2025-06-07
I rivoltosi del cinema fanno retromarcia. E c’è la prima stretta sui sussidi a pioggia
Vertice «positivo» tra il ministro Alessandro Giuli e i protagonisti del settore dopo le polemiche. Cambia il tax credit: basta fatture «pazze».Finale a sorpresa nel film che ha, come protagonisti, il governo di centrodestra nella parte del cattivo mentre i buoni sono attori e registi italiani, capitanati dal capopolo Elio Germano.Ieri si è aperto il primo tavolo di confronto tra le parti al ministero della Cultura di Alessandro Giuli: al centro, il nodo del tax credit, il meccanismo di incentivazione che consente alle imprese di produzione di recuperare una percentuale significativa dei costi sostenuti sotto forma di credito d’imposta, utilizzabile per compensare debiti fiscali (in Italia può arrivare al 40% dei costi ammissibili). Uno strumento di finanziamento all’industria cinematografica introdotto nel 2016 dal dem Dario Franceschini e che, nel tempo, è diventato una specie di mangiatoia pubblica alla quale hanno mangiato, e mangiano ancora a dire il vero, i soliti noti dell’italica settima arte: divi e cineasti di sinistra che predicano male (vedi gli incassi flop) ma razzolano benissimo (i contributi). Lasciando le briciole a chi ne avrebbe davvero bisogno, ovvero produzioni indipendenti o i giovani. «L’incontro è stato molto costruttivo», ha dichiarato Simonetta Amenta di Agici (Associazione generale industrie cine-audiovisive indipendenti). «Speriamo seguano altri incontri, ma è importante si sia aperto un dialogo. Positivo che l’incontro sia durato oltre due ore e mezza», ha commentato l’attore Claudio Santamaria, che ha partecipato al vertice (erano presenti anche il sottosegretario con delega al cinema, Lucia Borgonzoni e il direttore generale Cinema e audiovisivo, Nicola Borrelli), insieme ad Andrea Occhipinti, Stefano Massenzi, Corrado Azzollini, Simonetta Amenta, Stefano Rulli, Vittoria Puccini e Dario Indelicato (Pierfrancesco Favino non è riuscito a collegarsi da remoto). L’occasione, oltre ad aprire un canale di dialogo tra tutte le parti coinvolte, ha permesso al titolare della Cultura di illustrare i contenuti del decreto interministeriale, pubblicato proprio ieri mattina, di riforma delle agevolazioni fiscali a favore dell’industria cinematografica. Un testo che modifica i criteri di riconoscimento e assegnazione del tax credit «correggendo alcune distorsioni e inserendo maggiore equità, efficienza ed efficacia nell’utilizzo delle risorse pubbliche», si legge in una nota.Il nuovo provvedimento introduce due obblighi per i beneficiari. Il primo riguarda le fatture, che dovranno essere d’ora in poi tracciabili: tutti i pagamenti superiori ai 1.000 euro dovranno riportare obbligatoriamente almeno l’indicazione del titolo dell’opera a cui si riferiscono. Prima era sufficiente l’attestazione del revisore dei conti della società produttrice per ricevere il denaro: una follia. In secondo luogo, il produttore beneficiario del tax credit dovrà reinvestire entro 5 anni dal riconoscimento una quota dei proventi dell’opera nello sviluppo, produzione o distribuzione, in Italia e all’estero, di una o più nuove «opere difficili», ossia documentari, cortometraggi, opere di giovani autori o di animazione non in grado di attrarre risorse finanziarie significative dal settore privato. Infine, in caso di dichiarazioni fasulle o di inadempienza dell’obbligo di reinvestimento in «opere difficili», il produttore colpevole sarà escluso per cinque anni dal sostegno del tax credit.A rendere necessario l’incontro erano state le polemiche delle scorse settimane, con attori e registi su tutte le furie per i presunti tagli al settore. Durante la cerimonia di consegna dei David di Donatello, Elio Germano aveva preso di mira Giuli e, a proposito dei presunti tagli alla cultura, parlava addirittura di un governo di centrodestra «che opera come un clan». Parole che avevano acceso gli animi ma che non trovavano riscontro nella realtà. Come ha documentato La Verità, con una lunga inchiesta pubblicata nelle scorse settimane, per anni lo Stato italiano ha lautamente finanziato produzioni cinematografiche tricolori di cui poi, al botteghino, restava solo il colore rosso, come quello rappresentato dai pochissimi biglietti venduti e dal conseguente guadagno irrisorio rispetto alle spese sostenute.Da qui la necessità di mettere mano al meccanismo del tax credit su cui è stato presentato alla Procura di Roma anche un esposto dell’avvocato Michele Lo Foco, specializzato in diritto d’autore e membro del Consiglio superiore della cinematografia e dell’audiovisivo presso il ministero della Cultura, che ha paventato il rischio, su cui sta indagando ora la Guardia di finanza, di costi «artificiosamente lievitati tramite costruzioni contabili e complicità raggiungendo cifre inimmaginabili, mai giustificate nel merito, costruite ad hoc per il tax credit». Un assalto alla diligenza pubblica che, calcola l’avvocato, ha provocato lo sperpero di miliardi di euro. «Il dialogo e il confronto», ha dichiarato Giuli al termine dell’incontro, «prevalgono sulla sterile contrapposizione e sui pregiudizi».
Francesca Albanese (Ansa)