2023-12-12
Gli slogan anti maschio sono un boomerang
È giusto combattere la violenza, ma il richiamo a un’emergenza che non c’è rischia di minare gli equilibri tra uomo e donna. Siamo sicuri che dietro il boom di richieste ai centri di aiuto non ci sia anche la martellante campagna di queste settimane?«Nel caso della violenza sulle donne l’emergenzialità non c’è mai stata. È stata piuttosto richiamata da alcuni governi per dire: guardate come siamo bravi, adesso facciamo la legge sul tema. Ma tutto questo non è stato utile, anzi ha causato difficoltà al nostro lavoro». Questa frase l’ha pronunciata ieri Manuela Ulivi, presidente della Casa delle donne di Milano (Cadmi), nel corso di un’intervista concessa a radio GiornaleRadio. Sono parole abbastanza sorprendenti, perché certo non giungono da una persona che abbia interesse a sminuire il problema, anzi. Non vengono nemmeno, a dirla tutta, da una professionista che condivida certe idee che abbiamo espresso riguardo al patriarcato e simili. Arrivano, però, da una donna molto concreta, molto attiva sul campo, la quale certo coltiva un pensiero ma non sembra per questo negare la realtà.Ed è esattamente questo il rischio grave che si sta correndo: che si perda di vista la realtà o, peggio, la si influenzi negativamente ben oltre ciò che tutti possiamo pensare. Di elementi di preoccupazione in tal senso ce ne sono parecchi, in effetti. A partire dal dato che nelle ultime settimane alcuni giornali vanno sbandierando come una grande vittoria, ma che forse meriterebbe d’essere guardato con un filo di attenzione in più.Ieri il Corriere della Sera, proprio dando spazio a Manuela Ulivi, spiegava che «nei centri anti violenza sono quadruplicate le richieste». Alla Casa delle donne a Milano arrivavano circa 40 donne al mese ma «dopo la vicenda di Giulia siamo arrivate a raggiungere questa cifra in una settimana». In particolare, stando alla Ulivi, a rivolgersi al centro sono «soprattutto le giovanissime, anche diciottenni, spesso accompagnate da amiche, ancora più spesso da genitori che sono spaventati dalle situazioni in cui le loro figlie si trovano».Fin qui abbiamo più che altro rilievi empirici, sensazioni all’impronta. I numeri provenienti dal Comune di Milano risentono meno di quello che qualcuno – con un tocco di cattivo gusto, va detto – ha chiamato «l’effetto Giulia». Nel corso del 2022 le donne che si sono rivolte alle strutture convenzionate con le istituzioni cittadine sono state 2.147, mentre nei primi sei mesi del 2023 sono state 1.629. Un aumento di certo non piacevole, che andrà confermato alla fine di quest’anno, ma che forse è il risultato delle numerose campagne di sensibilizzazione in corso da tempo.Sempre dal Comune di Milano arrivano altri elementi interessanti. Nel 65% dei casi le donne vittime di violenza (o comunque coloro che si avvicinano ai centri) sono italiane e solo nel 43% dei casi sono economicamente autonome. Questi due dati ci offrono probabilmente indicazioni utili. Intanto esiste una consistente parte di vittime straniere, soprattutto in rapporto alla percentuale di allogeni presente sul suolo italiano. E, in ogni caso, sembra che il disagio economico giochi un ruolo rilevante. Chissà, magari se considerassimo maggiormente tali fattori, forse riusciremmo a condurre una discussione pubblica un filo più seria e più utile, senza perdere giorni a discettare di patriarcato e affini.Comunque sia, il fatto che un numero crescente di giovani donne (e giovanissime) si sia rivolta alla Casa delle donne non è necessariamente un bel segnale. Fra queste vi saranno senz’altro ragazze che – grazie alla visibilità data sui media all’argomento – sono state in grado di riconoscere segnali di pericolo nelle proprie relazioni. Ma non siamo in grado di escludere con assoluta certezza che a favorire almeno in parte l’impennata di denunce sia anche – appunto – l’emergenza sociale sbandierata di recente. Semplificando un po’, il sospetto è che l’insistenza sulla (presunta) violenza sistemica imputabile ai maschi possa generare ulteriore separazione e divisione, instillando una bella dose di diffidenza nel rapporto fra i sessi, inducendo a cogliere indicatori di rischio anche laddove non vi sono. La stessa Ulivi, d’altra parte, ci ha detto d’essere persuasa che elementi potenzialmente patologici si annidino in ogni rapporto e che questo dovrebbe suggerire un generale ripensamento della mascolinità.Tutto ciò dovrebbe angustiarci, e non poco. Sull’onda di una emotività alimentata ad arte, corriamo il rischio di compromettere il già fragile e disastrato equilibrio fra le due polarità umane. E per cosa, poi? Per favorire l’applicazione degli obiettivi di Agenda 2030 che prevedono l’educazione sessuale e affettiva obbligatoria nelle scuole? O per favorire le mire politiche di questo o quel partito che già s’immagina di cannibalizzare Gino Cecchettin opportunamente trasformato in santino progressista? Il padre di Giulia ha annunciato da Fazio di essere intenzionato a creare una sua fondazione o organizzazione, con l’aiuto dei professionisti (seri, senza dubbio) dell’associazione Penelope. Ebbene sarebbe un vero peccato che una buona intenzione si tramutasse in uno squallido meccanismo acchiappa voti. E sarebbe ancora più triste che, in virtù di qualche bassa speculazione da politicanti, si finisse col danneggiare qualche innocente.Non v’è dubbio che la violenza esista e che vada combattuta. Un bel po’ di dubbi, invece, aleggiano sull’idea che questa si possa fronteggiare a colpi di slogan e campagne elettorali.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.