La non guida turistica di Parigi: le bellezze che la sottomissione ha nascosto
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Dopo l'elezione del sindaco Anne Hidalgo, la Capitale francese è amministrata più dall'ideologia che dalla politica. Alcune zone sono diventate invivibili per i residenti, specie a Nordest, dove si incontrano Decimo, Diciottesimo, Diciannovesimo e Ventesimo arrondissement, quartieri invasi da droga, prostituzione, insicurezza, borseggiatori e sporcizia.
La denuncia di Pierre Liscia, consigliere comunale del Diciottesimo arrondissement: «Il quartiere Porte de La Chapelle.
Abbiamo individuato sei quartieri caduti nel degrado, vittima della sottomissione e difficili da approcciare per i turisti. Se voleste però andare a Gare du Nord, la Chapelle e Goutte d'Or potreste vedere opere di Banksy e la Chiesa dove pregava Giovanna d'Arco. Ai più coraggiosi indichiamo anche hotel e ristoranti.
Lo speciale contiene due articoli e sei approfondimenti sui posti da evitare o visitare con attenzione
«Qual è il dipartimento più giovane di Francia, che crea più impresa, che ha uno stadio di livello mondiale e due aeroporti internazionali? Seine-Saint-Denis è San Francisco! Ma solo il mare, rispetto alla California». Le parole pronunciate all'inizio di febbraio da Emmanuel Macron rendono bene l'idea dello scollamento dell'élite politica dalla realtà. La "California" di Francia, infatti, è un misto di degrado, violenza, islamismo montante, teppismo. Per un francese qualsiasi, basta il semplice codice del dipartimento, il 93, per capire che è meglio starsene alla larga.
Eppure, in questa ampia zona di Francia che già non è più Francia, c'è anche il cuore pulsante della tradizione esagonale. Nella basilica gotica di Saint-Denis, infatti, sorta lì dov'era un cimitero gallo romano, sorge la necropoli dei re di Francia, a cominciare da quel Carlo Martello che sconfisse i mori a Poitiers. Eppure chi avrebbe il coraggio, oggi, di prendere in qualche ora poco frequentata la linea 13 della metropolitana per arrivare alla Basilica, con il rischio di finire nel mirino di qualcuno dei nuovi "mori" che spadroneggiano nel quartiere (nel 2011 i minorenni di origine straniera erano il 60% del totale)?
Secondo l'inchiesta «Victimation et Sentiment d'Insécurité» in Ile de France, realizzata nel 2017 dall'Institut d'aménagement et d'urbanisme, è proprio la "California" macroniana, cioè la Seine-Saint-Denis, il dipartimento in cui il sentimento di insicurezza si è fatto maggiormente largo: 58,6%.
Ma guai a pensare che la banlieue a nord di Parigi costituisca una "riserva", certo preoccupante, ma comunque isolata, di violenza e degrado. Anche nel cuore della Parigi turistica, all'ombra di monumenti visitati ogni anno da milioni di persone si celano insidie dello stesso tipo. È il caso del Trocadéro, l'area monumentale di Parigi situata sulla riva destra della Senna e che si estende dal Palais de Chaillot fino al Pont d'Iéna, di fronte alla Torre Eiffel. Anche qui, non mancano bande di immigrati, spacciatori, vandali e chi più ne ha più ne metta.
E che dire delle atmosfere piccanti di Pigalle, il Moulin rouge, il can can, quella Parigi festaiola e libertina che tanto ha caratterizzato l'immaginario di artisti, scrittori e registi? Chi sia rimasto fermo ai film in bianco e nero della Nouvelle Vague troverà un quartiere estremamente diverso, che poco o nulla ha a che fare con la douce France e non di rado mostra il suo volto pericoloso. Nello stesso quadrante della città, il turista cercherà invano alla Goutte d'Or le vigne di cabernet che danno il nome al quartiere ("la goccia d'oro"), ma in compenso vi potrà trovare ragazzini marocchini strafatti di crack, che derubano i passanti e la notte, non avendo alcun riparo dove andare, si infilano nelle lavatrici automatiche delle lavanderie a gettoni.
Il sogno della città del romanticismo, dell'arte, della cultura, della cucina, dei divertimenti e della gioia di vivere nasconde quindi un incubo. Per quanto tempo il brand di Parigi, ovviamente fortissimo nell'immaginario collettivo globale, riuscirà a essere più potente della realtà, in attesa di interventi strutturali sulla sicurezza che il politicamente correttissimo sindaco della città non sembra avere intenzione di fare?
Migliaia di italiani visitano Parigi ogni anno. Numerosissimi sono quelli che vi abitano, condividendo con gli altri parigini, i pregi e i difetti della Ville Lumière. Una città che, soprattutto dopo l'elezione alla carica di sindaco di Anne Hidalgo, viene amministrata più dall'ideologia che dalla politica. Così in certi arrondissement - i municipi in cui è divisa Parigi - alcune zone sono diventate invivibili per i residenti. Questo è particolarmente vero nella zona Nordest. Lì dove si incontrano Decimo, Diciottesimo, Diciannovesimo e Ventesimo arrondissement. Risse, droga, prostituzione, insicurezza, borseggiatori e sporcizia hanno invaso certi quartieri di questi arrondissement. Ad aggravare la situazione ha contribuito anche l'emergenza umanitaria dei migranti che, dopo aver risalito l'Italia si ritrovano a Parigi proprio nel Nordest, prima di ripartire per Calais dove tentano la traversata della Manica. Se i picchi di sans-papier accampati nelle strade di queste zone, risalgono a qualche anno fa, è vero che certe aree sono, ancora oggi, dei campi di clandestini a cielo aperto. Zone in cui la legge della République, cede il posto a quella di trafficanti e sfruttatori di ogni genere. Più o meno lo stesso discorso vale per certi Hlm, le case popolari. Negli anni, il clientelismo e le mire elettorali di vari politici, hanno creato delle situazioni esplosive. Fortunatamente nella capitale francese ci sono anche aree dove si può vivere serenamente. Il bello di Parigi è anche questo. Basta attraversare qualche via senza nemmeno cambiare arrondissement, e ci si lascia alle spalle un quartiere degradato, per entrare in uno pulito e ben curato. Con questo speciale de La Verità, potrete scoprire quali sono le zone da evitare la prossima volta che andrete a Parigi. Senza dimenticare che, comunque, questa città può offrire molte opportunità.
«Il Nordest parigino è la sintesi di tutte le difficoltà dell'Europa»
«La zona Nordest della città di Parigi, vive diverse difficoltà: insalubrità, sanità, droga, prostituzione, traffici e sicurezza. Ma, a titolo personale credo che «no man's land» sia una denominazione un po' esagerata per questi quartieri». Così Pierre Liscia, consigliere comunale senza etichetta del Diciottesimo arrondissement, riassume a La Verità ciò che pensa della situazione di quest'area di Parigi. L'anno scorso una sua video-denuncia sulle condizioni in cui si trova il quartiere di Porte de La Chapelle ha fatto scalpore. Il giovane consigliere, si è rivolto direttamente al sindaco di Parigi, Anne Hidalgo. E non è andato per il sottile. I suoi allarmi gli hanno permesso di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica e di mettere in evidenza le contraddizioni della politica attuata dal primo cittadino di Parigi. Una politica che, tra le altre cose, ha dimenticato i cittadini nel timore di cadere in stigmatizzazioni etnico-sociali di alcune categorie di persone. Liscia continua la sua battaglia. In particolare contro la stanza del buco, nel Decimo arrondissement, a poca distanza dal confine con il 18°. «Questa esperienza ha dimostrato di non poter fornire la buona soluzione» - spiega - «è vero che ha contribuito a ridurre la trasmissione di malattie ma non ha favorito la disintossicazione». Al fallimento sul piano sanitario, il consigliere aggiunge anche quello sul lato sociale. «Ogni giorno gli abitanti del quartiere subiscono le conseguenze della presenza di questa struttura» dice Liscia. «Persone tossicodipendenti e spacciatori convergono in zona quotidianamente per l'incontro tra la domanda e l'offerta di droga. Il tutto in pieno giorno visto che la sala è aperta in orari d'ufficio». Ma Anne Hidalgo non sembra ascoltare le voci contrarie alle stanze del buco come conferma Liscia «la risposta del sindaco è che vuole aprire altre quattro strutture analoghe ripartendole in varie zone della capitale». Per quanto riguarda la situazione dei migranti a Porte de La Chapelle, il consigliere ritiene che il comune di Parigi si limiti «a organizzare delle riunioni e a blaterare». Più in generale, secondo Pierre Liscia «gli abitanti si sentono abbandonati e, in certe zone la polizia non interviene». Tuttavia per l'eletto del Diciottesimo arrondissement «Parigi rimane una città in cui si può continuare a vivere serenamente. Anche negli arrondissement critici, ci sono quartieri tranquilli. Non ci sono arrondissement da evitare a priori».
Molto spesso a fare la differenza contribuiscono gli abitanti che, in molte zone, hanno creato associazioni o comitati. Nel quartiere a ridosso della fermata della metropolitana Chateau Rouge (linea 4) nel 2013 è nata l'associazione di residenti La Vie Dejean. Il suo obiettivo, come spiega a La Verità la rappresentante dell'associazione Yveline Piarroux era di «denunciare che la circolazione di pedoni e biciclette nelle vie era diventata impossibile a causa della presenza di venditori ambulanti non autorizzati». Secondo Piarroux, a volte «i venditori ambulanti creavano persino due file di 'banchetti' posti su scatoloni usati come tavoli. Bisognava fare delle vere e proprie chicane per cercare di rientrare a casa propria o di accedere in metro». «Anche la pulizia era molto scarsa» - ricorda la responsabile dell'associazione - «abbiamo constatato una sporcizia importante a causa della vendita ambulante. Quando la polizia cacciava i venditori, restavano sul marciapiedi delle montagne di scatoloni e rifiuti di vario tipo: alimentari, sacchetti di plastica…».
L'associazione ha presentato dei ricorsi al tribunale amministrativo, alla prefettura per mancanza di sicurezza e al comune per mancanza di pulizia, e ha vinto. «Le cose sono cambiate dal 2013-2014 ma la fine della vendita ambulante illegale è relativa» - spiega Piarroux - «dipende dalla presenza della polizia. Alcuni agenti del commissariato di polizia del Diciottesimo arrondissement, hanno il compito esclusivo di pattugliare il quartiere per impedire questa attività: cacciano i venditori abusivi, comminano delle multe o, soprattutto, distruggono la merce». L'aumento della presenza di poliziotti produce effetti facilmente percettibili. Per la rappresentante dell'associazione, «nei giorni in cui questi agenti sono occupati in altre attività, come per esempio le manifestazioni dei gilet gialli, si rivedono i venditori abusivi». In questo angolo però la vendita ambulante abusiva non è l'unica preoccupazione. Se per Piarroux «nel quartiere non ci sono problemi di droga, minori abbandonati, né clandestini», va detto che «di notte ci sono molte prostitute nigeriane che provocano disordini, schiamazzano e "lavorano" negli androni dei palazzi».
Gli ingredienti perfetti per intaccare la sicurezza e la qualità della vita dei residenti.
