2023-02-19
Spallata cinese a Erdogan per fare da paciere
Jens Stoltenberg e Recep Tayyip Erdogan (Ansa)
Al G7 di Monaco, Pechino invita le parti al dialogo mentre Dmytro Kuleba annuncia che «i caccia arriveranno». E i Paesi occidentali parlano di «raddoppio degli aiuti militari». Ursula von der Leyen: «Lo zar fallirà». Kamala Harris attacca Mosca: «Crimini contro l’umanità».Il capo della Nato: «Non ci sono opzioni senza pericoli». Ma così vale anche il nucleare.Lo speciale contiene due articoli.Con l’assenza di Russia e Iran, non invitate alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, e la Turchia alle prese con le drammatiche conseguenze del terremoto, c’era molta attesa per la presenza della delegazione cinese. A rappresentare Pechino è arrivato il responsabile degli Affari esteri del Partito comunista cinese, Wang Yi, che ha dato l’impressione di voler occupare la sedia del mediatore sulla quale si era seduto negli scorsi mesi Erdogan, annunciando che Pechino presenterà la sua proposta per una soluzione della crisi in Ucraina. Wang Yi ha chiesto una risoluzione del conflitto in Ucraina attraverso il dialogo: «I problemi tra Paesi non dovrebbero essere risolti attraverso pressioni o sanzioni unilaterali. La pace dovrebbe avere una possibilità». Nel suo discorso, l’inviato di Pechino ha parlato anche del pericolo rappresentato dalla possibile escalation nucleare: «Non ci devono essere guerre nucleari, va evitata una catastrofe. Perciò ci dobbiamo impegnare insieme contro l’uso di armi chimiche e biologiche». A questo proposito, l’Italia è molto impegnata in questi giorni a sostenere gli sforzi dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), l’organo ufficiale dell’Onu in materia di energia nucleare, affinché la centrale nucleare di Zaporizhzhia diventi «zona franca». Lo si è appreso da fonti diplomatiche a margine della Conferenza sulla sicurezza, secondo le quali il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, si è detto soddisfatto per il riferimento alla situazione di Zaporizhzhia nel documento a conclusione della riunione dei ministri del G7: «Perché se fosse colpita da un missile o da una granata, anche per sbaglio, si avrebbe un evento peggiore di quello di Chernobyl». Secondo le stesse fonti, i contatti della Farnesina con lo staff del direttore generale dell’Aiea, Rafael Grossi, sono continui. Se si riuscisse a raggiungere questo obiettivo si tratterebbe di un primo tassello sul quale poter costruire un percorso di pace, magari passando per una tregua tra i belligeranti. Nel suo intervento, il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha chiesto agli alleati di «raddoppiare il loro supporto militare all’Ucraina per fare in modo che Vladimir Putin non raggiunga i suoi obiettivi imperialistici e che l’Ucraina vinca». La von der Leyen ha trattato anche il tema delle armi chiedendo di lavorare insieme per accelerare la produzione degli armamenti di cui ha bisogno l’Ucraina, a partire dalle munizioni: «Non possiamo permetterci di aspettare mesi o anni per poter consegnare all’Ucraina ciò di cui ha bisogno». La von der Leyen ha poi aggiunto: «Possiamo pensare ad accordi avanzati per l’acquisto di armi che possano offrire all’industria della difesa la possibilità di investire nelle linee di produzione più velocemente e di aumentare le quantità da consegnare». Certamente faranno discutere le parole del primo ministro ungherese Viktor Orbán: «L’Europa sta andando alla deriva verso la guerra proprio in questi minuti, sta facendo un pericoloso gioco di equilibri. In realtà, sono già indirettamente in guerra con la Russia. È iniziata con gli elmetti, ora stiamo inviando carri armati, e i jet da combattimento sono all’ordine del giorno. Presto sentiremo parlare delle cosiddette truppe di pace». A margine della conferenza ha parlato il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba che si è detto convinto che l’Ucraina riceverà i caccia: «È solo una questione di tempi e procedure. Ci vorrà un po’ più di tempo rispetto ai carri armati, ma alla fine avremo gli aerei da combattimento. Sono sicuro che il Regno Unito avrà una parte in questo». Nel suo intervento, il premier britannico, Rishi Sunak, ha usato toni severi:«La risposta della comunità internazionale all’aggressione russa contro l’Ucraina non è stata abbastanza forte», per poi aggiungere che «serve un nuovo trattato da siglare a Vilnius in occasione del prossimo vertice Nato, per proteggere l’Ucraina anche da future aggressioni». Molto atteso anche l’intervento del vicepresidente Usa, Kamala Harris, che ha attaccato frontalmente la Russia: «Abbiamo esaminato le prove e conosciamo gli standard legali e possiamo dire che non ci sono dubbi: sono stati commessi crimini contro l’umanità». Al termine della conferenza è stato letto dal capo della diplomazia giapponese, Hayashi Yoshimasa, il documento finale nel quale i Paesi membri del G7 ribadiscono la loro determinazione a continuare a sostenere l’Ucraina «nell’esercizio del suo diritto di difendersi dall’invasione della Russia, anche fornendo assistenza militare e di difesa». La conferenza potrebbe essere stata anche l’occasione per tentare di rimettere al tavolo americani e cinesi dopo le tensioni dovute al il caso dei palloni-spia cinesi denunciati da Washington, che hanno spinto il segretario di Stato americano, Anthony Blinken, ad annullare la visita a Pechino. Secondo alcune indiscrezioni Blinken e Wang si sarebbero visti ma lontano da occhi indiscreti per riallacciare i rapporti tra le due superpotenze, in modo da poter riprogrammare il viaggio del segretario di Stato in Cina. Un passaggio che diventa fondamentale soprattutto dopo aver ascoltato la posizione cinese sulla guerra in Ucraina. Mentre a Monaco si discuteva, lo stato maggiore delle forze armate di Kiev hanno reso noto che nelle ultime 24 ore la Russia ha lanciato dieci missili, sferrato 29 attacchi aerei e ha sparato 69 razzi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/spallata-cinese-erdogan-paciere-2659437507.