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2018-07-11
Spintoni e minacce ai marinai italiani. Il grazie dei migranti a chi li ha salvati
Ansa
La Vos Thalassa è una nave battente bandiera italiana, con equipaggio tutto italiano (composto da 12 marittimi) che fa servizio di rifornimento per una piattaforma petrolifera della compagnia francese Total. Già in passato ha recuperato migranti dalle acque del Mediterraneo. A quanto sembra, domenica sera si trovava in acque Sar libiche e si è imbattuta in un barchino alla deriva che trasportava 58 uomini, 3 donne e 6 minori, tutti migranti. L'equipaggio li ha fatti salire a bordo, ed è lì che è il pasticcio è iniziato. Come ha notato il ministero dell'Interno, la Vos Thalassa «ha anticipato l'intervento della Guardia costiera libica che era già stata allertata». Non a caso, il Viminale ha subito fatto sapere che non avrebbe consentito lo sbarco in un porto italiano: stesso trattamento riservato alle navi delle Ong.
Le cose, però, sono andate in maniera diversa. Dopo il salvataggio in mare, l'equipaggio della Vos Thalassa ha contattato l'Imrcc di Roma (il centro che coordina i salvataggi nel Mediterraneo), segnalando una situazione di grave pericolo dovuta agli «atteggiamenti minacciosi nei confronti dell'equipaggio da parte di alcuni migranti all'arrivo in zona della Guardia costiera libica».
Per questo motivo, ha spiegato la Guardia costiera italiana, «si è reso necessario far intervenire la nave Diciotti a tutela dell'incolumità dell'equipaggio del rimorchiatore battente bandiera italiana, che intanto dirigeva verso nord».
Vediamo di riepilogare: la Vos Thalassa, in acque libiche, intercetta un barchino carico di migranti. Li fa salire a bordo prima che arrivi la Guardia costiera libica, poi contatta le autorità italiane descrivendo una situazione pericolosa. A quel punto, è intervenuta la nave Diciotti della Guardia costiera italiana, che - sempre in acque libiche - ha fatto salire a bordo i migranti ed è ripartita in direzione dell'Italia. Con tutta probabilità, nonostante la contrarietà del Viminale, la Diciotti sbarcherà in Italia e i migranti saranno fatti scendere qui.
Ma che cosa è davvero accaduto a bordo della Vos Thalassa? Per quale motivo l'incolumità dell'equipaggio è stata messa a rischio? Secondo il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, «la nostra Guardia costiera è stata chiamata dal comandante della nave ed è intervenuta per difendere l'equipaggio dalle minacce di morte perpetrate da alcuni dei migranti. Il Vos Thalassa è una imbarcazione italiana e, come prevedono le norme in casi di pericolo per l'equipaggio, ha allertato Roma che è intervenuta con la nave Diciotti per difendere la vita del personale di bordo. Adesso i responsabili delle gravissime minacce ne risponderanno, senza sconti, di fronte alla giustizia».
Sulla Vos Thalassa sono saliti migranti provenienti da vari Paesi: 4 dall'Algeria, 1 dal Bangladesh, 1 dal Ciad, 2 dall'Egitto, 1 dal Ghana, 10 dalla Libia, 4 dal Marocco, 1 dal Nepal, 23 dal Pakistan, 7 dalla Palestina, 12 dal Sudan e 1 dallo Yemen. A scatenare il caos sarebbero stati il ghanese e uno dei sudanesi («facinorosi», li ha definiti Toninelli), che hanno cominciato a dare in escandescenze coinvolgendo poi gli altri.
In effetti, le email inviate dalla Vos Thalassa al Centro di coordinamento dei soccorsi di Roma suonano abbastanza allarmanti. Già domenica sera, i responsabili della nave scrivono che «i migranti a bordo hanno mostrato segni di rivolta». Lunedì arrivano ulteriori chiarimenti: «Alle 22.00», dicono dalla Vos Thalassa, «la nave è partita per il punto d'incontro con la motovedetta libica. Alle 23.00 circa qualcuno dei migranti in possesso di telefoni e Gps ha accertato che la nave dirigeva verso sud. È iniziato così uno stato di agitazione. I migranti in gran numero dirigevano verso il marinaio di guardia chiedendo spiegazioni in modo molto agitato e chiedendo di poter parlare con qualche ufficiale o comandante».
In sostanza, quando i migranti recuperati dalla Vos Thalassa si sono accorti che la nave si stava dirigendo verso una motovedetta libica che li avrebbe riportati al punto di partenza, si sono infuriati. Il primo ufficiale è corso in coperta, e i migranti lo avrebbero «accerchiato [...] chiedendo spiegazioni e manifestando un forte disappunto, spintonando lo stesso e minacciandolo. [...] Per tranquillizzare la situazione abbiamo dovuto affermare che verrà una motovedetta italiana». Le richieste degli stranieri erano chiare: «Ad un possibile intervento libico ci sarebbe stata una reazione non certo pacifica», scrivono dalla Vos Thalassa.