Porte de La Chapelle, dove Giovanna d'Arco pregava. Ora è lo sfacio
La Porte de la Chapelle è una delle porte d'ingresso nella Ville Lumière quando si arriva dall'aeroporto Charles De Gaulle. Il punto di partenza della prima delle autostrade transalpine: la A1. Il suo nome fa riferimento ad una cappella voluta nel 475 da Sainte Geneviève (Santa Genoveffa), per ospitarvi le reliquie del patrono di Parigi, Saint Denis (San Dionigi). Nel 1204, al posto della cappella sorse l'attuale chiesa di Saint-Denys de La Chapelle. Qui si raccolsero in preghiera altri santi: Giovanna d'Arco, prima delle sue imprese militari e Papa Giovanni XXIII, quando era nunzio apostolico a Parigi. Nonostante i passaggi di tutte queste grandi figure cristiane, il quartiere attuale non sembra proprio essere in odore di santità. Ad esempio, una zona del quartiere è stata ribattezzata: "la Collina del crack". Si tratta di una sottospecie di bidonville, situata ai margini del Boulevard Périphérique, la circonvallazione parigina, tra Porte de La Chapelle e Porte d'Aubervilliers. ll responsabile di un'associazione citato anonimamente dall'agenzia France Presse nel giugno del 2018 diceva «la settimana scorsa (tra il 18 e il 24 giugno, ndr) c'erano più di un centinaio di persone presenti sulla Collina». I frequentatori di questa«no man's land» non sono tutti "residenti". «Molti vengono solo durante il giorno per comprare la droga» spiegava ancora il capo dell'associazione. È facile immaginare quali problemi nascano da una situazione simile. Problemi che non riguardano solo le zone residenziali più vicine, anche il raccordo è interessato. In effetti gli habitué della Collina del crack, non esitano a fare la questua tra le auto incolonnate nelle ore di punta sulla carreggiata del Périphérique.
Poi c'è il capitolo migranti. Tra dicembre 2016 e marzo 2018, sulla spianata a Porte de La Chapelle ha funzionato un Cpa, centro di prima accoglienza. Nel corso di sedici mesi ha accolto oltre 25.000 persone. Poi è stato chiuso e sostituito da altre strutture di accoglienza sparse nella regione parigina. Nonostante la fine del Cpa numerosi migranti (quasi esclusivamente giovani uomini) hanno continuato a ricreare degli accampamenti di fortuna dopo ogni sgombero della polizia. Ad esempio, solo l'11 gennaio scorso il quotidiano La Voix du Nord scriveva che tra la Porte de La Chapelle e l'inizio dell'A1 «più di 2000 migranti continuano a sopravvivere in condizioni spaventose». Per il quotidiano, «le 200 tende» montate in questo luogo erano «occupate essenzialmente da afghani» mentre «un centinaio d'altri, degli africani, sono sparsi tra l'avenue Wilson e Saint-Denis». Invece alla «Porte de Clignancourt, 250 persone si sono installate sul marciapiedi».
Nel quartiere de La Chapelle, poco più a sud della zona della porta propriamente detta, le donne non hanno vita facile. A maggio del 2017 l'associazione SOS La Chapelle insieme a dei residenti, aveva lanciato la petizione intitolata: «Le donne, una specie in via di estinzione nel cuore di Parigi». Erano state raccolte 20.000 firme. Peccato che poco più di un anno dopo la situazione sia peggiorata. Lo testimoniava Le Parisien nel novembre 2018 pubblicando la testimonianza di una trentenne, residente del quartiere. «Ho rinunciato a prendere la metro a La Chapelle» - diceva la donna - «e ad attraversare la piazza [...]. Non parliamo dei caffè: sulle loro insegne non c'è scritto vietato alle donne. Ma chi vorrebbe rischiare? È vero che la polizia è più presente ma le risse sono sempre più frequenti. Ho la sensazione che i trafficanti abbiano vinto la partita».
Dove dormire
4 stelle
Kube Paris, 1 Passage Ruelle - 75018 Parigi, Francia. $ - Uno stile moderno, per un hotel circondato da una folta vegetazione. Impossibile non fare un salto all'Ice Bar dove bersi un cocktail da brivido.
Novotel Suites Paris, 1 Impasse Marteau, 75018 Parigi, Francia. $ - A pochi minuti da Montmartre, questo hotel offre camere spaziose, dal design minimal.
Cosa vedere
Bansky. Proprio vicino alla stazione si trova una delle opere più emblematiche dell'artista. Vicino ad un vecchio centro per migranti, il murales rappresenta una bambina di colore intenta a disegnare con la bomboletta spray un motivo geometrico rosa e gioioso, a coprire l'immagine di una svastica.
Jardins du Ruisseau. Vent'anni fa una stazione ferroviaria in disuso si è trasformata in un meraviglioso giardino. Vi si organizzano tanti eventi e c'è anche un bar, La Recyclerie.
Cimitero di Montmartre. Nato nella metà del Settecento questo cimitero raccoglie le tombe di molte figure di spicco, dal pittore Degas alla cantante italiana Dalida.
Moulin Rouge. Impossibile non conoscerlo. Quest'anno poi il locale festeggia un anniversario importante. Il Moulin Rouge è stato infatti fondato 1889.
Gare du Nord, il quartiere "del buco"
Senza alcuna concertazione il comune di Parigi ha imposto l'apertura di una "stanza del buco" (chiamata salle de shoot in francese), presso l'ospedale Lariboisière, a pochi passi dalla Gare du Nord. Era l'ottobre del 2016 e già residenti e commercianti avevano espresso fortissime riserve sull'iniziativa. Poco più di due anni dopo i nodi sono venuti al pettine. Le strade attorno a questa sala in cui le persone tossicodipendenti possono andare a iniettarsi delle droghe, si sono ritrovate sempre più in baIìa della delinquenza. Se l'idea di combattere la trasmissione di malattie tra i consumatori di droghe e di offrire loro un'assistenza sanitaria, può essere comprensibile, non lo è altrettanto la scelta di obbligare famiglie, piccoli imprenditori o ancora medici generalisti, a subire la violenza di crisi d'astinenza e risse d'ogni genere. Per questo 11 associazioni di abitanti del Decimo e del Diciottesimo arrondissement - riunite nel collettivo Réseau 10-18 - hanno scritto, pochi giorni fa, una lettera ai politici. Le Figaro ne ha riportati alcuni passaggi nell'edizione del 7 marzo. Il tono della missiva mostra quanto gli abitanti siano esasperati. «Rifiutiamo l'accumulazione di tutte le precarietà nei nostri quartieri, dove la legge della giungla ha preso il posto delle leggi della Repubblica». Il presidente dell'associazione Demain La Chapelle, che fa parte del collettivo, è stato ancora più chiaro «ci sono sere che si direbbe che siamo nel terzo mondo».
Dove dormire
5 stelle
Hotel Parister, 19 Rue Saulnier, 9° arrondissement, 75009 Parigi, Francia. $$$ - Situato a 900 metri dalla stazione di Gare du Nord, questo hotel cinque stelle offre un ambiente accogliente e ovattato. Ottima la spa.
4 stelle
25hours Terminus Nord, 12 Boulevard de Denain, 10° arrondissement, 75010 Parigi, Francia. $$ - Situato a 50 metri dalla stazione, questo hotel quattro stelle offre wifi gratuiti e stanze ricche di confort. Ideale per viaggi d'affari.
Cosa vedere
Wikipedia
Maison Fond. Creata dall'artista argentino Leandro Erlich significa letteralmente «la casa che si scioglie». L'opera vuole mostrare gli effetti del surriscaldamento globale sul nostro pianeta.
Le Manoir de Paris. Siete affascinati dall'oscuro? Questo è il luogo che fa per voi. Le Manoir è il primo walking show parigino dedicato all'horror.
Marché Saint Pierre. Il mercato coperto è famoso per le sue stoffe. Tra i banchi si possono trovare anche alcuni pezzi pregiati.
Choco Story. Il museo del cioccolato è una delle mete più di successo di Parigi. Nonostante la posizione in un quartiere non proprio sicuro attira ogni giorno centinaia di appassionati.
I bambini di strada tra la Goutte d'Or e Barbès
Tra le situazioni di degrado in questi quartieri, ce n'è una che riporta alla memoria il triste destino dei meninos de rua, brasiliani. In effetti ci sono alcune aree del nord-est di Parigi che sono diventate il rifugio di minori immigrati, abbandonati a se stessi. L'8 febbraio 2018 un gruppo di avvocati parigini ha scritto una lettera alla procura della capitale per allertare sulla situazione «molto preoccupante» di questi minori. I legali avevano redatto una lista di 128 nomi di ragazzini di età compresa tra 13 e 17 anni. Uno dei luoghi di ritrovo di questi disperati è lo square Alain Bashung. In origine era un piccolo parco giochi per bambini. Con la crisi dei migranti è rimasto sì, un luogo frequentato da bambini, ma non per i loro giochi. Li si ritrovano per drogarsi con la colla o bere. Se non sono al parco, questi ragazzini vagano nelle vie circostanti o sui metro', dove capita di vederli pizzicati dai servizi di sicurezza o dalla polizia, intenti a commettere scippi o furti di cellulari e tablet.
Per cercare di arginare il problema, nell'estate del 2018, il governo francese ha accolto alcuni poliziotti marocchini, dato che la maggior parte dei ragazzini vengono dal Paese nordafricano. Ma l'impresa non è stata facile perché, come spiegava, lo scorso luglio un articolo della radio Rfi, la presenza dei poliziotti di Rabat in Francia ha ottenuto «reazioni tiepide nella società civile in Marocco, che conta 25.000 ragazzi di strada [...] Isolati dopo drammi famigliari, la morte dei genitori o una profonda miseria. Una volta arrivati nelle città, questi ragazzi si lasciano avvicinare difficilmente…Sono spesso violenti, drogati e senza legami». Dei comportamenti che si riproducono esattamente anche nella capitale francese. Non c'è da sorprendersi se il numero dei poliziotti marocchini inviati a Parigi, era inferiore alla decina. Mentre, secondo il ministero della Giustizia transalpino, nel 2017 erano 813 i minori marocchini detenuti nelle carceri francesi. Forse nessuno vuole indietro questi ragazzini?
Dove dormire
4 stelle
Hotel The Playce by Happyculture. 66 Boulevard Barbès, 75018 Parigi, Francia. Un hotel adatto ai più giovani, dallo stile moderno e colorato che offre tanti luoghi dove riunirsi per conoscersi e giocare a calcio balilla.
Hotel Mademoiselle. 7 Rue des Petits Hôtels, 10° arrondissement, 75010 Parigi, Francia. Un hotel in perfetto stile parigino, con un cortile interno dove poter fare colazione tutte le mattine, per sentirsi davvero francese.
Cosa vedere
Flickr
Fresque Les Gardiennes. Una serie di affreschi colorano i muri del quartiere. Ispirati alla bellezza della natura, vi garantiranno degli scatti incredibili.
L'Oasis Meïsō - Le Centre de Flottaison. Lasciati cullare dall'acqua e dalle luci colore, in una spa come non l'avete mai vista.
Eglise Saint Bernard de la Chapelle. Una cattedrale neo gotica che raccoglie una serie di dipinti e statue uniche.
Bibliotheque Goutte d'Or. Una biblioteca dal look moderno, dove poter leggere comodamente un libro in una delle poltrone affacciate sulle ampie vetrate.
