto destinatario delle avances ad autorizzare o meno un atto intimo come un bacio, e non altri. Aggiunge ancora l’autista che la giovane, appena ritornata in auto dopo essersi rifiutata, in un istante di ritrovata lucidità, di passare la notte con i due colleghi, «tremava». Per tranquillizzarla, il tassista le dice che non le sarebbe «saltato addosso come quell’altro», ma che l’avrebbe «riaccompagnata a casa». Riconoscendo, dunque, un atteggiamento non certo «cavalleresco» da parte di Trocchia («saltato addosso») che l’autista gli attribuisce pure in una intercettazione telefonica con un amico, trascritta dai poliziotti: «[...] Una che mi è entrata in macchina... uno c’ha cominciato a prova’ con la moglie... ce provavano tutti e due co' questa, se la volevano portà a casa, io l’ho presa e l’ho riportata a casa». E, ancora, il tassista sottolinea di essersi «accorto che era un po’ scioccata solo quando lei è risalita», e che «tra tutti e tre, la ragazza [...] probabilmente era quella che nel parlare faceva più fatica, nel senso che «biascicava», tanto che, una volta arrivata a destinazione, la denunciante è così confusa che intende pagare due volte la corsa. Una condizione di malessere che, a suo dire, avrebbe fatto capolino subito dopo aver sorseggiato il drink misterioso.Schermate «fantasma»Leggendo le carte emergono alcune incongruenze tra le versioni dei due indagati e quelle di chi ha assistito alle fasi dell’approccio. Negli interrogatori, Trocchia e la Giudice sostengono di essere sempre rimasti lucidi, eppure la pm Trotta li sconfessa scrivendo che «i tre (i due e la denunciante, ndr) erano […] ubriachi», come dichiarono un loro amico, presente nel pub, e il tassista Patrizio F. Addirittura quest’ultimo aggiunge a verbale: «Non vedevo l’ora che scendessero dal taxi perché erano su di giri». Lo stesso Trocchia in un messaggio alla collega scrive di avere «ancora il rum in circolo». La Giudice alla polizia spiega di essere stata lei oggetto delle avances della collega e di averle impedito di salire nell’appartamento perché c’erano la figlioletta con la babysitter. Ricostruzione che la difesa contesta chiamando in causa sia l’intercettazione del tassista («se la volevano portà a casa») e due screenshot della conversazione tra la parte offesa e l’indagata, risalente a qualche ora prima della festa, che quest’ultima avrebbe dimenticato di consegnare agli investigatori. Due screenshot che dimostrerebbero, secondo la denunciante, che la casa di Trocchia e della Giudice era libera a quell’ora. Insomma, tutti hanno potuto (come giusto che sia) offrire la propria narrazione dei fatti. Tranne chi è al centro di tutto. Una delle più evidenti ambiguità dell’inchiesta, infatti, è la mancata audizione delle vittima da parte del pubblico ministero che, secondo le norme sul Codice rosso del 2019, avrebbe dovuto obbligatoriamente ascoltarla durante l’inchiesta. La Procura aveva deciso però di posticipare l’interrogatorio, per concentrarsi sulle attività di investigazione, ma poi è saltato del tutto.Domande finaliNell’articolo di ieri abbiamo sottolineato più volte che, in questa dolorosa vicenda, vale per tutti la presunzione d’innocenza (passaggio sfuggito forse a Grazia Volo e Virginia Ripa di Meana) e lo ribadiamo oggi. Allo stesso modo però appare iniquo il trattamento riservato alla presunta vittima in un’epoca in cui, dopo il terremoto Me too, esiste ed è unanime il sentimento di solidarietà nei confronti di chi vive episodi di violenza. È successo con chi ha denunciato Ciro Grillo e il figlio di Ignazio La Russa e accade a qualsiasi latitudine, ogni giorno. Solo in questo caso la credibilità di una donna è stata fatta a pezzi in maniera preventiva. Il Corriere della sera, ad esempio, ha erroneamente scritto che la denunciante era stata interrogata dal pm salvo poi fare marcia indietro, e correggere il tiro. E sempre il quotidiano milanese ha voluto specificare che, a causa delle carenze d’organico del Tribunale di Roma, la fissazione dell’udienza del gip è slittata a dicembre, ma doveva tenersi prima. Come se qualche mese in più o in meno togliesse il diritto alla parte lesa di opporsi alla richiesta di archiviazione. Toccherà ora al gip valutare gli elementi e decidere. Restano però le parole del pm: «Appare assodato che gli indagati abbiano baciato la P.O. (parte offesa, ndr) sul taxi e che il Trocchia l’abbia anche palpeggiata, posto che gli indagati lo ammettono in sede di interrogatorio […]» nonostante la giovane non fosse «in grado di determinarsi». Secondo il pubblico ministero, è quindi possibile che «gli indagati siano incorsi in errore in relazione al suo consenso alle condotte oggetto di denuncia». Insomma, i due avrebbero frainteso un consenso che dagli atti non appare mai esplicitato. Inoltre: se la vittima non era in «grado di determinarsi», che tipo di «consenso» ha potuto dare alla controparte? Se l’ha espresso, che valore poteva avere? Se non l’ha espresso, perché è finita bersaglio delle attenzioni dei due amici-colleghi? E infine: bastano due messaggi con l’emoticon di un bacino, come quelli depositati agli atti tra la ragazza e Trocchia che si informava sul suo stato di salute quella sera stessa e l’indomani, per demolire a priori una denuncia?
Sergio Mattarella e Giorgia Meloni (Ansa)