Nel pomeriggio di lunedì, le cose si complicano. «Vi informiamo che la situazione sta degenerando a bordo», comunicano dalla Vos Thalassa al Centro di coordinamento di Roma. «Le persone danno segni di agitazione, chiedendo insistentemente quando verranno recuperati. Da parte nostra richiediamo una tempestiva soluzione a questa situazione che potrebbe degenerare ancora». Poco dopo, un'altra mail: «Siamo seriamente preoccupati per l'incolumità del nostro equipaggio e della nostra nave battente bandiera italiana. [...] Pochi minuti fa è arrivata [...] una motovedetta libica incaricata di prendere i 66 migranti e riportarli probabilmente in Libia. È evidente che, non appena i migranti se ne renderanno conto, reagiranno in malo modo e faranno di tutto per evitare di essere trasbordati. [...] Non possiamo permetterci di mettere a repentaglio la vita del nostro equipaggio, che ha il diritto sacrosanto di tornare a casa dalle proprie famiglie».
Di fronte a informazioni del genere, non intervenire era difficile. Di sicuro, tutta questa situazione non può fare piacere a Matteo Salvini, anche perché crea un pericoloso precedente. «Sono stufo che del fatto che navi italiane vadano in acque libiche mancando anche di rispetto alle autorità libiche internazionalmente riconosciute», ha detto ieri il ministro dell'Interno, parecchio irritato. «Non vedo perché una nave italiana debba entrare in acque libiche quando ci sono imbarcazioni libiche pronte a intervenire. Andrò fino in fondo. Se qualcuno scenderà, scenderà per andare in galera». Ora resta da capire perché la Vos Thalassa abbia anticipato la Guardia costiera libica procedendo al recupero dei migranti, per altro esponendosi a un rischio. Se c'è sotto qualcosa, verrà a galla.
Riccardo Torrescura
Insulti al ministro nella baraccopoli
Strette di mano, domande, insulti e qualche selfie. Il ministro dell'Interno Matteo Salvini ieri mattina ha visitato la tendopoli di San Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro, dove ha incontrato una delegazione di migranti che prima lo ha contestato gridando «era meglio lasciarci morire in mare che vivere così» e poi gli ha esposto la situazione drammatica del campo. «Questa tendopoli è un'eredità pesante e dimostra che l'immigrazione fuori controllo porta solo il caos. Questa è la dimostrazione che i buonisti», ha detto il vicepremier, «che parlano dell'aprite i porti, dovrebbero venire a San Ferdinando. Quando non ci sono limiti, regole e numeri è un casino per tutti. Non ce la facciamo a garantire i diritti a tutto il mondo. Io posso farlo a un numero limitato di persone. Al mondo no. Chi ha diritti è giusto li chieda e che non ci siano sfruttamento, prostituzione e spaccio. Lavoreremo per dare diritti con una immigrazione controllata». Quindi ha sottolineato il suo obiettivo politico: «Arrivare alla fine del mandato senza vergogne di questo tipo».
Dopo aver chiesto che lavoro fanno, tutti per lo più impiegati nella raccolta delle arance e dei mandarini (ma non manca la droga e la prostituzione), il ministro leghista ha invitato i ragazzi a denunciare, se ci sono irregolarità, chi li sfrutta ribadendo che «la legge è legge» e soltanto chi ha i documenti, può chiedere casa e lavoro. «Nel mio Paese, nel 2018, non si sta nelle baracche. Chi ha diritto a rimanere in Italia ci deve stare con tutti i diritti e i doveri degli altri cittadini. Siccome ci sono 5 milioni di italiani in povertà vengono prima loro per casa e lavoro. Non ci sono vie privilegiate se stai in una baraccopoli di San Ferdinando». Con una certezza per il titolare del Viminale: chi scappa dalla guerra e ha diritto a vivere in Italia è il benvenuto. Chi invece non scappa dalla guerra ed è semplicemente un nuovo schiavo a disposizione della malavita organizzata non deve stare né a San Ferdinando né in Italia. Una baraccopoli dove vive un migliaio di migranti e dove «si schiatta e non so come si faccia a vivere» ha sottolineato uscendo il leader della Lega mentre un gruppo di giovani attivisti con indosso magliette rosse ha urlato «restiamo umani» e altri lo hanno insultato a suon di «Non venire qui», «Salvini vai via, lasciaci tranquilli», «Salvini figlio di p…».
Qualcuno ha invece condiviso il pensiero del ministro dicendo «Mi piace» e ha voluto farsi un selfie che Salvini non ha negato. Tutto regolarmente postato su Facebook ad uso e consumo dei «buonisti». Da sottolineare un curioso parallelo: ieri il procuratore capo di Torino, Armando Spataro, ha presentato le nuove direttive per combattere l'odio razziale, reati da trattare come una priorità, compresi i manifesti e slogan politici. Gli insulti a un ministro, però, sembrano ordinaria amministrzione.
Salvini dal canto suo ha già risposto: «Chiudere i porti è un dovere, se qualcuno la pensa diversamente si candidi alle elezioni».
Sarina Biraghi
Salvini si gioca tutto sulle frontiere. E incassa l’apertura del falco tedesco
La partita più difficile, Matteo Salvini la gioca «fuori casa», a Innsbruck, in Austria, dove oggi e domani è in programma la riunione informale dei ministri della Giustizia e degli Interni dell'Unione europea. Si parlerà di immigrazione, manco a dirlo, e l'agenda di Salvini è più fitta che mai. Oggi, alle 18 e 15, è in programma l'incontro bilaterale con il ministro dell'Interno tedesco Horst Seehofer; domani alle 7 e 30 il trilaterale con lo stesso Seehofer ed il ministro austriaco Herbert Kickl; dalle 9 alle 12 la sessione di lavoro di tutti i ministri dell'Unione; al termine, Salvini ha in programma un bilaterale con la consigliera federale Svizzera, Simonetta Sommaruga; alle 13 di domani l'ultimo appuntamento, l'incontro con il ministro dell'Interno francese Gérard Collomb (chiesto da quest'ultimo).