Al Bassin de la Villette mai dormire con la finestra aperta
Tra le stazioni del metro Stalingrad e Jean Jaurès il Canal Saint-Martin cambia nome e diventare Bassin de La Villette. In questo punto il Naviglio parigino, le cui rive sono popolate da molti Bobo' lascia il Decimo arrondissement ed entra nel Diciannovesimo. Da questo punto la "frontiera" del Diciottesimo e il suo quartiere de La Chapelle, distano al massimo qualche centinaio di metri.
Anche in questa zona spacciatori e consumatori di crack la fanno da padroni. Numerosi atti di violenza sono stati riportati dalla stampa. L'ultimo in ordine di tempo è avvenuto il 5 febbraio del 2019. Alla fermata del bus 48 Chateau Landon, è scoppiata una rissa nella quale è stata tagliata di netto la mano di un pregiudicato di 29 anni. Il fatto non è accaduto a notte fonda ma poco prima delle 21. La scena è stata filmata dalle telecamere a circuito chiuso di un autobus. In un palazzo situato sul Quai de la Loire, una delle sponde del bacino, lo scorso agosto è stato arrestato un topo d'appartamento che, dopo aver ripulito l'abitazione, ha tentato di violentare la proprietaria donna. Il suo vicino sentendo le grida ha chiamato la polizia e ha permesso l'arresto del malvivente, che si era introdotto nell'appartamento della donna approfittando del gran caldo e delle finestre aperte. Qualche settimana dopo, nella notte del 9 settembre 2018, un uomo ha accoltellato sette persone, ferendone alcune gravemente. Per gli inquirenti si trattava di un consumatore di crack, cliente degli spacciatori della piazza Stalingrad.
Dove dormire
5 stelle
Grand Hotel Dechampaigne. 17 rue Jean Lantier, 75001 Parigi, Francia. Arredamenti ricchi dove il rosso la fa da padrone. Balconi che si affacciano sui tetti di Parigi, per un'esperienza d'altri tempi.
4 stelle
Hotel Whistler. 36 rue de Saint Quentin | 10th Arr., 75010 Parigi, Francia. Avete mai immaginato come sarebbe dormire a bordo dell'Orient Express? Con questo hotel, vi sentirete davvero a bordo del leggendario treno.
Cosa vedere
Tripadvisor
Fontaine Mouloudji. Una fontana monumentale dal design moderno. Disegnata dall'architetto Davos Hanich.
Le Pont Levant de Crimee. Commissionato nel 1885, l'ultimo ponte di sollevamento della capitale svolge ancora circa 9.000 manovre all'anno.
Square de la place de Bitche. Vicino al canale Saint-Martin e alla chiesa di Saint-Jacques-Saint-Christophe de la Villette. Un bellissimo luogo per fare una passeggiata o sedersi a sorseggiare un caffè.
Prostituzione a Belleville ma anche alle porte di Parigi
Dal belvedere del parco di Belleville, nel cuore del Ventesimo arrondissement, si ha una vista eccezionale su tutta Parigi. Sembra quasi di essere su una collina lontana dal frastuono della città. D'estate i prati di questo parco diventano un patchwork di tovaglie, su cui centinaia di persone fanno il pic-nic. Ma dietro questa immagine da cartolina, Belleville nasconde delle tragedie umane. Quelle di centinaia di ragazze venute da chissà dove, che ogni notte si prostituiscono nel quartiere.
A Parigi, i protettori si spartiscono il territorio in base alla nazionalità. Belleville è occupata dalle cinesi. Secondo il settimanale Marianne la prostituzione nigeriana «si concentra attorno al Bois de Vincennes» mentre "le reti dei Balcani restano nell'ovest" della città come nel Bois de Boulogne. Non è facile calcolare quante siano le donne sulla strada ogni notte ma un'indicazione viene da un reportage pubblicato circa un anno fa dal magazine Neon, dopo aver vissuto per una notte, il quotidiano di una di queste prostitute. Il giornale citava un «poliziotto del commissariato di Place des Fêtes», secondo il quale certe notti «ce ne sono almeno quattrocento».
La stragrande maggioranza di queste donne è obbligata a prostituirsi perché sono clandestine originarie di paesi in cui regna la miseria. «Non appena arrivate, finiscono sul marciapiede» scriveva il magazine. Ma in questo quartiere del Ventesimo arrondissement, la prostituzione dilaga non solo per strada. Lo ricordava a dicembre il sito d'informazione di quartiere Menil.info che, parlando della riqualificazione di un palazzo, scriveva: «tutti sanno che non è sul Boulevard de Belleville, ma all'interno del quartiere che si concentrano gli appartamenti usati come luoghi di 'consumazione'». Ovviamente la presenza delle reti di sfruttatori della prostituzione si accompagna con altre forme di illegalità che intaccano la reputazione della zona.
Dove dormire
3 stelle
Hotel Scarlet, 1 Rue Jouye Rouve, 20° arrondissement, 75020 Parigi, Francia. $ - Un vecchio edificio dall'architettura insolita ristrutturato dall'architetto Delphine Vendel.
Hipotel Paris Buttes Chaumont Pyrénées. 7 rue Jean Baptiste Dumay, 20° arrondissement, 75020 Parigi, Francia. Camere spaziose e dallo stile contemporaneo, si ispira a uno dei residenti più famosi di Bellville Edith Piaf.
Cosa vedere
My Parisian Life
Open air street market. Un mercato dove acquistare i prodotti tipici francesci, specialmente il formaggio. Da gustare con una croccante baguette.
Cafe Cherie. Parigi è famosa per i suoi cafè con i tavolini all'esterno. Con il suo stile grunge e le pareti dipinte di rosso, Cafe Cherie è imperdibile.
Aux Folie. Con la sua insegna al neon, questo locale si riempie di parigini all'ora dell'aperitivo. Unitevi a loro.
Fuori dal Nordest il crack viaggia in metro
Uno dei vanti di Parigi è la sua rete di linee metropolitane. In totale ce ne sono 16. Permettono di attraversare la capitale francese da est a ovest e da nord a sud in poco più di un'ora. Ma nella metropolitana parigina si possono fare anche brutte esperienze perché alcune stazioni sono diventate il regno del crack. Un servizio diffuso da France 3 lo scorso luglio, segnalava che oltre ad alcune fermate storiche dello spaccio, ormai i pusher sono attivi anche in stazioni della metropolitana del centro. È il caso di Concorde (linee 1, 8 e 12), Madeleine (linee 8, 12, 14) o Notre-Dame de Lorette (linea 12). Ma le stazioni "calde" situate nei quartieri nord orientali di Parigi, sono molto numerose.
Ad esempio, nel Diciottesimo le stazioni nelle quali bisogna tenere gli occhi aperti sono quelle della linea 2 a partire da Place de Clichy, in direzione Nation. A due passi dal Moulin rouge e dalla Basilica del Sacre-Coeur ci sono le fermate: Pigalle dove si può prendere la linea 12, Barbès-Rochechouart dove si incontra la linea 4, La Chapelle che è collegata alla Gare du Nord. Lo stesso discorso vale per linea 12. Le fermate più rischiose sono Marx Dormoy e Porte de La Chapelle. Il reportage di France 3 inseriva tra le piazzeforti dello spaccio anche le stazioni Lamarck-Caulaincourt, Marcadet-Poissonniers, dove arriva anche la linea 4. Su questa linea va segnalata anche la fermata di Chateau Rouge.
Nel Decimo arrondissement è lo snodo della Gare du Nord a destare più preoccupazioni. Lì si incrociano le linee 4 e 5 oltre ai treni suburbani della Rer B e C. Passando nel Diciannovesimo arrondissement, i punti sensibili sono quelli delle stazioni della linea 2. La prima è quella di Stalingrad, dove passano anche le linee 5 e 7. La seconda è la fermata Jean Jaurès dove si incrociano le linee 5 e 7bis. Nel Ventesimo arrondissement, le stazioni da tenere d'occhio sono quelle della linea 11, come Belleville.
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Dopo l'elezione del sindaco Anne Hidalgo, la Capitale francese è amministrata più dall'ideologia che dalla politica. Alcune zone sono diventate invivibili per i residenti, specie a Nordest, dove si incontrano Decimo, Diciottesimo, Diciannovesimo e Ventesimo arrondissement, quartieri invasi da droga, prostituzione, insicurezza, borseggiatori e sporcizia.La denuncia di Pierre Liscia, consigliere comunale del Diciottesimo arrondissement: «Il quartiere Porte de La Chapelle.Abbiamo individuato sei quartieri caduti nel degrado, vittima della sottomissione e difficili da approcciare per i turisti. Se voleste però andare a Gare du Nord, la Chapelle e Goutte d'Or potreste vedere opere di Banksy e la Chiesa dove pregava Giovanna d'Arco. Ai più coraggiosi indichiamo anche hotel e ristoranti.Lo speciale contiene due articoli e sei approfondimenti sui posti da evitare o visitare con attenzione«Qual è il dipartimento più giovane di Francia, che crea più impresa, che ha uno stadio di livello mondiale e due aeroporti internazionali? Seine-Saint-Denis è San Francisco! Ma solo il mare, rispetto alla California». Le parole pronunciate all'inizio di febbraio da Emmanuel Macron rendono bene l'idea dello scollamento dell'élite politica dalla realtà. La "California" di Francia, infatti, è un misto di degrado, violenza, islamismo montante, teppismo. Per un francese qualsiasi, basta il semplice codice del dipartimento, il 93, per capire che è meglio starsene alla larga.Eppure, in questa ampia zona di Francia che già non è più Francia, c'è anche il cuore pulsante della tradizione esagonale. Nella basilica gotica di Saint-Denis, infatti, sorta lì dov'era un cimitero gallo romano, sorge la necropoli dei re di Francia, a cominciare da quel Carlo Martello che sconfisse i mori a Poitiers. Eppure chi avrebbe il coraggio, oggi, di prendere in qualche ora poco frequentata la linea 13 della metropolitana per arrivare alla Basilica, con il rischio di finire nel mirino di qualcuno dei nuovi "mori" che spadroneggiano nel quartiere (nel 2011 i minorenni di origine straniera erano il 60% del totale)?Secondo l'inchiesta «Victimation et Sentiment d'Insécurité» in Ile de France, realizzata nel 2017 dall'Institut d'aménagement et d'urbanisme, è proprio la "California" macroniana, cioè la Seine-Saint-Denis, il dipartimento in cui il sentimento di insicurezza si è fatto maggiormente largo: 58,6%.Ma guai a pensare che la banlieue a nord di Parigi costituisca una "riserva", certo preoccupante, ma comunque isolata, di violenza e degrado. Anche nel cuore della Parigi turistica, all'ombra di monumenti visitati ogni anno da milioni di persone si celano insidie dello stesso tipo. È il caso del Trocadéro, l'area monumentale di Parigi situata sulla riva destra della Senna e che si estende dal Palais de Chaillot fino al Pont d'Iéna, di fronte alla Torre Eiffel. Anche qui, non mancano bande di immigrati, spacciatori, vandali e chi più ne ha più ne metta. E che dire delle atmosfere piccanti di Pigalle, il Moulin rouge, il can can, quella Parigi festaiola e libertina che tanto ha caratterizzato l'immaginario di artisti, scrittori e registi? Chi sia rimasto fermo ai film in bianco e nero della Nouvelle Vague troverà un quartiere estremamente diverso, che poco o nulla ha a che fare con la douce France e non di rado mostra il suo volto pericoloso. Nello stesso quadrante della città, il turista cercherà invano alla Goutte d'Or le vigne di cabernet che danno il nome al quartiere ("la goccia d'oro"), ma in compenso vi potrà trovare ragazzini marocchini strafatti di crack, che derubano i passanti e la notte, non avendo alcun riparo dove andare, si infilano nelle lavatrici automatiche delle lavanderie a gettoni.Il sogno della città del romanticismo, dell'arte, della cultura, della cucina, dei divertimenti e della gioia di vivere nasconde quindi un incubo. Per quanto tempo il brand di Parigi, ovviamente fortissimo nell'immaginario collettivo globale, riuscirà a essere più potente della realtà, in attesa di interventi strutturali sulla sicurezza che il