
Viene da domandarsi da chi siano davvero danneggiati i bambini del bosco. Dalla famiglia, da papà Nathan e mamma Catherine che li facevano vivere in una antica casa di campagna con bagno esterno? Oppure dalle solerti istituzioni che da qualche tempo li stanno trattenendo in una casa famiglia per il loro «migliore interesse»? La domanda a questo punto è più che lecita. I piccoli Trevallion stanno in una struttura protetta da circa un mese. Sono stati portati via da casa il 20 novembre, con un robusto dispiegamento di forze e solo grazie all’intervento dell’allora avvocato della famiglia, Giovanni Angelucci, si ottenne che la madre potesse seguirli. Da allora vivono sotto osservazione, vedono il padre molto poco e in orari prestabiliti, incontrano la mamma in occasione dei pasti. Il tribunale dei minori dell’Aquila continua a rinviare la decisione sulla loro sorte: potranno tornare a casa per Natale?
Viene spontaneo interrogarsi su questi tempi dilatati. Se la situazione dei Trevallion era così grave da condurre all’allontanamento dei bambini, possibile che ci voglia così tanto a stabilire se debbano o no ritornare con i genitori? Il buon senso ma soprattutto la legge dicono che i minori vanno allontanati dalla famiglia solamente in caso di grave emergenza, di rischi evidenti per la salute fisica o psichica dei piccoli. Ebbene, a quanto pare i rischi non sono poi così evidenti se serve un mese per giudicare. In compenso, sappiamo per certo che l’allontanamento da casa e genitori provoca traumi.
Non è tutto. Inizialmente, ai Trevallion fu rimproverato di aver esposto i bambini sul palcoscenico mediatico a causa di una intervista concessa alle Iene. Ebbene, martedì il Garante per l’infanzia e l’adolescenza dell’Abruzzo ha diffuso dichiarazioni piuttosto dure, spiegando che è stata «violata la privacy di questi bambini. Sono state pubblicate informazioni riservate, sulla scolarizzazione, sulle vaccinazioni o sullo stile di vita che dovevano transitare in un fascicolo non sui media. La riservatezza viene prima del diritto di cronaca».
Il fatto è che qualcuno queste informazioni le ha diffuse, sappiamo che cosa hanno scritto e detto gli assistenti sociali e la tutor della famiglia.
Lo dice anche Danila Solinas, una dei due nuovi avvocati dei Trevallion, che avevano cominciato il mandato scegliendo silenzio totale e collaborazione con i giudici, ma ora forse un po’ hanno cambiato idea, visto che i risultati si fanno desiderare. «Non parlo né di delusione né di aspettative disattese per il mancato ricongiungimento immediato», dice Solinas. «Non mi aspetto che il tribunale elargisca favori, ma che applichi la legge. Semmai mi chiedo come si concili il rigoroso rispetto della riservatezza dei minori con la diffusione di elementi sensibili che li riguardano». Già, come si concilia questa esposizione con il bene superiore dei bambini?
Per altro, quel che leggiamo delle valutazioni delle autorità non è incoraggiante. L’assistente sociale Veruska D’Angelo, per esempio, esprime valutazioni che sollevano qualche dubbio. «Si ribadisce», scrive, «che anche l’individuazione delle problematiche riguardanti la situazione abitativa, socioeconomica, igienico sanitaria, socioculturale ed educativo relazionale è stata condivisa e sottoscritta dai genitori e dall’avvocato, riconoscendo e condividendo dunque tali aspetti».
Secondo l’assistente sociale, il «disagio maggiore» dei piccoli Trevallion nel vivere con altri bambini «si può osservare quando si attivano fra loro confronti sia per le proprie esperienze personali che per le proprie competenze, in quanto si evidenziano deprivazioni di attività condivisibili con il gruppo dei pari, per esempio da un semplice gioco ad attività più specifiche come i compiti scolastici e le conoscenze generali».
Insomma, non conoscono i giochi che fanno gli altri. Davvero terribile. Leggiamo ancora: «Il loro sonno è stato turbato dalla presenza, all’interno della stanza, di oggetti di uso comune quali l’interruttore della luce e il pulsante di scarico dello sciacquone del bagno». E poi «L’igiene personale dei minori è apparsa subito scarsa e insufficiente. Gli operatori sono riusciti a fare la doccia ai bambini soltanto nella serata del secondo giorno di collocamento ma solo con acqua, non volendo usare i saponi messi a disposizione... Uno dei fratelli ha dimostrato timore nei confronti del soffione della doccia. Rispetto al cambio degli indumenti i bambini hanno spiegato che indossano gli stessi vestiti per un’intera settimana e in genere il sabato li cambiano».
Capito? Si sono cambiati i vestiti una volta la settimana e uno di loro aveva timore del soffione della doccia perché era abituato a lavarsi in altro modo. Sembra quasi uno scherzo: si devono allontanare i bambini da casa perché si cambiano solo una volta alla settimana? Meritano di essere separati da madre e padre perché non hanno la doccia ma si lavano in altra maniera? Bisognerebbe dirlo a tutti gli illustri ecologisti che negli anni passati hanno spiegato in tv e sui giornali che non si deve sprecare acqua.
In ogni caso, l’assistente sociale ci tiene a spiegare che i piccoli «reagiscono con gioia e gratitudine alle varie attenzioni che ricevono, dai vestiti puliti e profumati che annusano continuamente oltre ad annusare le persone che li circondano, alle varie attività ludiche proposte, esprimendo spesso di voler restare “al caldo”».
Si tratta degli stessi bambini che alle autorità hanno dichiarato di trovarsi benissimo a casa. Utopia Rose, la più grande, ha fornito un racconto idilliaco: «Ci piace giocare insieme, all’aperto. Costruiamo una casetta e ci occupiamo dell’orto. Amiamo lavorare la lana con i ferri, lo facciamo tutti e tre. Siamo vegani e mangiamo quasi tutte cose prodotte da noi. Io cucino a colazione i pancake per tutti. Ci piacciono molto le cose che mangiamo e ci piace prepararle insieme, come i panini con le uova delle nostre galline. I parenti che vivono in Australia li vediamo in videochiamata con il tablet».
Non risulta che, da maggio a novembre scorso, gli assistenti sociali abbiano visitato con frequenza la casa della famiglia. Non risulta nemmeno che ci siano state altre audizioni dei bambini. Sembra che tutto si basi soltanto sulla valutazione di alcuni esperti i quali appaiono molto interessati a normalizzare i Trevallion, a rimarcare quanto piacciano le comodità ai bambini, a sottolineare tutte le stranezze mostrate da questi. A che cosa è servito allontanarli? A osservarli per un mese come bestioline allo zoo e a esporli alle feroci valutazioni del pubblico? Forse è il caso di domandarselo.












