2020-09-19
«Fra poco andremo a vedere i film all'Apple store»
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Il regista Marco Limberti racconta lo stato della settima arte: dal set alle sale cinematografiche. «Per un film da tre milioni, vanno spesi almeno 100.000 euro per le misure anti Covid». Mentre il grande schermo fatica a ripartire, la televisione registra risultati da record. «L'eredità lasciata dal lockdown continuerà a far sentire i propri effetti come fattore trasformativo del mercato» ha dichiarato il country manager di ViacomCbs Alberto Carrozzo.Beautiful ha ripreso a girare ma, per evitare danni sanitari, i produttori della soap hanno avuto la brillante idea di sostituire gli attori con dei manichini durante i baci più appassionati. Lo speciale contiene tre articoli e gallery fotografiche.Marco Limberti lavora nel cinema da oltre 13 anni. Nella sua carriera ha collaborato come regista e sceneggiatore con alcuni dei più grandi nomi del grande schermo come Giovanni Veronesi, Leonardo Pieraccioni, Paolo Virzì e Vincenzo Salemme, con cui sta per iniziare a girare un nuovo film tra i quartieri di Napoli. Qual è lo stato dell'industria cinematografica post Covid?«Direi più che altro nel bel mezzo del Covid (ride, ndr). È vero che la situazione è migliorata rispetto al periodo immediatamente successivo al lockdown, dove le riprese erano completamente ferme. Tutte quelle dichiarazioni riguardo la riapertura di alcuni set nel mese di giugno erano funzionali alla diffusione di un ideale di ripartenza, ma avevano ben poco riscontro nella realtà. Oggi le cose sono decisamente diverse. Ho avuto modo di parlare con alcuni attrezzisti ed è impossibile trovare una macchina da presa disponibile». Cosa significa girare un film in questo periodo?«Sono cambiate tante cose negli ultimi sei mesi. Chi è già tornato sul set si trova a dover applicare una serie di regole molto severe per assicurare la sicurezza degli attori e il resto della squadra. Vanno inoltre sottoscritte assicurazioni specifiche al Covid per essere tutelati in caso di “fermo set". Oggi più che mai è fondamentale riuscire a realizzare una pellicola nei tempi previsti, visto che girare un film è diventato esponenzialmente più oneroso».Quanto costa un film ai tempi del coronavirus?«Prendiamo ad esempio un film con tre milioni di budget. Bisogna calcolare un'ulteriore spesa di 100.000 euro per mascherine, igienizzante e tamponi. Questi ultimi vanno fatti almeno una volta a settimana per assicurarsi che non ci siano contagi».È scoraggiante trovarsi a far fronte a queste ulteriori problematiche?«La fortuna di lavorare nel cinema è che questo settore, più di altri, è capace di gestire i periodi più difficili. Basti pensare al periodo del neorealismo dove registi come Roberto Rossellini continuavano a girare i loro film anche sotto le bombe».Il governo sta facendo qualcosa per supportare il ritorno del cinema italiano?«In questi giorni chi va a Napoli trova un vero e proprio set a cielo aperto. Girerò lì il prossimo film di Vincenzo Salemme, ma ci sono già tanti colleghi all'opera per cinema e tv. De Luca ha parlato di dare tamponi gratis, che sarebbe un grande aiuto». Marco Limberti sul setCome sceneggiatore, è diventato più difficile concepire un nuovo film, magari con un grande cast, in questo periodo?«Ne stavo parlando con un mio collega e amico qualche giorno fa. È iniziato tutto da una domanda che ha pubblicato sul suo profilo Twitter. “Per quanto tempo ancora sarà accettato vedere sullo schermo una persona senza mascherina?" È un quesito affascinante e ben si lega alla notizia del nuovo film di Vanzina (Lockdown all'italiana, ndr). In tanti hanno già criticato la pellicola senza vederla - cosa che io non ho mai concepito - ma in effetti per quanto tempo ancora possiamo fare finta che il coronavirus non esista e non abbia cambiato il nostro modo di vivere?»Dai problemi al set si passa a quelli delle sale vuote.«Non è un mistero che da anni le sale cinematografiche stiano vivendo un momento di crisi. Il Covid ha reso drammatica una situazione che già aveva iniziato a dare segnali d'allarme. Nel cinema italiano ci sono poche pellicole capaci di fare record di incassi e così aiutare a bilanciare i conti per tutte quelle pellicole dal risultato mediocre».Il Tenet di Christopher Nolan ha fatto il suo debutto in sala, mentre la Disney ha preferito puntare allo streaming per il live action di Mulan. Cosa pensi di queste scelte?«Il molti parlavano di Tenet come del film che avrebbe risollevato l'industria del cinema dopo il lockdown, ma è finito col guadagnare una cifra irrisoria rispetto ai numeri cui eravamo abituati. Per quanto riguarda la Disney è ancora difficile capire se il loro metodo darà i suoi frutti. Sicuramente è un'azienda nota per essere pioniera nel settore dell'intrattenimento e il successo della sua piattaforma di streaming - forse complice il lockdown - è stato incredibile, ma come ho detto è difficile dare una valutazione così presto».Cosa ne pensa dello streaming più in generale?«Credo offra grandi opportunità per chi lavora nel cinema. Possiamo prenderci una pausa dall'ansia da incassi che ci perseguita a ogni pellicola terminata ed esplorare nuovi generi. Un produttore come Netflix o Amazon potrebbe essere interessato a un film horror o un thriller che invece non verrebbe mai prodotto nel modo tradizionale». Crede che il futuro del cinema si nasconda proprio tra questi nuovi produttori?«Sicuramente saranno un player molto importante per questo mercato. Nelle ultime settimane si è parlato di una possibile acquisizione da parte di Amazon della catena di sale cinematografiche più importante degli Usa (Amc, ndr). Non è difficile immaginare un cinema targato Apple, Amazon o Netflix nel futuro. Tutto questo può essere una terribile notizia per i piccoli esercenti che dovranno battersi con questi giganti dell'intrattenimento, ma allo stesso tempo potrebbe essere una possibilità per continuare a lavorare e proiettare film in sala». Se il Covid potesse apportare un solo cambiamento all'industria cinematografica, quale vorrebbe che fosse?«Oggi in Italia si producono dai 200 ai 300 film all'anno. Se dovessi elencarteli tutti, alcuni dei titoli non ti direbbero nulla. Molte di queste pellicole non finiscono nelle sale e risultano un prodotto di nicchia. Ecco vorrei che il cinema imparasse a puntare di più sulla qualità. Fare meno film, ma meglio. Durante il periodo di lockdown sono certo che molte persone si siano avvicinate al cinema, quindi è il momento di aiutarli a coltivare questa passione».
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