politicamente correttissimo sindaco della città non sembra avere intenzione di fare?Migliaia di italiani visitano Parigi ogni anno. Numerosissimi sono quelli che vi abitano, condividendo con gli altri parigini, i pregi e i difetti della Ville Lumière. Una città che, soprattutto dopo l'elezione alla carica di sindaco di Anne Hidalgo, viene amministrata più dall'ideologia che dalla politica. Così in certi arrondissement - i municipi in cui è divisa Parigi - alcune zone sono diventate invivibili per i residenti. Questo è particolarmente vero nella zona Nordest. Lì dove si incontrano Decimo, Diciottesimo, Diciannovesimo e Ventesimo arrondissement. Risse, droga, prostituzione, insicurezza, borseggiatori e sporcizia hanno invaso certi quartieri di questi arrondissement. Ad aggravare la situazione ha contribuito anche l'emergenza umanitaria dei migranti che, dopo aver risalito l'Italia si ritrovano a Parigi proprio nel Nordest, prima di ripartire per Calais dove tentano la traversata della Manica. Se i picchi di sans-papier accampati nelle strade di queste zone, risalgono a qualche anno fa, è vero che certe aree sono, ancora oggi, dei campi di clandestini a cielo aperto. Zone in cui la legge della République, cede il posto a quella di trafficanti e sfruttatori di ogni genere. Più o meno lo stesso discorso vale per certi Hlm, le case popolari. Negli anni, il clientelismo e le mire elettorali di vari politici, hanno creato delle situazioni esplosive. Fortunatamente nella capitale francese ci sono anche aree dove si può vivere serenamente. Il bello di Parigi è anche questo. Basta attraversare qualche via senza nemmeno cambiare arrondissement, e ci si lascia alle spalle un quartiere degradato, per entrare in uno pulito e ben curato. Con questo speciale de La Verità, potrete scoprire quali sono le zone da evitare la prossima volta che andrete a Parigi. Senza dimenticare che, comunque, questa città può offrire molte opportunità.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem7" data-id="7" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=7#rebelltitem7" data-basename="il-nordest-parigino-e-la-sintesi-di-tutte-le-difficolta-dell-europa" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> «Il Nordest parigino è la sintesi di tutte le difficoltà dell'Europa» Your browser does not support the video tag. «La zona Nordest della città di Parigi, vive diverse difficoltà: insalubrità, sanità, droga, prostituzione, traffici e sicurezza. Ma, a titolo personale credo che «no man's land» sia una denominazione un po' esagerata per questi quartieri». Così Pierre Liscia, consigliere comunale senza etichetta del Diciottesimo arrondissement, riassume a La Verità ciò che pensa della situazione di quest'area di Parigi. L'anno scorso una sua video-denuncia sulle condizioni in cui si trova il quartiere di Porte de La Chapelle ha fatto scalpore. Il giovane consigliere, si è rivolto direttamente al sindaco di Parigi, Anne Hidalgo. E non è andato per il sottile. I suoi allarmi gli hanno permesso di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica e di mettere in evidenza le contraddizioni della politica attuata dal primo cittadino di Parigi. Una politica che, tra le altre cose, ha dimenticato i cittadini nel timore di cadere in stigmatizzazioni etnico-sociali di alcune categorie di persone. Liscia continua la sua battaglia. In particolare contro la stanza del buco, nel Decimo arrondissement, a poca distanza dal confine con il 18°. «Questa esperienza ha dimostrato di non poter fornire la buona soluzione» - spiega - «è vero che ha contribuito a ridurre la trasmissione di malattie ma non ha favorito la disintossicazione». Al fallimento sul piano sanitario, il consigliere aggiunge anche quello sul lato sociale. «Ogni giorno gli abitanti del quartiere subiscono le conseguenze della presenza di questa struttura» dice Liscia. «Persone tossicodipendenti e spacciatori convergono in zona quotidianamente per l'incontro tra la domanda e l'offerta di droga. Il tutto in pieno giorno visto che la sala è aperta in orari d'ufficio». Ma Anne Hidalgo non sembra ascoltare le voci contrarie alle stanze del buco come conferma Liscia «la risposta del sindaco è che vuole aprire altre quattro strutture analoghe ripartendole in varie zone della capitale». Per quanto riguarda la situazione dei migranti a Porte de La Chapelle, il consigliere ritiene che il comune di Parigi si limiti «a organizzare delle riunioni e a blaterare». Più in generale, secondo Pierre Liscia «gli abitanti si sentono abbandonati e, in certe zone la polizia non interviene». Tuttavia per l'eletto del Diciottesimo arrondissement «Parigi rimane una città in cui si può continuare a vivere serenamente. Anche negli arrondissement critici, ci sono quartieri tranquilli. Non ci sono arrondissement da evitare a priori».Molto spesso a fare la differenza contribuiscono gli abitanti che, in molte zone, hanno creato associazioni o comitati. Nel quartiere a ridosso della fermata della metropolitana Chateau Rouge (linea 4) nel 2013 è nata l'associazione di residenti La Vie Dejean. Il suo obiettivo, come spiega a La Verità la rappresentante dell'associazione Yveline Piarroux era di «denunciare che la circolazione di pedoni e biciclette nelle vie era diventata impossibile a causa della presenza di venditori ambulanti non autorizzati». Secondo Piarroux, a volte «i venditori ambulanti creavano persino due file di 'banchetti' posti su scatoloni usati come tavoli. Bisognava fare delle vere e proprie chicane per cercare di rientrare a casa propria o di accedere in metro». «Anche la pulizia era molto scarsa» - ricorda la responsabile dell'associazione - «abbiamo constatato una sporcizia importante a causa della vendita ambulante. Quando la polizia cacciava i venditori, restavano sul marciapiedi delle montagne di scatoloni e rifiuti di vario tipo: alimentari, sacchetti di plastica…».L'associazione ha presentato dei ricorsi al tribunale amministrativo, alla prefettura per mancanza di sicurezza e al comune per mancanza di pulizia, e ha vinto. «Le cose sono cambiate dal 2013-2014 ma la fine della vendita ambulante illegale è relativa» - spiega Piarroux - «dipende dalla presenza della polizia. Alcuni agenti del commissariato di polizia del Diciottesimo arrondissement, hanno il compito esclusivo di pattugliare il quartiere per impedire questa attività: cacciano i venditori abusivi, comminano delle multe o, soprattutto, distruggono la merce». L'aumento della presenza di poliziotti produce effetti facilmente percettibili. Per la rappresentante dell'associazione, «nei giorni in cui questi agenti sono occupati in altre attività, come per esempio le manifestazioni dei gilet gialli, si rivedono i venditori abusivi». In questo angolo però la vendita ambulante abusiva non è l'unica preoccupazione. Se per Piarroux «nel quartiere non ci sono problemi di droga, minori abbandonati, né clandestini», va detto che «di notte ci sono molte prostitute nigeriane che provocano disordini, schiamazzano e "lavorano" negli androni dei palazzi».Gli ingredienti perfetti per intaccare la sicurezza e la qualità della vita dei residenti. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="porte-de-la-chapelle-dove-giovanna-d-arco-pregava-ora-e-lo-sfacio" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Porte de La Chapelle, dove Giovanna d'Arco pregava. Ora è lo sfacio Your browser does not support the video tag. La Porte de la Chapelle è una delle porte d'ingresso nella Ville Lumière quando si arriva dall'aeroporto Charles De Gaulle. Il punto di partenza della prima delle autostrade transalpine: la A1. Il suo nome fa riferimento ad una cappella voluta nel 475 da Sainte Geneviève (Santa Genoveffa), per ospitarvi le reliquie del patrono di Parigi, Saint Denis (San Dionigi). Nel 1204, al posto della cappella sorse l'attuale chiesa di Saint-Denys de La Chapelle. Qui si raccolsero in preghiera altri santi: Giovanna d'Arco, prima delle sue imprese militari e Papa Giovanni XXIII, quando era nunzio apostolico a Parigi. Nonostante i passaggi di tutte queste grandi figure cristiane, il quartiere attuale non sembra proprio essere in odore di santità. Ad esempio, una zona del quartiere è stata ribattezzata: "la Collina del crack". Si tratta di una sottospecie di bidonville, situata ai margini del Boulevard Périphérique, la circonvallazione parigina, tra Porte de La Chapelle e Porte d'Aubervilliers. ll responsabile di un'associazione citato anonimamente dall'agenzia France Presse nel giugno del 2018 diceva «la settimana scorsa (tra il 18 e il 24 giugno, ndr) c'erano più di un centinaio di persone presenti sulla Collina». I frequentatori di questa «no man's land» non sono tutti "residenti". «Molti vengono solo durante il giorno per comprare la droga» spiegava ancora il capo dell'associazione. È facile immaginare quali problemi nascano da una situazione simile. Problemi che non riguardano solo le zone residenziali più vicine, anche il raccordo è interessato. In effetti gli habitué della Collina del crack, non esitano a fare la questua tra le auto incolonnate nelle ore di punta sulla carreggiata del Périphérique.Poi c'è il capitolo migranti. Tra dicembre 2016 e marzo 2018, sulla spianata a Porte de La Chapelle ha funzionato un Cpa, centro di prima accoglienza. Nel corso di sedici mesi ha accolto oltre 25.000 persone. Poi è stato chiuso e sostituito da altre strutture di accoglienza sparse nella regione parigina. Nonostante la fine del Cpa numerosi migranti (quasi esclusivamente giovani uomini) hanno continuato a ricreare degli accampamenti di fortuna dopo ogni sgombero della polizia. Ad esempio, solo l'11 gennaio scorso il quotidiano La Voix du Nord scriveva che tra la Porte de La Chapelle e l'inizio dell'A1 «più di 2000 migranti continuano a sopravvivere in condizioni spaventose». Per il quotidiano, «le 200 tende» montate in questo luogo erano «occupate essenzialmente da afghani» mentre «un centinaio d'altri, degli africani, sono sparsi tra l'avenue Wilson e Saint-Denis». Invece alla «Porte de Clignancourt, 250 persone si sono installate sul marciapiedi».Nel quartiere de La Chapelle, poco più a sud della zona della porta propriamente detta, le donne non hanno vita facile. A maggio del 2017 l'associazione SOS La Chapelle insieme a dei residenti, aveva lanciato la petizione intitolata: «Le donne, una specie in via di estinzione nel cuore di Parigi». Erano state raccolte 20.000 firme. Peccato che poco più di un anno dopo la situazione sia peggiorata. Lo testimoniava Le Parisien nel novembre 2018 pubblicando la testimonianza di una trentenne, residente del quartiere. «Ho rinunciato a prendere la metro a La Chapelle» - diceva la donna - «e ad attraversare la piazza [...]. Non parliamo dei caffè: sulle loro insegne non c'è scritto vietato alle donne. Ma chi vorrebbe rischiare? È vero che la polizia è più presente ma le risse sono sempre più frequenti. Ho la sensazione che i trafficanti abbiano vinto la partita». <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem16" data-id="16" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=16#rebelltitem16" data-basename="dove-dormire" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Dove dormire 4 stelleKube Paris, 1 Passage Ruelle - 75018 Parigi, Francia. $ - Uno stile moderno, per un hotel circondato da una folta vegetazione. Impossibile non fare un salto all'Ice Bar dove bersi un cocktail da brivido.Novotel Suites Paris, 1 Impasse Marteau, 75018 Parigi, Francia. $ - A pochi minuti da Montmartre, questo hotel offre camere spaziose, dal design minimal. