
Il Parlamento ungherese approva la legge «Stop Soros»: chi facilita l'ingresso degli irregolari verrà punito. Proteste delle Onlus e dell'Onu. Ora il premier punta a una stretta sui migranti anche nella Costituzione.Il primo ministro Viktor Orban ha proposto di ribattezzarla «Stop Soros». Ma la legge che l'Ungheria ha approvato ieri è molto più di uno stop: è una vera dichiarazione di guerra alle organizzazioni non governative, le cosiddette Ong, che in tutto il Mediterraneo lavorano per aiutare l'immigrazione clandestina, a cominciare proprio dalla Open society del finanziere George Soros, l'attivista ungherese (naturalizzato statunitense) che si dice amico dei migranti e dei diritti civili. La nuova norma, approvata grazie alla maggioranza assoluta che Fidesz, il partito di Orban, ha nell'Orszaghaz (il Parlamento magiaro), punisce come reato penale chiunque presti qualsiasi tipo di aiuto agli immigrati irregolari. Dopo il trionfo alle elezioni dello scorso 8 aprile, che con il 49% dei voti gli hanno regalato il terzo mandato presidenziale, il sovranista Orban lancia insomma quella che pare l'offensiva finale contro l'immigrazione. La legge punisce non soltanto chi dà ospitalità e lavoro ai clandestini, ma perfino chi offre loro informazioni utili per richiedere asilo, o l'offerta di cibo: è proibita perfino la stampa di volantini contenenti consigli legali destinati ai migranti non regolari. E sono previste pene che vanno da pochi giorni di detenzione fino a un anno di carcere.Una seconda legge, anch'essa promossa dalla maggioranza del Fidesz (che è membro della Ppe, la federazione dei Partiti popolari europei), stabilisce l'impegno a introdurre quanto prima nella Costituzione ungherese un emendamento che affermi «il divieto di favorire l'insediamento in Ungheria di qualsiasi popolazione aliena», cioè in sostanza di ogni minoranza o etnia, «che non sia conforme ai valori occidentali e cristiani». Questa modifica costituzionale, che nella sua introduzione viene esplicitamente definita come «un piano d'azione per difendere l'Ungheria», ha lo scopo di evitare che altri Paesi europei possano trasferirvi i loro richiedenti asilo. In aperta sfida alla politica comunitaria sull'immigrazione, da tempo l'Ungheria, esattamente come la Polonia, la Repubblica Ceca e la Slovacchia, si oppone al programma dell'Unione europea che prevede il ricollocamento di oltre 160.000 rifugiati provenienti dalla Siria e dall'Eritrea, e che al momento si trovano in Italia e in Grecia. Va ricordato che nell'autunno del 2015 oltre un milione d'immigrati cercò di entrare nell'Unione passando proprio attraverso l'Ungheria, e quello choc resta bene impresso nell'opinione pubblica e nell'elettorato. Anche per questo, oggi Orban tiene fede agli impegni elettorali che due mesi fa hanno sancito il suo trionfo, e stringe la morsa sugli immigrati clandestini, soprattutto quelli di fede islamica. Immediata è stata la reazione dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr): ieri l'agenzia dell'Onu ha chiesto a Orban di revocare le due leggi perché «toglieranno ogni diritto a chi fugge da guerre e rischio di morte, e al tempo stesso infiammeranno un dibattito politico già caratterizzato dai pesanti toni xenofobi». Ma non sembra che il premier o il Parlamento siano disposti a passi indietro. Ieri un portavoce del governo ha ribadito che «le leggi che stanno colpendo le Ong sono il simbolo della ferrea volontà di Budapest di proseguire sul cammino tracciato dalle elezioni».Non è la prima volta, del resto, che l'Ungheria vara norme duramente restrittive nei confronti dei sedicenti profughi, gli stessi che in Italia sono liberi di circolare (e troppo spesso di compiere reati). Nel marzo 2017, l'Orszaghaz aveva varato una legge che rende possibile la detenzione preventiva dei richiedenti asilo, almeno fino a quando non viene valutata e accolta la loro domanda. In base a quella norma, tutti gli immigrati possono presentarsi alle «zone di transito» lungo i confini, e devono attendere all'interno di «centri abilitati» l'esito della procedura. La prima (e finora unica) «zona di transito» creata dopo l'entrata in vigore della legge si trova alla frontiera con la Serbia, mentre il «centro abilitato d'attesa» è di fatto un container dove i sedicenti profughi devono attendere la risposta alla loro richiesta d'ingresso. La legge non dice entro quanti giorni la commissione di valutazione debba fornire la sua risposta. Se l'immigrato però rifiuta di aspettarla, deve immediatamente tornare da dove viene, cioè in Serbia. La norma, in base a quanto stabilisce un suo articolo, entra in vigore soltanto quando il Paese si trova in stato di allerta per «immigrazione di massa». E Budapest è in stato d'allarme dalla fine del 2015.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





