2021-01-03
Le «storie ribelli» che distruggono le fiabe
L'autrice di fiabe Elena Favilli (Instagram)
Spopolano i libri per bambini e bambine all'insegna del politicamente corretto: dai migranti ai temi Lgbt, la propaganda domina. Ma così si perde il senso profondo dei racconti antichi, che spiegano a grandi e piccini come trovare la propria anima.Con le sue Storie della buonanotte per bambine ribelli, Elena Favilli ha creato un piccolo impero. Circa sei milioni di copie vendute a livello globale e una marea di prodotti collaterali, eventi… L'ultimo volume della serie, il terzo, è in vetta alle classifiche di vendita da 11 settimane ed è interamente dedicato alle donne migranti, con fin troppo evidente intento politico. Non c'è da stupirsi: dal 2016 la Favilli produce le sue opere all'interno di una «factory» in California, nel cuore pulsante dell'ideologia politicamente corretta che ispira il suo messaggio. Una «bambina ribelle», spiega nell'introduzione al nuovo libro, è «una persona che cerca di migliorare il mondo per sé e per chi le sta intorno, a qualunque costo». Sono, insomma, attiviste di marcata tendenza liberal. In questo quadro, ovviamente, la migrazione rappresenta un valore, un anelito di libertà. Anche se poi, leggendo le varie mini biografie di donne che compongono la raccolta, fa sorridere trovare annoverate fra le migranti donne come Arianna Huffington o Anna Wintour, che certo non hanno lasciato l'Africa a bordo di un barcone vestite di stracci. Ma che volete farci, l'importante è celebrare la migrazione, e poco importa se nel calderone finiscono i miliardari al fianco degli sradicati, i potenti al fianco delle vittime di sfruttamento.In fondo, l'obiettivo dei libri per bambine ribelli è l'indottrinamento. E, purtroppo, non si tratta di un fenomeno isolato. Sull'onda del successo della Favilli, le librerie sono state invase da volumi per bambine, bambini, ragazzi e ragazze tutti simili e politicamente orientati. I temi sono sempre gli stessi: celebrazione della migrazione e del multiculturalismo, diritti Lgbt, vaghe istanze femministe… Alla paccottiglia commerciale si aggiungono le opere «d'autore». La Nave di Teseo, ad esempio, ha da poco dato alle stampe E tutte vissero felici e contente, raccolta di fiabe interpretate da Emma Dante, dove pure non mancano gli spunti arcobaleno. Decisamente più affascinanti sono le «fiabe da tutto il mondo» collezionate dalla scrittrice britannica Angela Carter (1940-1992) e pubblicate da Donzelli col titolo Le mille e una donna. Qui l'elemento tradizionale sopravvive, nonostante il femminismo giochi un ruolo centrale. Il fatto è che queste storie con venature politiche finiscono per soppiantare le fiabe classiche. Ed è ormai qualche anno che, in nome della correttezza politica, si conducono campagne denigratorie contro capolavori popolari come la Sirenetta, Cenerentola o Biancaneve, accusati di veicolare un'immagine negativa della donna, presentata come sottomessa, inetta e inferiore. Tra l'altro, a finire sotto processo sono per lo più le versioni disneyane di queste storie, che spesso sono molto differenti e già edulcorate rispetto agli originali. Le storie tradizionali, si dice, veicolerebbero antichi stereotipi, soprattutto riguardo ai «ruoli di genere». Meglio allora sostituirle con qualcosa di più adatto al nostro tempo. Qui però sta il gravissimo errore. La funzione delle fiabe non è quella di insegnare alle bambine a «combattere per una buona causa», né quella di spiegare ai bambini come cambiare il mondo. Tutt'altro: le fiabe mostrano come cambiare sé stessi. Secondo Marie-Louise von Franz, allieva di Carl Gustav Jung, le fiabe permettono di scoprire «i modelli fondamentali della psiche». Esse descrivono sempre lo stesso «evento psichico», quello che Jung chiama «il Sé». Un altro straordinario studioso, lo statunitense Joseph Campbell, ha dimostrato che le fiabe di tutto il mondo si assomigliano, e in fondo presentano sempre il medesimo racconto. Mettono in scena la ricerca della vera essenza dell'essere umano. Il mondo magico delle fiabe, scriveva Campbell in un bellissimo saggio appena ripubblicato da Lindau (Il volo dell'anitra selvatica), «è sintomatico delle febbri che ardono profonde nella psiche, delle salde presenze, dei desideri, delle paure, degli ideali e delle potenzialità che hanno acceso il sistema nervoso, hanno pulsato nel sangue e hanno sconcertato i sensi fin dalle origini». Quale sia il sesso del protagonista, a questo riguardo, è del tutto irrilevante. Biancaneve o la Bella addormentata non sono fanciulle stupidine molestate da baci non consensuali. Sono eroine che si addormentano in un sonno di morte da cui rinascono modificate. Incontrano un maschio che rappresenta il loro «animus», cioè entrano in contatto con la loro parte più profonda. «L'armonioso incontro del principe e della principessa, il loro reciproco risveglio», scriveva Bruno Bettelheim, «è un simbolo di quello che la maturità implica: non soltanto un'armonia con sé stesso, ma anche con l'altro». Non possiamo tuttavia fermarci all'interpretazione psicologica dei racconti tradizionali. Essi hanno anche una potente componente metafisica, che nelle «storie ribelli» va completamente perduta. «Nella fiaba», spiega Mario Polia, grande studioso della tradizione, «c'è sempre un elemento di conoscenza. Un esempio macroscopico ci viene dalla cultura tedesca. Il grande corpus mitico che è giunto fino a noi è quello dell'Edda, che in antico norreno significa “nonna". Si sottolinea così potentemente il ruolo della donna di insegnante e educatrice. Quando i fratelli Grimm cominciarono a interrogare i tedeschi sulle fiabe», continua Polia, «si imbatterono in meravigliose riduzioni fiabesche degli antichi miti, di cui il popolo aveva conservato l'olio essenziale. Nell'Edda troviamo la storia iniziatica dell'eroe Sigurdr, che deve andare a svegliare una “bella addormentata", la Valkiria, su una montagna. Costei è protetta da una barriera di fuoco accesa da Odino. Sigurdr sconfigge il drago, scala la montagna, supera la barriera e ridesta la bella con il suo amore che è tutto spirituale. Dunque la Valkiria è la parte a cui l'eroe deve ricongiungersi, il femminile spirituale». Ecco che cosa fanno le vere fiabe: ci aiutano a trovare la nostra anima. Non ci inducono a una ribellione plastificata, anzi insegnano a rispettare l'ordine verticale, a trovare il nostro posto nel mondo. Tutto il resto è noiosa propaganda.
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