Salvini, che in mattinata avrà un briefing il premier Giuseppe Conte, come anticipato, farà bene a dotarsi di qualche buon amuleto anti-jella: in molti fanno il tifo per un fallimento del vertice, a partire dalla sinistra in maglietta rossa griffata e Rolex. Sono gli stessi che, al termine del Consiglio europeo dello scorso giugno, definirono «fallimentare» l'operato del premier Giuseppe Conte, salvo poi essere costretti ad ammettere che la linea dura italiana aveva prodotto effetti positivi al di là delle più rosee aspettative: da quel momento (anzi, da quando Salvini ha tenuto il punto sulla nave Aquarius) l'invasione degli immigrati è diventato non più un problema solo italiano, ma la più scottante questione europea.
Per Matteo Salvini la partita, a Innsbruck, si annuncia complicata. Il leader della Lega ha un rapporto molto saldo con il governo austriaco, guidato dal cancelliere di destra Sebastian Kurz, e affinità politiche rilevanti con il «falco» bavarese Seehofer. Eppure, proprio Austria e Germania potrebbero mettere in difficoltà Salvini, poiché al summit verrà sollevata la questione dei «movimenti secondari» degli immigrati, ovvero gli spostamenti degli stessi tra i diversi Paesi europei. Seehofer vuole che gli immigrati arrivati in Germania dopo essere stati registrati nel Paese di «primo approdo», che nella stragrande maggioranza dei casi è l'Italia, vengano rispediti indietro. In quest'ottica, le nazioni che si sono già impegnate con Berlino a riprendersi gli immigrati registrati sul proprio territorio sono Polonia, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Svezia. Seehofer e il collega austriaco Kickl chiederanno all'Italia e alla Grecia di fare altrettanto? Se lo faranno, riceveranno un secco «no grazie» dal nostro governo. «Germania e Austria», ha detto Salvini al Messaggero, «fanno il loro interesse, ovviamente. Ci incontreremo per trovare un punto di accordo. Di certo, nel dossier italiano non c'è l'ipotesi di far rientrare in Italia chi è andato all'estero. Questa è l'ultima cosa che può accadere»
«Il mio obiettivo», ha sottolineato ieri Salvini, «è che questa estate si abbiano meno sbarchi e quindi meno morti. Vedremo di raggiungere con i colleghi europei un accordo soddisfacente per tutti che preveda il controllo delle frontiere esterne. Se vogliamo aiutare la Libia a ricostruire la democrazia e i diritti dobbiamo farlo con i soldi e per questo», ha proseguito Salvini, «a Innsbruck chiederò ai colleghi europei soldi veri non soldi finti o chiacchiere. Questo riguarderà anche le missioni navali europee che dovranno essere di tutti e non solo dell'Italia. Di farmi prendere in giro a nome degli italiani non ho più voglia. Cominceremo una trattativa che probabilmente sarà lunga».
Ieri Seehofer ha presentato il masterplan sull'immigrazione, che prevede la realizzazione al confine tedesco di centri di transito per gli immigrati che da queste strutture «saranno respinti direttamente nei Paesi competenti». «Con l'Italia e la Grecia», ha commentato Seehofer, «ci saranno colloqui difficili, molto difficili, ma possono riuscire. Provo una certa simpatia per l'Italia, visto che è il paese, dentro l'Ue, che al momento assorbe il peso principale della crisi migratoria».
Dunque, è possibile che Seehofer e Salvini, quando oggi pomeriggio saranno faccia a faccia, troveranno un compromesso. Quello che è certo, è che la Germania dovrà prendere impegni molto seri sul fronte dei «movimenti primari», degli immigrati, ovvero gli sbarchi veri e propri, pilastro della strategia italiana sull'immigrazione. Rafforzare le frontiere esterne significa mettere in campo una operazione di controllo del Mediterraneo da «tolleranza zero», oltre che prevedere stanziamenti economici importanti per «aiutare» i paesi africani a stoppare gli immigrati prima che partano. La soluzione ideale, contenuta anche nella bozza di lavoro della presidenza austriaca, sarebbero i famosi «centri di rimpatrio nei Paesi terzi», da realizzare in nazioni come Albania, Kosovo, Marocco, Tunisia, Algeria. Il problema è che sono già fioccati i «no» dalla maggior parte dei governi degli stessi «Paesi terzi». Per convincerli ci vorrebbero ottimi argomenti, ovvero qualche miliardo di euro. Oggi, prima di partire per Innsbruck, Salvini metterà a punto la strategia con il premier Giuseppe Conte. Il governo italiano, come hanno fatto sapere fonti di governo, «parlerà con una voce sola».
