
L'azienda che ha noleggiato il gigante dei cieli voluto dall'ex premier aveva una sede, chiusa dopo l'affare, nel paradiso fiscale. Procura di Civitavecchia al lavoro sui passaggi di soldi fra Etihad e il vettore di bandiera. «Si avvisano i signori passeggeri che abbiamo appena avviato le manovre di atterraggio. Vi preghiamo di allacciare le cinture, di verificare che il tavolino davanti a voi sia chiuso e che il vostro sedile si trovi in posizione eretta». Stavolta l'Air Force Renzi è sbarcato a Georgetown, nelle Isole Cayman. Lo avevamo lasciato, qualche giorno fa, come ricorderanno i nostri lettori, mentre sorvolava la città di Katmandu - capitale del Nepal - dove alcune tracce portavano alla misteriosa Uthl, la società di leasing che ha fittato il vettore alla Etihad prima che questa lo girasse, con un gravoso contratto di mutuo, all'Alitalia per le esigenze dell'allora capo del governo.La vera sede legale della Uthl è però dall'altra parte del globo, ad «appena» 14.473 chilometri di distanza dal Nepal. In una strada che si chiama Mary Street, sperduta nel cristallino mar dei Caraibi. La sigla della compagnia sta per Union Three Leasing Limited. Ad unire i puntini nell'affollato cielo dei database aeronautici è stato Antonio Bordone, esperto di incidenti aerei e autore del libro Piloti malati e proprietario del sito Air Accidents. La Uthl ha fittato l'Airbus 340/500 alla Etihad - ha scoperto ancora Bordone - in data 1 marzo 2007 sottoscrivendo un contratto di appena cinque paginette che è stato registrato il 13 dello stesso mese. Nove anni dopo, nel 2016, la società degli Emirati Arabi decide di riscattare il velivolo, per 6,4 milioni di euro, perché dovrà a sua volta noleggiarlo ad Alitalia come nuova ammiraglia della flotta della presidenza del Consiglio dei ministri. Renzi voleva infatti un aereo che potesse affrontare le traversate oltreoceano senza lo stress degli scali intermedi, e la scelta era caduta sull'aereo di linea prodotto da Airbus tra il 1993 e il 2011.Tra la nostra compagnia di bandiera e la società di Abu Dhabi viene allora firmato un contratto di noleggio della durata di otto anni, per un valore di 168 milioni di euro. In pratica: 26 volte il prezzo dell'aeromobile. Nel 2017 però i sogni di gloria del fu Rottamatore precipitano nel mare in tempesta del referendum costituzionale. Il Bullo dovette lasciare Palazzo Chigi a Paolo Gentiloni senza aver mai inaugurato l'Air Force Renzi che resta, per tutto un altro anno, malinconicamente fermo nell'hangar. Solo agli inizi dell'agosto 2018, il nuovo governo messo in piedi da Lega e Movimento 5 stelle decide di rescindere il contratto con Alitalia. Mossa che, notizia di pochi giorni fa, ha comportato la dura reazione della controparte emiratina che ha intenzione di trascinare in tribunale Alitalia per inadempienza contrattuale. Nel 2017 però sono accadute due cose molto particolari. La proprietà della Uthl decide di chiudere la società con un atto registrato come «voluntary liquidation», pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Isole Cayman, per avvisare creditori e debitori. Quasi in quelle stesse settimane, la guardia di finanza riceve una delega d'indagine da parte della Procura di Civitavecchia per fare chiarezza sui conti di Alitalia. Pochi mesi dopo, quel fascicolo esplorativo assumerà i connotati di una inchiesta per bancarotta fraudolenta che è ancora in corso. L'incrocio, che potrebbe portare ad approfondire anche le manovre attorno all'Air Force Renzi soprattutto in relazione al gravosissimo impegno finanziario sostenuto dalle casse pubbliche per il noleggio da Etihad, sta nel fatto che all'epoca la società mediorientale era socia al 49% della nostra compagnia di bandiera. C'è peraltro anche un ulteriore dettaglio che ha incuriosito - secondo quanto ha potuto verificare il nostro giornale - gli inquirenti: poco prima della stipula dell'accordo per l'Air Force Renzi, la compagnia di Fiumicino aveva emesso un'obbligazione per un importo quasi identico a quello del leasing, circa 200 milioni di dollari, interamente sottoscritti da Etihad. Una semplice coincidenza oppure un incentivo per partecipare alle operazioni di salvataggio di Alitalia?L'inchiesta dell'ufficio inquirente laziale verte in particolare proprio sulla responsabilità degli amministratori indicati dalla compagnia emiratina per il buco da 400 milioni di euro che ha zavorrato Alitalia. Tra il 2017 e il 2018, le fiamme gialle hanno acquisito documenti presso la sede sociale della compagnia tricolore concentrandosi, nello specifico, sulle relazioni dei commissari straordinari e su altri dossier raccolti dai loro consulenti sull'origine delle perdite, con un focus sui primi due mesi del 2017, quando sono stati bruciati più di 100 milioni di euro. Tra le tante attività finite nel mirino degli investigatori, due le operazioni su cui si concentra l'attenzione della guardia di finanza: la cessione di alcuni slot particolarmente pregiati (ovverosia le finestre temporali a disposizione di una compagnia per decollare da determinati aeroporti: le fasce orarie comode e ambite dai viaggiatori valgono più di quelle particolarmente disagevoli) passati dalla compagnia di bandiera ad Etihad e tutta la partita dei punti Millemiglia accumulati dalla società. L'Air Force Renzi non ha ancora superato l'uragano.
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.





