2020-09-08
Speranza incolpa il Cts per i segreti di Conte
Il ministro della Salute alla festa del Fatto: «La riservatezza sul piano anti Covid fu chiesta dal Comitato tecnico». Che però è privo di poteri decisionali. A febbraio uno studio della Fondazione Kessler metteva in guardia sull'emergenza, ma è stato ignoratoMa che fine ha fatto il fantomatico piano anti Covid? È uno dei punti rimasti assolutamente opachi dopo la pubblicazione dei 95 verbali del Comitato tecnico scientifico. In quella massa di documenti, come La Verità ha svelato subito dopo l'uscita dei verbali, si evoca (per l'esattezza nel verbale numero 15 del 2 marzo) un «piano di organizzazione dell'Italia in caso di epidemia» che il Comitato ha adottato «nella versione finale», stabilendo però di mantenerne «riservato» il contenuto.Su tutto questo, alla festa del Fatto, il ministro Roberto Speranza, oltre ad attaccare in modo scomposto Matteo Salvini, come se il leader dell'opposizione non avesse diritto di porre domande, ha fatto ricorso a due giustificazioni che hanno il sapore dell'autogol. La prima: sarebbe stato il Cts a raccomandare la riservatezza. Peccato che il Cts sia per definizione un organo consultivo, e quindi possa al massimo suggerire qualcosa, mentre tocca al governo decidere. Quindi il ministro della Salute non può pensare di cavarsela calciando la palla in tribuna, o scaricando la responsabilità sul solito sinedrio di professori. La seconda: Speranza sostiene di aver ricevuto una copia del documento da un delegato lombardo presente ai lavori del Cts in rappresentanza della sua Regione. Peccato che si tratti di una circostanza irrilevante: il punto non è chi e quando abbia informato Speranza, ma chi e quando non abbia informato tutti gli italiani, e soprattutto perché ciò sia accaduto. O vogliamo affermare che toccasse a uno sconosciuto delegato lombardo farsi carico di informare (non si sa come) l'intera opinione pubblica nazionale? Appare sospetto e poco convincente anche l'understatement con cui il Comitato (pure qui sorge per lo meno il dubbio che la scelta sia stata tutta politica) ha liquidato in appena due righe (per l'esattezza si tratta del verbale numero 3 del 12 febbraio) la presentazione di un cupo scenario sulla pandemia predisposto da Stefano Merler della Fondazione Kessler. Si trattava di un'elaborazione assai preoccupante, sulla base di una ipotetica traslazione sull'Italia dei dati provenienti dalla Cina. Eppure il Cts si limitò ad annotare in modo neutro e burocratico: «Sono stati presentati i dati relativi allo studio…». Nulla di più, come se si fosse trattato di un appunto pressoché irrilevante. Altro punto che non torna è quello relativo all'effettivo momento della redazione del piano che ormai possiamo definire «segreto». Adesso la versione veicolata dal Cts e dai politici giallorossi è che non c'era nulla, e che tutto è stato realizzato in presa diretta, settimana per settimana. Eppure proprio dal ministero della Salute era venuta - e da fonte assai autorevole - una ricostruzione ben diversa. Infatti, a fine aprile, una curiosa intervista del direttore generale del ministero, Andrea Urbani, aveva rivendicato l'esistenza di un fantomatico piano predisposto già tra fine gennaio e inizio febbraio, e che tuttavia sarebbe stato «secretato» perché uno degli scenari ipotizzati sarebbe stato troppo drammatico per essere divulgato. Tesi francamente surreale (oltre che democraticamente inaccettabile: i cittadini non possono essere trattati da minorenni o da minorati), visto che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dichiarava in tv con toni rassicuranti il 27 gennaio che saremmo stati «prontissimi» all'emergenza, e che lo stesso ministero della Salute, ancora nella prima decade di febbraio, avallava e diffondeva spot ultrarassicuranti all'insegna dello slogan: «Non è affatto facile il contagio». Dunque, un piano c'era già da prima, oppure è stato definito solo a inizio marzo?Come si vede, siamo ben lontani dalle stentoree dichiarazioni parlamentari del ministro Speranza a favore della trasparenza («La regola della trasparenza è quella a cui non intendiamo rinunciare»). Semmai, va ricordato che quel tanto (ancora troppo poco) di trasparenza che si è realizzata si deve all'azione di alcuni cittadini e legali (in particolare della Fondazione Einaudi) che avevano fatto ricorso in sede amministrativa contro la segretezza dei verbali del Cts. In prima battuta ci fu una pronuncia favorevole del Tar del Lazio, poi il governo aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato, e infine l'esecutivo ha ceduto, forse per evitare una pronuncia del massimo organo di giustizia amministrativa sull'uso e l'abuso dei Dpcm da parte di Palazzo Chigi. Altro che streaming e filastrocche sulla «casa di vetro».