Carlo Tarallo
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Riduci
La Vos Thalassa prende a bordo 66 persone nelle acque di Tripoli. Poi la rivolta per non essere consegnati ai libici. Interviene la nostra Guardia costiera: «Problemi di sicurezza». Danilo Toninelli: «Puniremo i facinorosi».Il vicepremier leghista in visita alla maxi tendopoli di San Ferdinando, in Calabria. E subito scatta la contestazione degli irregolari aizzati dalle «magliette rosse».Matteo Salvini si gioca tutto sulle frontiere. E incassa l'apertura del falco tedesco. Oggi vertice decisivo a Innsbruck. Horst Seehofer: «Simpatia per voi, reggete il peso dell'immigrazione». Ma la trattativa sarà dura.Lo speciale contiene tre articoli e le email inviate dalla Vos Thalassa. La Vos Thalassa è una nave battente bandiera italiana, con equipaggio tutto italiano (composto da 12 marittimi) che fa servizio di rifornimento per una piattaforma petrolifera della compagnia francese Total. Già in passato ha recuperato migranti dalle acque del Mediterraneo. A quanto sembra, domenica sera si trovava in acque Sar libiche e si è imbattuta in un barchino alla deriva che trasportava 58 uomini, 3 donne e 6 minori, tutti migranti. L'equipaggio li ha fatti salire a bordo, ed è lì che è il pasticcio è iniziato. Come ha notato il ministero dell'Interno, la Vos Thalassa «ha anticipato l'intervento della Guardia costiera libica che era già stata allertata». Non a caso, il Viminale ha subito fatto sapere che non avrebbe consentito lo sbarco in un porto italiano: stesso trattamento riservato alle navi delle Ong. Le cose, però, sono andate in maniera diversa. Dopo il salvataggio in mare, l'equipaggio della Vos Thalassa ha contattato l'Imrcc di Roma (il centro che coordina i salvataggi nel Mediterraneo), segnalando una situazione di grave pericolo dovuta agli «atteggiamenti minacciosi nei confronti dell'equipaggio da parte di alcuni migranti all'arrivo in zona della Guardia costiera libica». Per questo motivo, ha spiegato la Guardia costiera italiana, «si è reso necessario far intervenire la nave Diciotti a tutela dell'incolumità dell'equipaggio del rimorchiatore battente bandiera italiana, che intanto dirigeva verso nord».Vediamo di riepilogare: la Vos Thalassa, in acque libiche, intercetta un barchino carico di migranti. Li fa salire a bordo prima che arrivi la Guardia costiera libica, poi contatta le autorità italiane descrivendo una situazione pericolosa. A quel punto, è intervenuta la nave Diciotti della Guardia costiera italiana, che - sempre in acque libiche - ha fatto salire a bordo i migranti ed è ripartita in direzione dell'Italia. Con tutta probabilità, nonostante la contrarietà del Viminale, la Diciotti sbarcherà in Italia e i migranti saranno fatti scendere qui. Ma che cosa è davvero accaduto a bordo della Vos Thalassa? Per quale motivo l'incolumità dell'equipaggio è stata messa a rischio? Secondo il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, «la nostra Guardia costiera è stata chiamata dal comandante della nave ed è intervenuta per difendere l'equipaggio dalle minacce di morte perpetrate da alcuni dei migranti. Il Vos Thalassa è una imbarcazione italiana e, come prevedono le norme in casi di pericolo per l'equipaggio, ha allertato Roma che è intervenuta con la nave Diciotti per difendere la vita del personale di bordo. Adesso i responsabili delle gravissime minacce ne risponderanno, senza sconti, di fronte alla giustizia». Sulla Vos Thalassa sono saliti migranti provenienti da vari Paesi: 4 dall'Algeria, 1 dal Bangladesh, 1 dal Ciad, 2 dall'Egitto, 1 dal Ghana, 10 dalla Libia, 4 dal Marocco, 1 dal Nepal, 23 dal Pakistan, 7 dalla Palestina, 12 dal Sudan e 1 dallo Yemen. A scatenare il caos sarebbero stati il ghanese e uno dei sudanesi («facinorosi», li ha definiti Toninelli), che hanno cominciato a dare in escandescenze coinvolgendo poi gli altri. In effetti, le email inviate dalla Vos Thalassa al Centro di coordinamento dei soccorsi di Roma suonano abbastanza allarmanti. Già domenica sera, i responsabili della nave scrivono che «i migranti a bordo hanno mostrato segni di rivolta». Lunedì arrivano ulteriori chiarimenti: «Alle 22.00», dicono dalla Vos Thalassa, «la nave è partita per il punto d'incontro con la motovedetta libica. Alle 23.00 circa qualcuno dei migranti in possesso di telefoni e Gps ha accertato che la nave dirigeva verso sud. È iniziato così uno stato di agitazione. I migranti in gran numero dirigevano verso il marinaio di guardia chiedendo spiegazioni in modo molto agitato e chiedendo di poter parlare con qualche ufficiale o comandante». In sostanza, quando i migranti recuperati dalla Vos Thalassa si sono accorti che la nave si stava dirigendo verso una motovedetta libica che li avrebbe riportati al punto di partenza, si sono infuriati. Il primo ufficiale è corso in coperta, e i migranti lo avrebbero «accerchiato [...] chiedendo spiegazioni e manifestando un forte disappunto, spintonando lo stesso e minacciandolo. [...] Per tranquillizzare la situazione abbiamo dovuto affermare che verrà una motovedetta italiana». Le richieste degli stranieri erano chiare: «Ad un possibile intervento