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem17" data-id="17" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=17#rebelltitem17" data-basename="cosa-vedere" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Cosa vedere Bansky. Proprio vicino alla stazione si trova una delle opere più emblematiche dell'artista. Vicino ad un vecchio centro per migranti, il murales rappresenta una bambina di colore intenta a disegnare con la bomboletta spray un motivo geometrico rosa e gioioso, a coprire l'immagine di una svastica. Jardins du Ruisseau. Vent'anni fa una stazione ferroviaria in disuso si è trasformata in un meraviglioso giardino. Vi si organizzano tanti eventi e c'è anche un bar, La Recyclerie.Cimitero di Montmartre. Nato nella metà del Settecento questo cimitero raccoglie le tombe di molte figure di spicco, dal pittore Degas alla cantante italiana Dalida.Moulin Rouge. Impossibile non conoscerlo. Quest'anno poi il locale festeggia un anniversario importante. Il Moulin Rouge è stato infatti fondato 1889. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="gare-du-nord-il-quartiere-del-buco" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Gare du Nord, il quartiere "del buco" Your browser does not support the video tag. Senza alcuna concertazione il comune di Parigi ha imposto l'apertura di una "stanza del buco" (chiamata salle de shoot in francese), presso l'ospedale Lariboisière, a pochi passi dalla Gare du Nord. Era l'ottobre del 2016 e già residenti e commercianti avevano espresso fortissime riserve sull'iniziativa. Poco più di due anni dopo i nodi sono venuti al pettine. Le strade attorno a questa sala in cui le persone tossicodipendenti possono andare a iniettarsi delle droghe, si sono ritrovate sempre più in baIìa della delinquenza. Se l'idea di combattere la trasmissione di malattie tra i consumatori di droghe e di offrire loro un'assistenza sanitaria, può essere comprensibile, non lo è altrettanto la scelta di obbligare famiglie, piccoli imprenditori o ancora medici generalisti, a subire la violenza di crisi d'astinenza e risse d'ogni genere. Per questo 11 associazioni di abitanti del Decimo e del Diciottesimo arrondissement - riunite nel collettivo Réseau 10-18 - hanno scritto, pochi giorni fa, una lettera ai politici. Le Figaro ne ha riportati alcuni passaggi nell'edizione del 7 marzo. Il tono della missiva mostra quanto gli abitanti siano esasperati. «Rifiutiamo l'accumulazione di tutte le precarietà nei nostri quartieri, dove la legge della giungla ha preso il posto delle leggi della Repubblica». Il presidente dell'associazione Demain La Chapelle, che fa parte del collettivo, è stato ancora più chiaro «ci sono sere che si direbbe che siamo nel terzo mondo». <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem14" data-id="14" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=14#rebelltitem14" data-basename="dove-dormire-1" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Dove dormire 5 stelleHotel Parister, 19 Rue Saulnier, 9° arrondissement, 75009 Parigi, Francia. $$$ - Situato a 900 metri dalla stazione di Gare du Nord, questo hotel cinque stelle offre un ambiente accogliente e ovattato. Ottima la spa. 4 stelle25hours Terminus Nord, 12 Boulevard de Denain, 10° arrondissement, 75010 Parigi, Francia. $$ - Situato a 50 metri dalla stazione, questo hotel quattro stelle offre wifi gratuiti e stanze ricche di confort. Ideale per viaggi d'affari. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem15" data-id="15" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=15#rebelltitem15" data-basename="cosa-vedere-1" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Cosa vedere Wikipedia Maison Fond. Creata dall'artista argentino Leandro Erlich significa letteralmente «la casa che si scioglie». L'opera vuole mostrare gli effetti del surriscaldamento globale sul nostro pianeta.Le Manoir de Paris. Siete affascinati dall'oscuro? Questo è il luogo che fa per voi. Le Manoir è il primo walking show parigino dedicato all'horror. Marché Saint Pierre. Il mercato coperto è famoso per le sue stoffe. Tra i banchi si possono trovare anche alcuni pezzi pregiati. Choco Story. Il museo del cioccolato è una delle mete più di successo di Parigi. Nonostante la posizione in un quartiere non proprio sicuro attira ogni giorno centinaia di appassionati. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="i-bambini-di-strada-tra-la-goutte-d-or-e-barbes" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> I bambini di strada tra la Goutte d'Or e Barbès Tra le situazioni di degrado in questi quartieri, ce n'è una che riporta alla memoria il triste destino dei meninos de rua, brasiliani. In effetti ci sono alcune aree del nord-est di Parigi che sono diventate il rifugio di minori immigrati, abbandonati a se stessi. L'8 febbraio 2018 un gruppo di avvocati parigini ha scritto una lettera alla procura della capitale per allertare sulla situazione «molto preoccupante» di questi minori. I legali avevano redatto una lista di 128 nomi di ragazzini di età compresa tra 13 e 17 anni. Uno dei luoghi di ritrovo di questi disperati è lo square Alain Bashung. In origine era un piccolo parco giochi per bambini. Con la crisi dei migranti è rimasto sì, un luogo frequentato da bambini, ma non per i loro giochi. Li si ritrovano per drogarsi con la colla o bere. Se non sono al parco, questi ragazzini vagano nelle vie circostanti o sui metro', dove capita di vederli pizzicati dai servizi di sicurezza o dalla polizia, intenti a commettere scippi o furti di cellulari e tablet. Per cercare di arginare il problema, nell'estate del 2018, il governo francese ha accolto alcuni poliziotti marocchini, dato che la maggior parte dei ragazzini vengono dal Paese nordafricano. Ma l'impresa non è stata facile perché, come spiegava, lo scorso luglio un articolo della radio Rfi, la presenza dei poliziotti di Rabat in Francia ha ottenuto «reazioni tiepide nella società civile in Marocco, che conta 25.000 ragazzi di strada [...] Isolati dopo drammi famigliari, la morte dei genitori o una profonda miseria. Una volta arrivati nelle città, questi ragazzi si lasciano avvicinare difficilmente…Sono spesso violenti, drogati e senza legami». Dei comportamenti che si riproducono esattamente anche nella capitale francese. Non c'è da sorprendersi se il numero dei poliziotti marocchini inviati a Parigi, era inferiore alla decina. Mentre, secondo il ministero della Giustizia transalpino, nel 2017 erano 813 i minori marocchini detenuti nelle carceri francesi. Forse nessuno vuole indietro questi ragazzini? <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem12" data-id="12" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=12#rebelltitem12" data-basename="dove-dormire-2" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Dove dormire 4 stelleHotel The Playce by Happyculture. 66 Boulevard Barbès, 75018 Parigi, Francia. Un hotel adatto ai più giovani, dallo stile moderno e colorato che offre tanti luoghi dove riunirsi per conoscersi e giocare a calcio balilla. Hotel Mademoiselle. 7 Rue des Petits Hôtels, 10° arrondissement, 75010 Parigi, Francia. Un hotel in perfetto stile parigino, con un cortile interno dove poter fare colazione tutte le mattine, per sentirsi davvero francese. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem19" data-id="19" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=19#rebelltitem19" data-basename="cosa-vedere-2" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Cosa vedere Flickr Fresque Les Gardiennes. Una serie di affreschi colorano i muri del quartiere. Ispirati alla bellezza della natura, vi garantiranno degli scatti incredibili.L'Oasis Meïsō - Le Centre de Flottaison. Lasciati cullare dall'acqua e dalle luci colore, in una spa come non l'avete mai vista.Eglise Saint Bernard de la Chapelle. Una cattedrale neo gotica che raccoglie una serie di dipinti e statue uniche.Bibliotheque Goutte d'Or. Una biblioteca dal look moderno, dove poter leggere comodamente un libro in una delle poltrone affacciate sulle ampie vetrate. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="al-bassin-de-la-villette-mai-dormire-con-la-finestra-aperta" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Al Bassin de la Villette mai dormire con la finestra aperta Tra le stazioni del metro Stalingrad e Jean Jaurès il Canal Saint-Martin cambia nome e diventare Bassin de La Villette. In questo punto il Naviglio parigino, le cui rive sono popolate da molti Bobo' lascia il Decimo arrondissement ed entra nel Diciannovesimo. Da questo punto la "frontiera" del Diciottesimo e il suo quartiere de La Chapelle, distano al massimo qualche centinaio di metri.Anche in questa zona spacciatori e consumatori di crack la fanno da padroni. Numerosi atti di violenza sono stati riportati dalla stampa. L'ultimo in ordine di tempo è avvenuto il 5 febbraio del 2019. Alla fermata del bus 48 Chateau Landon, è scoppiata una rissa nella quale è stata tagliata di netto la mano di un pregiudicato di 29 anni. Il fatto non è accaduto a notte fonda ma poco prima delle 21. La scena è stata filmata dalle telecamere a circuito chiuso di un autobus. In un palazzo situato sul Quai de la Loire, una delle sponde del bacino, lo scorso agosto è stato arrestato un topo d'appartamento che, dopo aver ripulito l'abitazione, ha tentato di violentare la proprietaria donna. Il suo vicino sentendo le grida ha chiamato la polizia e ha permesso l'arresto del malvivente, che si era introdotto nell'appartamento della donna approfittando del gran caldo e delle finestre aperte. Qualche settimana dopo, nella notte del 9 settembre 2018, un uomo ha accoltellato sette persone, ferendone alcune gravemente. Per gli inquirenti si trattava di un consumatore di crack, cliente degli spacciatori della piazza Stalingrad. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem11" data-id="11" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=11#rebelltitem11" data-basename="dove-dormire-3" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Dove dormire 5 stelleGrand Hotel Dechampaigne. 17 rue Jean Lantier, 75001 Parigi, Francia. Arredamenti ricchi dove il rosso la fa da padrone. Balconi che si affacciano sui tetti di Parigi, per un'esperienza d'altri tempi.4 stelleHotel Whistler. 36 rue de Saint Quentin | 10th Arr., 75010 Parigi, Francia. Avete mai immaginato come sarebbe dormire a bordo dell'Orient Express? Con questo hotel, vi sentirete davvero a bordo del leggendario treno. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem20" data-id="20" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=20#rebelltitem20" data-basename="cosa-vedere-3" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Cosa vedere Tripadvisor Fontaine Mouloudji. Una fontana monumentale dal design moderno. Disegnata dall'architetto Davos Hanich.Le Pont Levant de Crimee. Commissionato nel 1885, l'ultimo ponte di sollevamento della capitale svolge ancora circa 9.000 manovre all'anno.Square de la place de Bitche. Vicino al canale Saint-Martin e alla chiesa di Saint-Jacques-Saint-Christophe de la Villette. Un bellissimo luogo per fare una passeggiata o sedersi a sorseggiare un caffè. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem5" data-id="5" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=5#rebelltitem5" data-basename="prostituzione-a-belleville-ma-anche-alle-porte-di-parigi" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Prostituzione a Belleville ma anche alle porte di Parigi Dal belvedere del parco di Belleville, nel cuore del Ventesimo arrondissement, si ha una vista eccezionale su tutta Parigi. Sembra quasi di essere su una collina lontana dal frastuono della città. D'estate i prati di questo parco diventano un patchwork di tovaglie, su cui centinaia di persone fanno il pic-nic. Ma dietro questa immagine da cartolina, Belleville nasconde delle tragedie umane. Quelle di centinaia di ragazze venute da chissà dove, che ogni notte si prostituiscono nel quartiere. A Parigi, i protettori si spartiscono il territorio in base alla nazionalità. Belleville è occupata dalle cinesi. Secondo il settimanale Marianne la prostituzione nigeriana «si concentra attorno al Bois de Vincennes» mentre "le reti dei Balcani restano nell'ovest" della città come nel Bois de Boulogne. Non è facile calcolare quante siano le donne sulla strada ogni notte ma un'indicazione viene da un reportage pubblicato circa un anno fa dal magazine Neon, dopo aver vissuto per una notte, il quotidiano di una di queste prostitute. Il giornale citava un «poliziotto del commissariato di Place des Fêtes», secondo il quale certe notti «ce ne sono almeno quattrocento».La stragrande maggioranza di queste donne è obbligata a prostituirsi perché sono clandestine originarie di paesi in cui regna la miseria. «Non appena arrivate, finiscono sul marciapiede» scriveva il magazine. Ma in questo quartiere del Ventesimo arrondissement, la prostituzione dilaga non solo per strada. Lo ricordava a dicembre il sito d'informazione di quartiere Menil.info che, parlando della riqualificazione di un palazzo, scriveva: «tutti sanno che non è sul Boulevard de Belleville, ma all'interno del quartiere che si concentrano gli appartamenti usati come luoghi di 'consumazione'». Ovviamente la presenza delle reti di sfruttatori della prostituzione si accompagna con altre forme di illegalità che intaccano la reputazione della zona. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem10" data-id="10" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=10#rebelltitem10" data-basename="dove-dormire-4" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Dove dormire 3 stelleHotel Scarlet, 1 Rue Jouye Rouve, 20° arrondissement, 75020 Parigi, Francia. $ - Un vecchio edificio dall'architettura insolita ristrutturato dall'architetto Delphine Vendel.Hipotel Paris Buttes Chaumont Pyrénées. 7 rue Jean Baptiste Dumay, 20° arrondissement, 75020 Parigi, Francia. Camere spaziose e dallo stile contemporaneo, si ispira a uno dei residenti più famosi di Bellville Edith Piaf. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem18" data-id="18" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=18#rebelltitem18" data-basename="cosa-vedere-4" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Cosa vedere My Parisian Life Open air street market. Un mercato dove acquistare i prodotti tipici francesci, specialmente il formaggio. Da gustare con una croccante baguette. Cafe Cherie. Parigi è famosa per i suoi cafè con i tavolini all'esterno. Con il suo stile grunge e le pareti dipinte di rosso, Cafe Cherie è imperdibile.Aux Folie. Con la sua insegna al neon, questo locale si riempie di parigini all'ora dell'aperitivo. Unitevi a loro. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem6" data-id="6" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-parigi-2631283991.html?rebelltitem=6#rebelltitem6" data-basename="fuori-dal-nordest-il-crack-viaggia-in-metro" data-post-id="2631283991" data-published-at="1765466226" data-use-pagination="False"> Fuori dal Nordest il crack viaggia in metro Uno dei vanti di Parigi è la sua rete di linee metropolitane. In totale ce ne sono 16. Permettono di attraversare la capitale francese da est a ovest e da nord a sud in poco più di un'ora. Ma nella metropolitana parigina si possono fare anche brutte esperienze perché alcune stazioni sono diventate il regno del crack. Un servizio diffuso da France 3 lo scorso luglio, segnalava che oltre ad alcune fermate storiche dello spaccio, ormai i pusher sono attivi anche in stazioni della metropolitana del centro. È il caso di Concorde (linee 1, 8 e 12), Madeleine (linee 8, 12, 14) o Notre-Dame de Lorette (linea 12). Ma le stazioni "calde" situate nei quartieri nord orientali di Parigi, sono molto numerose.Ad esempio, nel Diciottesimo le stazioni nelle quali bisogna tenere gli occhi aperti sono quelle della linea 2 a partire da Place de Clichy, in direzione Nation. A due passi dal Moulin rouge e dalla Basilica del Sacre-Coeur ci sono le fermate: Pigalle dove si può prendere la linea 12, Barbès-Rochechouart dove si incontra la linea 4, La Chapelle che è collegata alla Gare du Nord. Lo stesso discorso vale per linea 12. Le fermate più rischiose sono Marx Dormoy e Porte de La Chapelle. Il reportage di France 3 inseriva tra le piazzeforti dello spaccio anche le stazioni Lamarck-Caulaincourt, Marcadet-Poissonniers, dove arriva anche la linea 4. Su questa linea va segnalata anche la fermata di Chateau Rouge. Nel Decimo arrondissement è lo snodo della Gare du Nord a destare più preoccupazioni. Lì si incrociano le linee 4 e 5 oltre ai treni suburbani della Rer B e C. Passando nel Diciannovesimo arrondissement, i punti sensibili sono quelli delle stazioni della linea 2. La prima è quella di Stalingrad, dove passano anche le linee 5 e 7. La seconda è la fermata Jean Jaurès dove si incrociano le linee 5 e 7bis. Nel Ventesimo arrondissement, le stazioni da tenere d'occhio sono quelle della linea 11, come Belleville.
Il Consiglio d’Europa, promotore dei diritti umani, valida il nostro modello per la gestione dei flussi in accordo con Paesi terzi. Ok agli hub «esterni» destinati agli irregolari. Giorgia Meloni: «Il protocollo Albania diventa prassi». Smacco a Ong e giudici solidali.
«Da oggi il Piano Mattei è una strategia europea». Giorgia Meloni scandisce soddisfatta la frase, consapevole che il progetto - costruito due anni fa anche per regolamentare le migrazioni - avesse un senso, una concretezza e un’adesione al diritto internazionale al di là delle pernacchie da curva sud della sinistra cattodem, dei giudici e delle ong a rimorchio. Alla conversione a U dell’Unione su uno dei temi chiave per la sua stessa esistenza mancava un sì: è arrivato ieri dal Consiglio d’Europa, l’organismo più appiattito sui presunti diritti universali, direttamente collegato alle associazioni umanitarie di ogni ordine e grado, sempre pronto a denunciare violazioni dei diritti umani, con attenzione maniacale alle forze dell’ordine italiane. Ebbene: sì a cambiare politica, sì ai rimpatri dei richiedenti asilo respinti, sì a rispedire al mittente i criminali, sì agli hub in Paesi terzi, per esempio l’Albania.
«La strumentalizzazione della migrazione, il traffico di migranti, la tratta di esseri umani e altre attività criminali che minacciano la stabilità e la sicurezza sono sfide reali e legittime». Lo ha detto il segretario generale del Consiglio d’Europa (da non confondere con il Consiglio Ue) Alain Berset, svegliatosi da un lungo sonno, nel suo discorso a Strasburgo durante il summit sull’immigrazione con i ministri dei 46 Stati membri. Ora anche per il braccio amnesty dell’Europa «elaborare un modello di accordo per i rimpatri e le esternalizzazioni» è diventata una priorità. E lo strumento giuridico dovrà indicare chiaramente «come gli Stati interpretano la convenzione nei casi di migrazione, anche in relazione alle attività criminali».
L’allineamento del Consiglio è arrivato dopo due eventi decisivi. 1) La lettera aperta firmata da nove Stati, fra i quali l’Italia, nella quale si contestava alla Corte europea dei Diritti dell’uomo (Cedu) un’eccessiva interferenza nelle politiche migratorie delle nazioni sovrane. 2) Il voto di 27 Paesi favorevoli al cambio di passo, con richiesta - anche questa promossa da Italia e Danimarca - di aggiornare la Convenzione dei Diritti dell’uomo, abbandonando la visione ideologica per garantire che «la sicurezza ai cittadini sia tutelata e non subordinata a interpretazioni della legge favorevoli a individui che hanno commesso gravi violazioni».
In sintesi i rappresentanti dei Paesi membri hanno ribadito la necessità che «il testo tenga conto della responsabilità fondamentale dei governi di garantire gli interessi vitali nazionali, quali la sicurezza e l’ordine pubblico». Il segretario generale Berset ha fiutato il vento, ha recepito e ha indicato anche una tempistica: subito la stesura di una dichiarazione politica del Comitato dei ministri sui temi dell’immigrazione, da adottare già a maggio nella riunione plenaria di Chisinau (Moldova); in seguito il Consiglio formalizzerà un documento che dovrebbe essere pronto fra 12-18 mesi, con la consueta calma della grassa euroburocrazia.
Una vittoria su tutto il fronte per Giorgia Meloni e il suo governo, che lunedì sul regolamento dei rimpatri avevano incassato il sì del Consiglio affari interni dell’Ue. Ieri a Bruxelles c’era la Conferenza dell’Alleanza globale contro il traffico di migranti, con 80 delegazioni degli Stati membri, partner internazionali, Paesi africani. Collegandosi in video, il premier italiano ha mostrato soddisfazione: «Gestire i flussi migratori è possibile, un’alternativa concreta alla tratta di esseri umani è fattibile e la legalità deve essere al primo posto. Il drastico calo dei flussi migratori irregolari, la significativa diminuzione dei decessi e delle sparizioni nel Mediterraneo dimostrano che la cooperazione sta funzionando. L’Italia ha proposto soluzioni innovative che ora sono viste con interesse e stanno diventando prassi comuni. Mi riferisco in primis al protocollo Albania. Oggi il Piano Mattei non è solo una strategia italiana ma diventa una prassi europea».
Con un problema umano che discende dalla bontà dell’iniziativa: Ursula von der Leyen prova a intestarsi l’idea. Dimenticandosi con un atto di rimozione freudiana del «grande abbraccio ai popoli in cammino» e dell’accoglienza diffusa (tanto cara anche a Sergio Mattarella), il presidente della Commissione ha benedetto la sterzata, ha annunciato che «gli arrivi dei migranti irregolari sono in calo, -26% quest’anno e -37% l’anno scorso». E ha salutato con fervore il contrasto agli scafisti, «perché il traffico di migranti è una forma di schiavitù moderna e dobbiamo fare di più per combatterla». Neanche fosse improvvisamente favorevole a bucare con il trapano le chiglie dei barconi. Con un lampo da commedia dell’arte ha aggiunto, mentre le si allungava il naso: «Il nostro principio guida qui nell’Ue è che siamo noi europei a decidere chi arriva in Europa e ne attraversa i confini, e in quali circostanze, non i trafficanti». Fino all’altro ieri sembrava l’esatto contrario.
In un eccesso trumpiano, la nuova Ursula ha concluso con un’abiura: «Abbiamo un progetto per porre fine al business del traffico di migranti in tutto il mondo. Dobbiamo impedire i viaggi e dimostrare alle potenziali vittime che esistono sempre alternative più sicure». Sembrava Marine Le Pen. Forse sta davvero cambiando il vento. Se così fosse, a fare il tifo per gli scafisti rimarranno i giudici rossi, le associazioni che si arricchiscono sui disperati e Laura Boldrini.
