2021-04-11
Soros punta a influenzare l'agenda dei dem Usa
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George Soros (Ansa)
George Soros è tornato in campo. Secondo quanto riportato dal sito Axios, la sua Open Society si è impegnata a investire 20 milioni di dollari per compattare gli ambienti progressisti attorno al piano infrastrutturale, recentemente presentato dal presidente americano, Joe Biden.
George Soros è tornato in campo. Secondo quanto riportato dal sito Axios, la sua Open Society si è impegnata a investire 20 milioni di dollari per compattare gli ambienti progressisti attorno al piano infrastrutturale, recentemente presentato dal presidente americano, Joe Biden. Non solo. Sempre il sito ha riferito che lo sforzo finanziario complessivo in tal senso dovrebbe aggirarsi attorno ai 100 milioni di dollari. In particolare, ha riportato Axios, Soros punterebbe ad "attivare molte delle organizzazioni progressiste di base che hanno preso l'iniziativa nell'opporsi all'agenda del presidente Trump". "Ogni iniziativa proposta dal presidente Biden ha un ampio sostegno pubblico", ha affermato Tom Perriello, direttore esecutivo di Open Society-US. "Ma abbiamo già visto riforme popolari demonizzate da partigiani e interessi speciali, e non lasceremo che ciò accada", ha aggiunto. E' chiaro che il miliardario voglia entrare nel dibattito interno al Partito democratico: un dibattito serrato che si sta consumando tra le correnti centriste e gli ambienti più vicini alla sinistra. Se le prime non sono troppo convinte da alcune misure proposte dalla Casa Bianca, i secondi ritengono invece Biden ancora troppo timido su varie questioni. Del resto, i fronti di scontro intestini sono molteplici. Basti ricordare che, quando ancora si discuteva del pacchetto di aiuti da 1,9 trilioni di dollari per il coronavirus, centristi e sinistra si accapigliarono non poco sull'opportunità di inserire nel provvedimento l'incremento del salario minimo a livello federale (una proposta, questa, storicamente sostenuta dai parlamentari di area sandersiana).La vicinanza di Soros al Partito democratico americano non è del resto una novità. Si pensi che lo stesso Perriello è stato deputato dem dal 2009 al 2011 e che ha servito nell'amministrazione Obama in più occasioni (come Rappresentante speciale per la Quadriennale di Diplomazia e Revisione dello Sviluppo e come Inviato speciale degli Stati Uniti per i Grandi Laghi africani). Non solo. Lo scorso dicembre, Axios considerò l'ex presidente della Open Society, Patrick Gaspard, come papabile nuovo ministro del Lavoro nell'amministrazione Biden. L'ipotesi non si è poi concretizzata, tuttavia va ricordato che anche Gaspard abbia ricoperto degli incarichi nell'amministrazione Obama: dal 2009 al 2011 è stato Direttore degli affari politici della Casa Bianca, mentre dal 2013 al 2016 ha servito come ambasciatore americano presso il Sudafrica. Del resto, le porte girevoli tra la Open Society e le amministrazioni dem poggiano su solide basi di natura economica. Ad aprile del 2020, Politico riportò che Soros avesse donato 5 milioni di dollari a favore del Super Pac di Biden, Priorities Usa, e 7 milioni al Senate Majority PAC (anch'esso di area democratica). Tutto questo, senza dimenticare vari finanziamenti che, l'anno scorso, le galassie di Soros hanno versato ad associazioni di attivisti, egualmente con l'intento di spostare il Partito democratico su posizioni sempre più liberal-progressiste. Va, in tal senso, anche ricordato l'impegno del miliardario nel sostenere candidati procuratori distrettuali tendenzialmente in linea con le proprie posizioni di sostanziale indebolimento delle forze dell'ordine. Posizioni che molti dem hanno cavalcato contro Trump nell'ultima campagna elettorale.Se dunque la vicinanza di Soros all'asinello non è affatto una novità, questa ulteriore "discesa in campo" del magnate mette comunque in luce alcuni aspetti politicamente interessanti. In primo luogo, il Partito democratico americano si conferma, una volta di più, una compagine più legata al big business che alla working class. Non è infatti solo da Soros che vengono fondi ed endorsement politici. Basti pensare al sostegno che la Silicon Valley ha garantito a Biden, durante l'ultima campagna elettorale, in termini di finanziamenti elettorali. Oppure basta guardare alla levata di scudi che alcuni colossi aziendali americani stanno portando avanti in questi giorni contro la riforma elettorale repubblicana della Georgia (dalla stessa Silicon Valley a svariati esponenti di Wall Street, passando per Coca-Cola). In secondo luogo, non è tuttavia detto che questo iperattivismo del miliardario costituisca un fattore positivo per la coesione interna all'asinello. Come detto, gli attriti intestini sono molti. E stanno, tra l'altro, riesplodendo proprio sul piano infrastrutturale di Biden. Il senatore dem centrista, Joe Manchin, ha per esempio già fatto sapere di nutrire dei dubbi su questa riforma, soprattutto perché la Casa Bianca punterebbe a coprirla finanziariamente attraverso un considerevole incremento della pressione fiscale (con particolare riferimento alla corporate tax). In tal senso, bisogna sempre ricordare che – al Senato – Biden possa contare su una maggioranza risicatissima. E che basta quindi una singola defezione per mandare all'aria ogni tentativo di riforma. E' in questo delicato quadro che Soros viene quindi adesso a inserirsi. Eppure, anziché recare concordia, questo suo intervento rischia di polarizzare ulteriormente le tensioni tra centro e sinistra.
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