libico ci sarebbe stata una reazione non certo pacifica», scrivono dalla Vos Thalassa. Nel pomeriggio di lunedì, le cose si complicano. «Vi informiamo che la situazione sta degenerando a bordo», comunicano dalla Vos Thalassa al Centro di coordinamento di Roma. «Le persone danno segni di agitazione, chiedendo insistentemente quando verranno recuperati. Da parte nostra richiediamo una tempestiva soluzione a questa situazione che potrebbe degenerare ancora». Poco dopo, un'altra mail: «Siamo seriamente preoccupati per l'incolumità del nostro equipaggio e della nostra nave battente bandiera italiana. [...] Pochi minuti fa è arrivata [...] una motovedetta libica incaricata di prendere i 66 migranti e riportarli probabilmente in Libia. È evidente che, non appena i migranti se ne renderanno conto, reagiranno in malo modo e faranno di tutto per evitare di essere trasbordati. [...] Non possiamo permetterci di mettere a repentaglio la vita del nostro equipaggio, che ha il diritto sacrosanto di tornare a casa dalle proprie famiglie».Di fronte a informazioni del genere, non intervenire era difficile. Di sicuro, tutta questa situazione non può fare piacere a Matteo Salvini, anche perché crea un pericoloso precedente. «Sono stufo che del fatto che navi italiane vadano in acque libiche mancando anche di rispetto alle autorità libiche internazionalmente riconosciute», ha detto ieri il ministro dell'Interno, parecchio irritato. «Non vedo perché una nave italiana debba entrare in acque libiche quando ci sono imbarcazioni libiche pronte a intervenire. Andrò fino in fondo. Se qualcuno scenderà, scenderà per andare in galera». Ora resta da capire perché la Vos Thalassa abbia anticipato la Guardia costiera libica procedendo al recupero dei migranti, per altro esponendosi a un rischio. Se c'è sotto qualcosa, verrà a galla.Riccardo Torrescura Email Vos Thalassa from La Verità <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/spintoni-e-minacce-ai-marinai-italiani-il-grazie-dei-migranti-a-chi-li-ha-salvati-2585525423.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="insulti-al-ministro-nella-baraccopoli" data-post-id="2585525423" data-published-at="1766070236" data-use-pagination="False"> Insulti al ministro nella baraccopoli Strette di mano, domande, insulti e qualche selfie. 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Quindi ha sottolineato il suo obiettivo politico: «Arrivare alla fine del mandato senza vergogne di questo tipo». Dopo aver chiesto che lavoro fanno, tutti per lo più impiegati nella raccolta delle arance e dei mandarini (ma non manca la droga e la prostituzione), il ministro leghista ha invitato i ragazzi a denunciare, se ci sono irregolarità, chi li sfrutta ribadendo che «la legge è legge» e soltanto chi ha i documenti, può chiedere casa e lavoro. «Nel mio Paese, nel 2018, non si sta nelle baracche. Chi ha diritto a rimanere in Italia ci deve stare con tutti i diritti e i doveri degli altri cittadini. Siccome ci sono 5 milioni di italiani in povertà vengono prima loro per casa e lavoro. Non ci sono vie privilegiate se stai in una baraccopoli di San Ferdinando». Con una certezza per il titolare del Viminale: chi scappa dalla guerra e ha diritto a vivere in Italia è il benvenuto. Chi invece non scappa dalla guerra ed è semplicemente un nuovo schiavo a disposizione della malavita organizzata non deve stare né a San Ferdinando né in Italia. Una baraccopoli dove vive un migliaio di migranti e dove «si schiatta e non so come si faccia a vivere» ha sottolineato uscendo il leader della Lega mentre un gruppo di giovani attivisti con indosso magliette rosse ha urlato «restiamo umani» e altri lo hanno insultato a suon di «Non venire qui», «Salvini vai via, lasciaci tranquilli», «Salvini figlio di p…». Qualcuno ha invece condiviso il pensiero del ministro dicendo «Mi piace» e ha voluto farsi un selfie che Salvini non ha negato. Tutto regolarmente postato su Facebook ad uso e consumo dei «buonisti». Da sottolineare un curioso parallelo: ieri il procuratore capo di Torino, Armando Spataro, ha presentato le nuove direttive per combattere l'odio razziale, reati da trattare come una priorità, compresi i manifesti e slogan politici. Gli insulti a un ministro, però, sembrano ordinaria amministrzione. Salvini dal canto suo ha già risposto: «Chiudere i porti è un dovere, se qualcuno la pensa diversamente si candidi alle elezioni». Sarina Biraghi <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/spintoni-e-minacce-ai-marinai-italiani-il-grazie-dei-migranti-a-chi-li-ha-salvati-2585525423.