Il Castello Mackenzie di Genova. A destra, il dettaglio della torre (Ansa)
All'inizio del secolo XX il fondatore di Alleanza assicurazioni realizzò una dimora da sogno. Occupata da tedeschi e americani, fu usata anche dai Carabinieri nel dopoguerra. Recuperata negli anni '80 dopo il declino, oggi è tornata agli antichi fasti.
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Ewan Mackenzie, di padre scozzese, era toscano fin nel midollo. Da Firenze, la città che lo vide nascere nel 1852, assorbì la passione per l’arte e la letteratura del Rinascimento e dell’opera di Dante di cui fu collezionista delle edizioni più rare della Commedia.
Mackenzie si trasferì a Genova come agente dei Lloyds di Londra. Qui alla fine del secolo XIX fonderà un impero in campo assicurativo, l’Alleanza Assicurazioni. Il grande successo imprenditoriale gli permise di coronare il sogno di una vita: quello di dare nuova forma al Rinascimento toscano nella città della Lanterna con la costruzione di una dimora unica nella zona degli antichi bastioni di san Bartolomeo al Castelletto che dominano Genova ed il porto antico. Trovò nell’esordiente architetto fiorentino Gino Coppedè la professionalità giusta per realizzare la sua nuova dimora. Quest’ultimo era figlio d’arte di uno degli ebanisti più quotati dell’epoca, Mariano Coppedé. I lavori di costruzione del capolavoro dell’eclettismo tipico degli anni a cavallo tra i secoli XIX e XX iniziarono nel 1897 per concludersi 9 anni più tardi, nel 1906. Il castello, che cambiò la prospettiva dalla vicina piazza Manin, era un capolavoro di arte ispirata al Medioevo ed al Rinascimento. La torre principale ricordava quella di Palazzo Vecchio a Firenze, mentre mura, nicchie torrette e merletti, compresi i fossati e i ponti, facevano pensare ai manieri medievali. All’interno dominava la boiserie della bottega Coppedé, nelle oltre 80 stanze della dimora. Non mancava un tocco di modernità nell’impianto di riscaldamento centralizzato e nell’acqua calda disponibile in tutta la casa. Il palazzo ospitava anche una piscina riscaldata ed un ascensore di grande capienza. Nei sotterranei erano state ricavate grotte scenografiche, ispirate alla Grotta Azzurra di Capri, con statue mitologiche e giochi d’acqua, e non mancava un luogo dedicato alla preghiera, una cappella in stile neogotico con vetrate artistiche, ed una immensa biblioteca dove erano conservate le edizioni più preziose della Commedia dantesca. Il castello fu abitato dalla famiglia fino alla morte del proprietario avvenuta nel 1935. La figlia di Ewan, Isa Mackenzie, la cedette poco dopo ad una società immobiliare. Dopo l’8 settembre 1943 fu requisito dai tedeschi e scampò per miracolo ai pesantissimi bombardamenti sulla città. Nel dopoguerra fu brevemente occupato dagli Alleati prima di essere destinato a diventare una stazione dei Carabinieri, che rimasero fino al 1956 quando il castello fu dichiarato monumento nazionale. In seguito fu adibito a sede di una società sportiva, la Società Ginnastica Rubattino, e dagli anni Sessanta andò incontro ad un declino durato per tutto il decennio successivo. Solo negli anni seguenti la dimora da sogno di Mackenzie poté essere recuperata al suo splendore originario. Nel 1986 il magnate e collezionista d’arte americano Mitchell Wolfson Jr. rilevò il castello ed iniziò un complesso restauro a partire dal 1991 prima di cederlo a sua volta a Marcello Cambi, famoso restauratore toscano e patron dell’omonima casa d’aste della quale il castello divenne la sede, dopo un’ulteriore restauro da parte del grande architetto genovese Gianfranco Franchini, tra i progettisti assieme a Renzo Piano e Richard Rogers del Centro Georges Pompidou di Parigi.
La scritta sulla parete del Colosseo per festeggiare il riconoscimento (Ansa)
Certificato il valore culturale della tradizione gastronomica. Giorgia Meloni: sono fiera. Il riconoscimento sarà un volano economico.
Dopo un surplus di produzione in Nuova Zelanda e Usa, al dicastero dell’Agricoltura è stata raggiunta un’intesa che fissa una nuova quotazione a 54 centesimi al litro per il prezzo del latte.
Lo speciale contiene due articoli
Aveva ragione Archibald Cronin, stavolta le stelle stanno a guardare. La cucina italiana è patrimonio mondiale immateriale dell’umanità dell’Unesco (la decisione, scontata visto che il comitato tecnico aveva detto già sì, è arrivata ieri a Nuova Dehli dove era riunito il board intergovernativo) e segna la rivincita della «pizza e mortazza» sulla spuma di mortadella. Il circo Barnum della gastronomia ricchi premi e cotillon deve fare professione di umiltà. Questo titolo - ci hanno lavorato tre ministeri: Agricoltura e Sovranità alimentare con Francesco Lollobrigida che ha fatto di tutto per sostenere il comitato promotore composto da Accademia della cucina, La cucina italiana e la fondazione Casa Artusi; Affari esteri con Antonio Tajani che, felicissimo, ha presenziato alla proclamazione e Cultura con Alessandro Giuli e il sottosegretario Gianmarco Mazzi -premia le ricette di casa, la straordinaria diversità gastronomica dei nostri territori e nulla ha a che fare con le basse temperature, le sferificazioni, gli esperimenti da piccolo chimico.
La rincorsa per arrivare a questo traguardo è stata presa cinque anni fa e il «mastino» dei dossier, il professor Pier Luigi Petrillo - è anche il presidente dell’Organo degli esperti mondiali dell’Unesco - non ha mai mollato la presa, anche perché la cucina italiana non è stata designata come pratica gastronomica, ma come valore culturale in forza della biodiversità espressa dalle tante cucine territoriali in rapporto all’ambiente agricolo. Ecco perché le stelle stanno a guardare. Ha vinto la tradizione, il braciere e non il sifone, non gli artifici che affascinano il bel mondo autoreferenziale dei presunti esperti. Hanno vinto i cuochi artusiani contro gli chef «astrusiani» o i cosiddetti cuochi d’artificio; hanno prevalso i salumifici, i caseifici, gli oleifici, i panettieri, gli allevatori e cerealicoltori, ha vinto l’Italia che suda la terra, fa la sfoglia e innova.
La motivazione parla chiaro: «La cucina italiana è patrimonio mondiale dell’umanità perché va oltre i piatti, rappresentando una forma di vita, un’identità culturale e un modello di socialità, sostenibilità e diversità. I motivi principali includono la trasmissione di saperi e affetti tra generazioni, l’equilibrio tra uomo e ambiente (biodiversità, antispreco), la convivialità che unisce comunità e famiglie, e il legame profondo con i territori e i loro prodotti».
Ma ha anche un altissimo valore culturale ed economico. Lo ha colto Giorgia Meloni che in un messaggio sottolinea: «È una notizia che mi riempie d’orgoglio», ha detto il presidente del consiglio. «Siamo i primi al mondo a ottenere questo riconoscimento che onora la nostra identità. Per noi italiani la cucina non è solo cibo, non è solo un insieme di ricette. È molto di più: è cultura, tradizione, lavoro, ricchezza. La nostra cucina nasce da filiere agricole che coniugano qualità e sostenibilità. Custodisce un patrimonio millenario che si tramanda di generazione in generazione. Cresce nell’eccellenza dei nostri produttori e si trasforma in capolavoro nella maestria dei nostri cuochi. E viene presentata dai nostri ristoratori con le loro straordinarie squadre. Già oggi esportiamo 70 miliardi di euro di agroalimentare, e siamo la prima economia in Europa per valore aggiunto nell’agricoltura. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per nuovi traguardi. Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida, ringrazio prima di tutto i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier». «Ma è una partita», ha concluso Meloni, «che abbiamo vinto insieme al popolo italiano, insieme ai nostri connazionali all’estero, insieme a tutti coloro che nel mondo amano la nostra cultura, la nostra identità e il nostro stile di vita».
A fare due conti la ricaduta economica è consistente. I ristoranti italiani - sono quasi 200.000, non tutti di qualità, e il bollino Unesco ora obbliga a maggior qualità, cura e aderenza alla tradizione - fatturano 100 miliardi, quelli all’estero sono il 19% della ristorazione mondiale, il sistema agroalimentare allargato vale 700 miliardi e dà lavoro a 4,5 milioni di italiani.
Il ministro per la Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida - in una telefonata ha registrato il compiacimento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella - che è orgoglioso assai per questo traguardo sottolinea: «Questo riconoscimento produrrà una crescita dal punto di vista economico eccezionale, porterà vantaggi in termini di occupazione e lavoro, rafforza la posizione del nostro Paese anche sul fronte della situazione internazionale e dei dazi, per due ragioni: una è la promozione che permette di avere garanzia di vendere di più e meglio; l’altra è il contrasto all’Italian sounding (vale 130 miliardi, quasi il doppio del nostro export ndr), cioè alle imitazioni che ci derubano di quel sapere che ci è stato tramandato ed è stato protetto per generazioni».
Il che rende ancora più urgente in sede europea ottenere l’etichetta d’origine, l’estensione della tutela dei prodotti a marchio e la clausola di reciprocità sulle importazioni. L’Italia contava già sull’arte dei pizzaioli, sulle viti ad alberello di Pantelleria, sulla dieta mediterranea così come la Francia ha il riconoscimento per il pasto gastronomico, il Messico e la Corea per una cucina regionale, il Giappone per la cucina tradizionale, ma nessuno mai ha avuto riconosciuta la cucina come simbolo identitario. A significare che le mille e mille ricette messe insieme definiscono un valore unico: il vivere all’italiana.
Accordo ponte sul prezzo del latte
Per il latte che approda a una tregua si apre la crisi del pomodoro. È un momento di forti oscillazioni dei prezzi sui mercati agricoli dovute in gran parte a rallentamenti di domanda e d’incremento d’offerta dovuto all’import. Un surplus di produzione in Nuova Zelanda (più 3,2%) e negli Usa (più 1,8%) dove gli allevatori hanno deciso di lanciare un’offensiva sui mercati mondiali ha fatto crollare le quotazioni. Con gravi ripercussioni sulle quotazioni del Grana Padano e del burro.
Ma anche Germania, Francia e Olanda ci hanno messo del loro con forti aumenti di produzione. Tutto perché negli ultimi mesi del 2024 e nei primi di quest’anno c’era stata una forte impennata del prezzo. Si è arrivati a pagare un litro spot (in cisterna sfuso) fino a 73 centesimi e tutti si sono buttati a incrementare la produzione (nelle nostre tre Regioni di maggior peso Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto le consegne sono aumentate del 2,6% con punte anche del 4), il che ha determinato un crollo verticale del prezzo arrivato sotto i 48 centesimi al litro, una quotazione ritenuta insostenibile.