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="stoltenberg-sdogana-lescalation-lunico-rischio-e-la-vittoria-russa" data-post-id="2659437507" data-published-at="1676788309" data-use-pagination="False"> Stoltenberg sdogana l’escalation: «L’unico rischio è la vittoria russa» Mesi passati a rassicurarci: l’invio di armi in Ucraina non avrebbe inasprito il conflitto. Giammai. Adesso tocca invece a Jens Stoltenberg informarci dell’esatto contrario: «C’è preoccupazione che i nostri sforzi per difendere l’Ucraina possano portare al pericolo di un’escalation», ammette il segretario generale della Nato nel suo intervento alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera. Insomma, sorpresona, pare che le «armi difensive» inviate dagli europei non vengano considerate tali dai russi. Così, il politico norvegese avverte: «Non ci sono opzioni prive di rischi. Ma l’unico pericolo qui è la vittoria della Russia e di Vladimir Putin. Questo renderebbe il mondo più vulnerabile». Dopo un passaggio sull’allargamento della Nato, con l’ingresso «il prima possibile» di Svezia e Finlandia, Stoltenberg torna quindi sul conflitto: «Dobbiamo mantenere e aumentare il sostegno all’Ucraina. Putin non sta pianificando la pace, ma nuove offensive. E non ci sono segnali che abbia cambiato le sue ambizioni. Cerca contatti con altri regimi autoritari, come Iran e Corea del Nord. Dobbiamo fornire all’Ucraina quello che le serve per vincere». Anche perché, secondo il segretario generale, «quanto accade in Europa può ripetersi in Asia». E Pechino «osserva da vicino»: per vedere la «ricompensa» che la Russia «riceverà dopo la sua aggressione all’Ucraina». Armi, armi e ancora armi. Il rischio non è più l’escalation, sempre esclusa con maestria tarfufesca. Per la Nato, adesso, quella china sembra inevitabile. L’unico timore, piuttosto, è che Mosca finisca per prevalere. Bisogna dunque far trionfare Kiev a qualsiasi costo: rilanciando con avvertimenti e armamenti da terza guerra mondiale. «Escalation», però, significa pericolo nucleare. E del resto, persino il mite ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha usato recentemente parole identiche: «Il rischio escalation nucleare è all’orizzonte, ma si può scongiurare». Anche lo scorso giugno, Mario Draghi ha adoperato gli stessi termini. Ma per dire l’opposto: «Non c'è rischio di un’escalation, però bisogna essere pronti» rassicurava l’ex premier. Adesso, invece, il punto di non ritorno sembra imminente. Pure qualche giorno fa, al vertice dei ministri della Difesa dei Paesi aderenti alla Nato, il segretario generale ha esortato tutti a rafforzare gli aiuti, con armi pesanti e addestramento militare: «Da quasi un anno la Russia ha lanciato la sua invasione dell’Ucraina. Non vediamo alcun segnale che si stia preparando alla pace. Al contrario, sta lanciando nuove offensive». Quindi, Stoltenberg è passato a elencare le impellenti necessità: consolidare «difesa e deterrenza», attraverso «il rafforzamento della nostra pianificazione militare e la nostra cooperazione con l’industria». Poi, è sceso ancor più nei dettagli: «Gli alleati stanno fornendo aiuti senza precedenti all’Ucraina per respingere la Russia. Questo sta consumando un’enorme quantità di munizioni e sta esaurendo le nostre scorte». Urge, dunque, «lavorare assieme all’industria della difesa per rafforzare la capacità industriale». Intanto, però, il politico norvegese esorta gli alleati: «La priorità ora è consegnare i tank, i Leopard, gli altri veicoli promessi nonché i veicoli blindati di fanteria». Il piglio da incallito giocatore di Risiko fornisce impareggiabile spunto al battutista Vincenzo De Luca: «Abbiamo a volte notizie tristi e il più triste di tutti è un uomo di nome Stoltenberg», ha detto ieri il governatore dem della Campania durante la solita diretta Facebook. «Si trova casualmente a fare il segretario generale della Nato e ha appena finito di dire che dobbiamo produrre più munizioni, più armi e più cannoni. Queste sue dichiarazioni mi confermano l'urgenza di affidare Stoltenberg ai servizi sociali».
Manfred Weber e Ursula von der Leyen (Ansa)
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Ursula von der Leyen (Ansa)
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L’area tra Varese, Como e Canton Ticino punta a diventare un laboratorio europeo di eccellenza per innovazione, finanza, sviluppo sostenibile e legalità. Il progetto, promosso dall’associazione Concretamente con Fabio Lunghi e Roberto Andreoli, prevede un bond trans-frontaliero per finanziare infrastrutture e sostenere un ecosistema imprenditoriale innovativo. La Banca Europea per gli Investimenti potrebbe giocare un ruolo chiave, rendendo l’iniziativa un modello replicabile in altre regioni d’Europa.