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="salvini-si-gioca-tutto-sulle-frontiere-e-incassa-lapertura-del-falco-tedesco" data-post-id="2585525423" data-published-at="1766070236" data-use-pagination="False"> Salvini si gioca tutto sulle frontiere. E incassa l’apertura del falco tedesco La partita più difficile, Matteo Salvini la gioca «fuori casa», a Innsbruck, in Austria, dove oggi e domani è in programma la riunione informale dei ministri della Giustizia e degli Interni dell'Unione europea. Si parlerà di immigrazione, manco a dirlo, e l'agenda di Salvini è più fitta che mai. Oggi, alle 18 e 15, è in programma l'incontro bilaterale con il ministro dell'Interno tedesco Horst Seehofer; domani alle 7 e 30 il trilaterale con lo stesso Seehofer ed il ministro austriaco Herbert Kickl; dalle 9 alle 12 la sessione di lavoro di tutti i ministri dell'Unione; al termine, Salvini ha in programma un bilaterale con la consigliera federale Svizzera, Simonetta Sommaruga; alle 13 di domani l'ultimo appuntamento, l'incontro con il ministro dell'Interno francese Gérard Collomb (chiesto da quest'ultimo). Salvini, che in mattinata avrà un briefing il premier Giuseppe Conte, come anticipato, farà bene a dotarsi di qualche buon amuleto anti-jella: in molti fanno il tifo per un fallimento del vertice, a partire dalla sinistra in maglietta rossa griffata e Rolex. Sono gli stessi che, al termine del Consiglio europeo dello scorso giugno, definirono «fallimentare» l'operato del premier Giuseppe Conte, salvo poi essere costretti ad ammettere che la linea dura italiana aveva prodotto effetti positivi al di là delle più rosee aspettative: da quel momento (anzi, da quando Salvini ha tenuto il punto sulla nave Aquarius) l'invasione degli immigrati è diventato non più un problema solo italiano, ma la più scottante questione europea. Per Matteo Salvini la partita, a Innsbruck, si annuncia complicata. Il leader della Lega ha un rapporto molto saldo con il governo austriaco, guidato dal cancelliere di destra Sebastian Kurz, e affinità politiche rilevanti con il «falco» bavarese Seehofer. Eppure, proprio Austria e Germania potrebbero mettere in difficoltà Salvini, poiché al summit verrà sollevata la questione dei «movimenti secondari» degli immigrati, ovvero gli spostamenti degli stessi tra i diversi Paesi europei. Seehofer vuole che gli immigrati arrivati in Germania dopo essere stati registrati nel Paese di «primo approdo», che nella stragrande maggioranza dei casi è l'Italia, vengano rispediti indietro. In quest'ottica, le nazioni che si sono già impegnate con Berlino a riprendersi gli immigrati registrati sul proprio territorio sono Polonia, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Svezia. Seehofer e il collega austriaco Kickl chiederanno all'Italia e alla Grecia di fare altrettanto? Se lo faranno, riceveranno un secco «no grazie» dal nostro governo. «Germania e Austria», ha detto Salvini al Messaggero, «fanno il loro interesse, ovviamente. Ci incontreremo per trovare un punto di accordo. Di certo, nel dossier italiano non c'è l'ipotesi di far rientrare in Italia chi è andato all'estero. Questa è l'ultima cosa che può accadere» «Il mio obiettivo», ha sottolineato ieri Salvini, «è che questa estate si abbiano meno sbarchi e quindi meno morti. Vedremo di raggiungere con i colleghi europei un accordo soddisfacente per tutti che preveda il controllo delle frontiere esterne. Se vogliamo aiutare la Libia a ricostruire la democrazia e i diritti dobbiamo farlo con i soldi e per questo», ha proseguito Salvini, «a Innsbruck chiederò ai colleghi europei soldi veri non soldi finti o chiacchiere. Questo riguarderà anche le missioni navali europee che dovranno essere di tutti e non solo dell'Italia. Di farmi prendere in giro a nome degli italiani non ho più voglia. Cominceremo una trattativa che probabilmente sarà lunga». Ieri Seehofer ha presentato il masterplan sull'immigrazione, che prevede la realizzazione al confine tedesco di centri di transito per gli immigrati che da queste strutture «saranno respinti direttamente nei Paesi competenti». «Con l'Italia e la Grecia», ha commentato Seehofer, «ci saranno colloqui difficili, molto difficili, ma possono riuscire. Provo una certa simpatia per l'Italia, visto che è il paese, dentro l'Ue, che al momento assorbe il peso principale della crisi migratoria». Dunque, è possibile che Seehofer e Salvini, quando oggi pomeriggio saranno faccia a faccia, troveranno un compromesso. Quello che è certo, è che la Germania dovrà prendere impegni molto seri sul fronte dei «movimenti primari», degli immigrati, ovvero gli sbarchi veri e propri, pilastro della strategia italiana sull'immigrazione. Rafforzare le frontiere esterne significa mettere in campo una operazione di controllo del Mediterraneo da «tolleranza zero», oltre che prevedere stanziamenti economici importanti per «aiutare» i paesi africani a stoppare gli immigrati prima che partano. La soluzione ideale, contenuta anche nella bozza di lavoro della presidenza austriaca, sarebbero i famosi «centri di rimpatrio nei Paesi terzi», da realizzare in nazioni come Albania, Kosovo, Marocco, Tunisia, Algeria. Il problema è che sono già fioccati i «no» dalla maggior parte dei governi degli stessi «Paesi terzi». Per convincerli ci vorrebbero ottimi argomenti, ovvero qualche miliardo di euro. Oggi, prima di partire per Innsbruck, Salvini metterà a punto la strategia con il premier Giuseppe Conte. Il governo italiano, come hanno fatto sapere fonti di governo, «parlerà con una voce sola». Carlo Tarallo