Così martedì si è aperto un paracadute sulle stalle. Al ministero dell’Agricoltura è stato raggiunto un accordo ponte che fissa un prezzo minimo del latte spot (sfuso alla stalla) a 54 euro a ettolitro per le consegne di gennaio, di 53 euro per febbraio e di 52 a marzo. L’accordo prevede anche aiuti all’internazionalizzazione e all’integrazione della filiera, acquisti di latte e di formaggi per gli indigenti, un’intesa sulle produzioni medie per evitare sforamenti.
Si è trattato di un intervento di emergenza messo in piedi dal ministro Francesco Lollobrigida perché a gennaio scade circa il 10% dei contratti di acquisto da parte dell’industria alimentare e c’era il rischio che non venissero rinnovati a causa delle massicce importazioni in dumping. Complessivamente sodisfatte le organizzazioni agricole: Coldiretti parla di pericolo scampato anche se gli allevatori restano con la guardia alzata. Una proposta innovativa viene da Giovanni Guarneri - presidente del settore lattiero-caseario di Confcooperative che mette insieme 14.000 stalle per 8 miliardi di fatturato - che chiede un’organizzazione comune di mercato a livello europeo (un po’ come col vino) perché «diversamente tra qualche mese saremo di nuovo con gli stessi problemi».
Se il latte supera la crisi si apre ora quella del pomodoro. Nonostante ci sia stato l’accordo sul prodotto da industria per il pomodoro fresco si è aperta una fase di forte flessione dei prezzi: meno 17% a ottobre e meno 20% a novembre con incremento di domanda (più 10% a ottobre e più 7% a novembre) che non riesce a compensare la perdita di valore. E anche qui, come per il latte, i problemi vengono dall’import dai Paesi del Nord Africa e dai prodotti lavorati che arrivano dalla Cina.
Da sinistra, Keir Starmer, Friedrich Merz ed Emmanuel Macron (Ansa)
Il «Washington Post»: nel piano di pace, l’adesione dell’Ucraina è anticipata al 2027. Telefonata tra Donald Trump, Keir Starmer, Friedrich Merz ed Emmanuel Macron. Colloquio di Volodymyr Zelensky con i delegati Usa e Larry Fink. BlackRock sulla ricostruzione. Oggi nuova riunione dei volenterosi.
Bart De Wever: «Tensione alta». Intanto spunta pure la grana degli arbitrati per 53 miliardi.
Lo speciale contiene due articoli
Il processo diplomatico ucraino è a una svolta? Per il momento, non è facile dare una risposta. Ieri, Volodymyr Zelensky ha annunciato che Kiev era pronta a inoltrare agli Stati Uniti la propria versione della proposta di pace. «Parallelamente, stiamo ultimando i lavori su 20 punti di un documento fondamentale che può determinare i parametri per porre fine alla guerra e prevediamo di trasferire il documento agli Stati Uniti nel prossimo futuro, dopo il nostro lavoro congiunto con la squadra del presidente Trump e i partner in Europa», ha affermato. Sempre ieri, il presidente ucraino ha reso noto di aver avuto una discussione «produttiva» sulla ricostruzione dell’Ucraina con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, con il genero di Donald Trump, Jared Kushner, e con il ceo di BlackRock, Larry Fink.
Nel frattempo, il Washington Post ha riferito che gli Stati Uniti punterebbero a risolvere la crisi ucraina, ricorrendo a uno scenario di tipo coreano. In altre parole, si stabilirebbe un cessate il fuoco lungo l’attuale linea di contatto e verrebbe successivamente istituita una zona demilitarizzata. In questo quadro, l’Ucraina risulterebbe «una nazione sovrana, i cui confini sono protetti da garanzie di sicurezza internazionali, che fa parte dell’Unione europea e che ricostruirà la sua economia con grandi investimenti da parte degli Stati Uniti e dell’Europa». Secondo la testata americana, l’amministrazione Trump riterrebbe probabile un ingresso di Kiev nell’Ue nel 2027, superando il veto dell’Ungheria. Dall’altra parte, le garanzie di sicurezza fornite all’Ucraina ricalcherebbero quelle dell’articolo 5 della Nato. Inoltre, la centrale nucleare di Zaporizhia non cadrebbe in mani russe, ma potrebbe essere direttamente gestita dagli Stati Uniti. Infine, i beni russi congelati dovrebbero essere trasferiti, almeno in parte, all’Ucraina, per renderne possibile la ricostruzione e rilanciarne lo sviluppo economico. A tal proposito, BlackRock potrebbe creare un fondo di sviluppo per la ricostruzione dal valore di 400 miliardi di dollari. Non è tuttavia al momento chiaro come verrà risolta la spinosissima questione dei territori. «Stiamo pensando di rinunciare a qualche territorio? Non ne abbiamo alcun diritto legale - secondo la legge ucraina, secondo la nostra Costituzione, secondo il diritto internazionale - e onestamente, non ne abbiamo nemmeno alcun diritto morale», ha dichiarato Zelensky lunedì scorso, ribadendo una posizione in contrasto con quella della Casa Bianca. Donald Trump sta infatti cercando di convincere da tempo il presidente ucraino a cedere alcune aree, a partire dal Donbass. Nel frattempo, ieri è tornato a parlare il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov. «Risponderemo a qualsiasi azione ostile, incluso il dispiegamento di contingenti militari europei in Ucraina e l’espropriazione di beni russi. E siamo già preparati a questa risposta», ha dichiarato. Oltre ad accusare gli europei di «ostacolare artificialmente» i negoziati di pace, Lavrov ha anche definito Trump come «l’unico leader occidentale» che «comprende le ragioni che hanno reso inevitabile la guerra in Ucraina». Frattanto, sempre ieri, Trump ha avuto un colloquio telefonico con Keir Starmer, Friedrich Merz ed Emmanuel Macron. «I leader hanno discusso le ultime novità sui colloqui di pace in corso guidati dagli Stati Uniti, accogliendo con favore i loro sforzi per raggiungere una pace giusta e duratura per l’Ucraina e per porre fine alle uccisioni», ha reso noto Downing Street, per poi aggiungere: «Hanno convenuto che questo è un momento critico per l’Ucraina, il suo popolo e per la sicurezza condivisa nella regione euro-atlantica». Il colloquio di ieri è arrivato dopo giorni di tensione tra la Casa Bianca e il Vecchio Continente. Basti pensare che, in una recentissima intervista a Politico, il presidente americano aveva bollato i leader europei come «deboli». Tutto questo, mentre, negli scorsi giorni, è tornata a crescere l’irritazione di Trump verso Zelensky, il quale ha annunciato per oggi una nuova riunione dei volenterosi.
In tutto questo, ieri il presidente ucraino ha lanciato l’allarme sui legami tra Mosca e Pechino. «La Cina sta adottando misure per intensificare la cooperazione con la Russia, in particolare nel campo dell’industria militare. I servizi di intelligence dei partner dispongono di informazioni simili», ha dichiarato. Ricordiamo che, appena pochi giorni fa, Macron si è recato nella Repubblica popolare cinese, dove, cercando di imbastire un processo diplomatico alternativo a quello della Casa Bianca, ha chiesto a Xi Jinping di fare pressioni sul Cremlino, per convincerlo ad accettare un cessate il fuoco. Del resto, è proprio l’atteggiamento dell’inquilino dell’Eliseo a costituire una delle principali cause degli attuali attriti tra Stati Uniti e Vecchio Continente. Oltre a creare fibrillazioni con tra gli europei e Washington, il presidente francese rischia adesso di scontentare anche lo stesso Zelensky, di cui, almeno a parole, si professa un alleato granitico. È infatti tutto da dimostrare che Pechino auspichi realmente una conclusione della crisi ucraina.
Ursula tira dritto sugli asset russi ma il Belgio minaccia di fare ricorso
Mentre Bruxelles, sorda agli avvertimenti di Euroclear, della Bce, e del premier belga Bart De Wever, continua la sua crociata kamikaze per utilizzare i beni russi congelati a sostegno di Kiev, emergono pure degli arbitrati che dovrebbero essere più che sufficienti per considerare una marcia indietro.
La European trade justice coalition (Etjc), ovvero la rete europea di Ong e gruppi della società civile che monitora le politiche commerciali Ue, ha messo in luce che gli oligarchi russi e le aziende colpite dalle sanzioni hanno avviato arbitrati in Europa per oltre 53 miliardi di euro. Si tratta di una cifra enorme: basti pensare che raggiunge quasi l’assistenza militare fornita dall’Ue all’Ucraina dall’inizio della guerra. Trovandosi con i propri beni congelati, gli oligarchi usano il meccanismo per la risoluzione delle controversie tra investitori e Stati, denominato Isds: previsto nell’ambito di Trattati bilaterali di investimento (Bit) tra due Paesi, permette agli investitori internazionali «danneggiati» da cambiamenti giuridici o politici di rivolgersi al tribunale arbitrale internazionale. Questa dinamica non dovrebbe essere presa sottogamba, visto che solamente nel 2025 è stata avviata o annunciata più della metà dei 28 ricorsi, tramite società registrate sul territorio europeo.
Uno dei casi più rilevanti riguarda la richiesta di 13,7 miliardi di euro avanzata dall’oligarca russo, Mikhail Fridman, contro il Lussemburgo. Passando al Belgio, quattro investitori russi con i fondi bloccati in Euroclear hanno notificato a settembre la volontà di avviare arbitrati. D’altronde a ottobre, lo stesso De Wever ha fatto presente ai leader europei che l’iniziativa della Commissione sugli asset congelati avrebbe potuto violare gli accordi bilaterali di investimenti con la Russia. Proseguendo con i casi citati da Etjc, la compagnia petrolifera russa Rosneft ha minacciato una causa contro la Germania per aver messo sotto tutela i suoi beni per quasi 6 miliardi di euro. E anche in Francia e nel Regno Unito sono state avviate azioni legali.
Quest’ultimo tassello pare non frenare Bruxelles. Secondo il Financial Times, l’Ue mira ad approvare già questa settimana la decisione per immobilizzare a tempo indeterminato i beni russi congelati. In questo modo, scavalcando il rinnovo delle sanzioni ogni sei mesi, non servirebbe il voto all’unanimità, aggirando quindi il veto del premier ungherese, Viktor Orbán. A promettere battaglia contro Bruxelles è De Wever. «La partita non è finita e la tensione rimarrà alta fino all’ultimo momento» ha detto alla Camera dei rappresentanti, annunciando che non esclude un’azione legale qualora l’Ue procedesse senza considerare i rischi che gravano sul Belgio. Ha anche reso noto che Euroclear sta valutando la possibilità di ricorrere alla Corte europea.
Un altro paradosso riguarda la fornitura di armi all’Ucraina. Sono in corso, infatti, le trattative tra Varsavia e Kiev: la Polonia invierebbe i jet MiG-29 all’Ucraina che, in cambio, trasferirebbe a Varsavia la tecnologia per droni. A tal proposito, su X, lo Stato Maggiore delle forze armate polacche ha dichiarato che «questa solidarietà deve essere reciproca». Ma la «solidarietà reciproca» non è tanto a vantaggio di Kiev, visto che si tratta di aerei da mandare in pensione. Il ministro della Difesa polacco, Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, ha detto in radio: «Tra qualche tempo, gli aerei MiG-29 non saranno più in servizio nell’aeronautica militare polacca a causa della loro vita operativa ormai esaurita». Sulla stessa linea, lo Stato Maggiore dell’esercito della Polonia ha spiegato che l’eventuale trasferimento deriva dalla mancanza di iniziative per modernizzare i vecchi caccia di progettazione sovietica.