Negli anni Venti la radioattività diventò una moda. Sulla scia delle scoperte di Röntgen e dei coniugi Pierre e Marie Curie alla fine dell’Ottocento, l’utilizzo di elementi come il radio e il torio superò i confini della fisica e della radiodiagnostica per approdare nel mondo del commercio. Le sostanze radioattive furono esaltate per le presunte (e molto pubblicizzate) proprietà benefiche. I produttori di beni di consumo di tutto il mondo cavalcarono l’onda, utilizzandole liberamente per la realizzazione di cosmetici, integratori, oggetti di arredo e abbigliamento. La spinta verso la diffusione di prodotti a base di elementi radioattivi fu suggerita dalla scienza, ancora inconsapevole delle gravi conseguenze sulla salute riguardo al contatto di quelle sostanze sull’organismo umano. Iniziata soprattutto negli Stati Uniti, la moda investì presto anche l’Europa. Il caso più famoso è quello di un integratore venduto liberamente, il Radithor. Brevettato nel 1925 da William Bailey, consisteva in una bevanda integratore in boccetta la cui formula prevedeva acqua distillata con aggiunta di un microcurie di radio 226 e di radio 228. A seguito di un grande battage pubblicitario, la bevanda curativa ebbe larga diffusione. Per 5 anni fu disponibile sul mercato, fino allo scandalo nato dalla morte per avvelenamento da radio del famoso golfista Eben Byers, che in seguito ad un infortunio assunse tre boccette al giorno di Radithor che inizialmente sembravano rinvigorirlo. Grande scalpore fece poi il caso delle «Radium girls», le operaie del New Jersey che dipingevano a mano i quadranti di orologi e strumenti con vernice radioluminescente. Istruite ad inumidire i pennelli con la bocca, subirono grave avvelenamento da radio che generò tumori ossei incurabili. Prima di soccombere alla malattia le donne furono protagoniste di una class action molto seguita dai media, che aprì gli occhi all'opinione pubblica sui danni della radioattività sul corpo umano. A partire dalla metà degli anni ’30 la Fda vietò definitivamente la commercializzazione delle bevande radioattive. Nel frattempo però, la mania della radioattività benefica si era diffusa ovunque. Radio e torio erano presenti in creme di bellezza, dentifrici, dolciumi. Addirittura nell’abbigliamento, come pubblicizzava un marchio francese, che presentò in catalogo sottovesti invernali con tessuti radioattivati. Anche l’Italia mise in commercio prodotti con elementi radioattivi. La ditta torinese di saponi e creme Fratelli De Bernardi presentò nel 1923 la saponetta «Radia», arricchita con particelle di radio. Nello stesso periodo fu messa in commercio la «Fiala Pagliani», simile al Radithor, brevettata dal medico torinese Luigi Pagliani. Arricchita con Radon-222, la fiala detta «radioemanogena» era usata come una vera e propria panacea.
Fu la guerra, più che altri fattori, a generare il declino definitivo dei prodotti radioattivati. Le bombe atomiche del 1945 con le loro drammatiche conseguenze a lungo termine e la continua minaccia di guerra nucleare dei decenni seguenti, fecero comprendere ai consumatori la pericolosità delle radiazioni non controllate, escludendo quelle per scopi clinici. A partire dagli anni Sessanta sparirono praticamente tutti i prodotti a base di elementi radioattivi, vietati nello stesso periodo dalle leggi. Non si è a conoscenza del numero esatto di vittime dovuto all’uso di alimenti o oggetti, in quanto durante gli anni della loro massima diffusione non furono da subito identificati quali causa dei decessi.
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Addobbi natalizi a Senigallia (Marche) di notte (iStock)
ll profumo del frustingo e del vino cotto si mescola all’aria fredda, le luminarie illuminano i vicoli acciottolati già bui alle cinque del pomeriggio, gli addobbi e gli alberi di Natale decorano piazze e vetrine nei centri storici, mentre il rintocco delle campane e le musiche stile Jingle Bells fanno da colonna sonora a mercatini e presepi.
Dalle calme acque dell’Adriatico fino alle vette silenziose dell’Appennino, le Marche si trasformano nel periodo dell’Avvento. Diventano un teatro a cielo aperto sospeso tra memoria e meraviglia. In scena storie e tradizioni, colori e sapori di città e paesi che, vestiti a festa e allestiti a regola d’arte, sembrano volere raccontare la propria versione della magia natalizia, invitando a scoprirla, chiamando a viverla.
In una gara di soli vincenti, in uno spettacolo di soli protagonisti, piccole e grandi province marchigiane regalano tutte qualcosa di speciale. A partire da «Il Natale che non ti aspetti». Un evento diffuso che coinvolge fino al 6 gennaio una ventina di borghi tra Pesaro e Urbino. Da tranquilli centri diventano mondi incantati. Si animano e scendono in strada con mercatini artigianali, performance itineranti, giochi e giostre per far sognare adulti e bambini. Lo stesso succede con il «Grande Natale di Corinaldo», che accende di vita e di festa il piccolo borgo, tra i più belli d’Italia: spettacoli, mercatini, eventi, che toccano l’apice con la Festa conclusiva della Befana, il 6 gennaio. Altrettanto coinvolgente e forse ancor più suggestiva, «Candele a Candelara» (www.candelara.it; nell’immagine in alto a destra, scorci del borgo durante l’evento. Foto: Archivio fotografico Regione Marche - Associazione Turistica Pro Loco di Candelara APS).
Arrivata alla 22esima edizione, la festa delle fiammelle di cera va in scena nel borgo medievale vicino a Pesaro fino al 14 dicembre, con un calendario di eventi, visite guidate, attrazioni e divertimenti, oltre all’immancabile rito nel cuore del borgo. Qui ogni sera si spengono le luci artificiali per lasciare posto a migliaia di fiammelle tremolanti accese. Per qualche minuto tutto sembra sospeso: il tempo rallenta, il silenzio avvolge le vie, l’atmosfera si carica di poesia e la grande bellezza delle piccole cose semplici affiora e travolge.
Spostandosi ad Ancona con il naso all’insù, ecco che il periodo di Natale ha il passo della modernità che danza con la tradizione o, meglio, vola: una ruota panoramica alta trenta metri domina il centro, regalando una vista unica sul porto e sulla città illuminata. Da lassù si vedono i mercatini tra piazza Cavour e corso Garibaldi rimpicciolirsi e i fiumi di persone che girano per il centro diventare sinuose serpentine.
A Macerata e dintorni, invece, il Natale porta allegria, sulla scia della pista di pattinaggio su ghiaccio in piazza Cesare Battisti, dei villaggi di Babbo Natale che accolgono con renne ed elfi, e dei tanti mercatini che tentano il palato con dolci e salati, caldarroste e vin brulè, e attirano con prodotti perfetti da regalare a Natale. Mentre Fermo e Porto San Giorgio invitano a immergersi in compagnia in villaggi natalizi pieni di luci e mercatini, riscoprendo il valore dello stare insieme al di là dei display. Stessa cosa succede nella provincia di Ascoli Piceno, ma in una formula ancora più intensa, complice «Piceno Incantato», cartellone che raccoglie attorno a piazza Arringo concerti, gospel, villaggi natalizi, presepi artigianali e viventi. A proposito di presepi, da non perdere il Presepe di San Marco a Fano. Costruito nelle cantine settecentesche di Palazzo Fabbri, copre una superficie di ben 350 metri quadrati. Ed è composto da una cinquantina di diorami (scene), che riproducono episodi del Vecchio e Nuovo Testamento, con più di 500 statue a movimenti meccanizzati creati ad hoc da maestri artigiani. Una rarità, ma soprattutto un’opera d’arte. Info: www.letsmarche.it
La tradizione è servita in tavola
Non solo olive ascolane. Nelle Marche, terra fertile e generosa, sono tante, tantissime le ricette e le specialità che imbandiscono la tavola, dando forse il meglio d’inverno. Ingredienti di stagione, sapori intensi, piatti robusti e vini corposi sposano a regola d’arte le temperature che si fanno via via più fredde, stuzzicando il palato e riscaldando l’atmosfera. Al bando diete e via libera a calorie e piatti di sostanza. Ecco che le cucine tornano a profumare di tradizione e la convivialità marchigiana diventa, più che un invito al ristorante, un rito semplice, lento e gustoso, servito in indirizzi intimi, curati, con prezzi e porzioni che a Milano e Roma si sognano, e incorniciato da colline morbide e pendii che guardano il mare.
Nel menù ingredienti semplici, genuini, figli di una terra che non ha mai tradito il legame con la stagionalità. Il brodetto, con le sue note calde e avvolgenti, diventa un abbraccio capace di scaldare e colorare le giornate più grigie. Le paste tirate a mano tornano protagoniste, con i vincisgrassi che la fanno da padrone. Imponente e generosa, questa pasta all’uovo, cotta al forno, stratificata con ragù ricco di carni miste e una vellutata besciamella, è un inno calorico alle tradizioni contadine e all’amore profondo per la cucina casalinga.
I cappelletti in brodo di cappone, piccoli scrigni di pasta fatta a mano con ripieno, immersi in un brodo fumante, riportano all’infanzia, ai pranzi delle feste, a un’idea di famiglia che non si lascia scalfire dal tempo. Nei camini e forni accesi, l’arrosto di maiale diffonde un profumo che vola nell’aria, mentre le erbe spontanee, raccolte nei campi addormentati dall’inverno, insaporiscono minestre e ripieni con un carattere rustico e sincero.
I formaggi stagionati, dalle tome ai pecorini più strutturati, raccontano il lavoro meticoloso dei casari, custodi di saperi antichi. E poi ci sono i legumi, piccoli tesori che diventano zuppe dense e nutrienti: ceci, cicerchie, fagioli che profumano di terra buona e di gesti lenti. E poi c’è la gioia della gola per eccellenza: il fritto misto all’ascolana. Che nel piatto presenta pezzi di carne e verdure avvolti in una pastella leggera e dorata che scrocchia a ogni morso, raccontando un’arte culinaria che sa essere golosa e raffinata al tempo stesso. Da accompagnare, senza esitazione, con un calice di Rosso Piceno o di Rosso Conero, che con i loro profumi avvolgenti e il tannino morbido sposano perfettamente le note decise di questo piatto. In alternativa la Lacrima di Morro d’Alba, vino locale, raro e aromatico, regala un tocco di originalità.
Non manca poi il carrello dei dessert. Sfilano veri tesori dolciari. Sul podio, in ordine sparso, il miele, prodotto con cura da apicoltori del territorio, il mitico frustingo, dolce natalizio a base di frutta secca e spezie, e i cavallucci, biscotti speziati che raccontano storie antiche e profumano le feste (e non solo). Da abbinare rigorosamente a un’altra specialità marchigiana: il vino cotto. Ottenuto dalla lenta riduzione del mosto d’uva, nel calice è una liquida e dolce coccola.
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