2023-07-22
La sinistra vuole incarcerare chi dubita dei dogmi sul clima
Il verde Angelo Bonelli, in Parlamento grazie ai dem, annuncia la proposta di legge per il reato di negazionismo climatico. Esprime una corrente di pensiero sostenuta anche da certi quotidiani. Il contrario della scienza.E industriali e sindacati approfittano del caldo per spillare soldi al governo. In Italia le soluzioni esistono già. Eppure Carlo Bonomi e Maurizio Landini avanzano delle richieste che coincidono con le idee di Bruxelles sulla transizione green.Lo speciale contiene due articoli.Fino all’altro giorno, Angelo Bonelli - capetto dell’Alleanza verdi e sinistra proiettato in Parlamento dopo anni d’assenza grazie a un accordo elettorale con il Partito democratico - era destinato a passare alla Storia (si fa per dire) come colui che ha regalo uno scranno e un lauto stipendio ad Aboubakar Sumahoro. Come sia nata e si sia evoluta quella vicenda lo sappiamo fin troppo bene: gli ecologisti e i presunti radicali di sinistra si sono precipitati a candidare la figurina del «difensore dei migranti», senza farsi troppe domande sulle attività di accoglienza gestite dai famigliari del loro campione.Ben presto hanno scoperto di essersi messi in casa un personaggio decisamente imbarazzante, del quale non sono nemmeno riusciti a ottenere le dimissioni (Sumahoro è passato al gruppo misto, conservando il posto). È per certi versi comprensibile, dunque, che Bonelli, da qualche tempo, ce la metta tutta per cancellare la figuraccia rimediata proprio all’avvio della legislatura, ingegnandosi in ogni modo per dirottare l’attenzione su altro. Il problema è che, per rifarsi il look, sembra aver deciso di diventare quello che le spara più grosse di tutti, quasi sempre a discapito dei comuni e incolpevoli cittadini. Che al nostro le imposizioni piacessero lo avevamo capito già in tempi di Covid, vedendolo inveire contro i presunti no vax e sostenere ogni forma di obbligo e restrizione. Ora, però, si è decisamente superato, anche perché il contesto internazionale gli consente di dare il peggio di sé.Poiché la gran parte dei media e una buona fetta di politici insistono a spargere angoscia con l’allarme caldo, lo stupefacente Angelo si è lanciato nell’impresa di una vita: ha annunciato che condurrà una battaglia per introdurre il reato di «negazionismo climatico». A giudicare dalla nota stampa che ha diffuso, sembra addirittura prendersi sul serio. «L’Italia è diventato un hotspot climatico, con una crescente serie di eventi meteorologici estremi che hanno causato danni ingenti in tutto il Paese», ha scritto. «Nel Veneto e in Trentino, violenti temporali con grandinate grandi come palle da tennis hanno distrutto case, auto e coltivazioni, provocando 110 feriti, mentre nel Sud e nel Centro, si sono raggiunte temperature record di 40 gradi. Tuttavia, per questo governo negazionista e climafreghista, il nemico su cui concentrarsi sono gli ecologisti e la transizione ecologica, continuando con la retorica degli “ultrà del fanatismo ecologista”».Cristallino: secondo Bonelli siamo nel pieno di un’emergenza spaventosa, che a breve assumerà tratti apocalittici, ma il governo non se ne occupa abbastanza. Che fare, quindi, per costringere tutta la popolazione ad aprire gli occhi sugli sciagurati fenomeni di cui siamo vittime? Facile, bisogna impedire ai critici e agli scettici di aprire bocca. Per questo il leaderino dei verdi annuncia: «Presenterò una proposta di legge che introduce il reato di negazionismo climatico. Si dovrebbe cominciare ad ammettere che il negazionismo climatico non è differente rispetto ad altri tipi di negazionismo». Se non altro, il nostro eroe ha il pregio della trasparenza: ciò che alcuni suoi colleghi progressisti ruminano in segreto, egli lo esplicita.Va detto che, in effetti, questa panzana del negazionismo circola da un bel po’: Bonelli ha semplicemente deciso di portarla alle estreme conseguenze, svelandone involontariamente il meccanismo manipolatorio. Come noto, il termine «negazionista» è particolarmente svilente perché richiama il negazionismo dell’Olocausto. Chiunque venga bollato di negazionismo, di conseguenza, è immediatamente inserito nella stessa categoria morale dei nazisti persecutori di ebrei, diviene un rappresentante in Terra del male assoluto. Già da anni quotidiani prestigiosi come il britannico Guardian hanno scelto di utilizzare questo tipo di stigma per colpire studiosi, intellettuali e commentatori che espongano perplessità sulla narrazione del disastro climatico quotidianamente ribadita dal discorso dominante.Associazioni e partiti di sinistra (Pd compreso) fanno continui riferimenti al negazionismo e invocano censure e mordacchie soprattutto sui social network. La proposta di Bonelli è, in qualche modo, il naturale approdo di tutta questa corrente di pensiero e riesce addirittura a superare per intolleranza e violenza il condizionamento del dibattito pubblico imposto durante l’emergenza Covid.Certo, trattandosi di una proposta proveniente del sempre simpatico Angelo, si sarebbe portati a pensare di trovarsi al cospetto di una clamorosa scempiaggine che non verrà presa sul serio da nessuno. Il fatto è che, appunto, Bonelli intende rendere più sistematico e chirurgico un marchingegno che già opera e a cui contribuiscono numerosi altri politici all’apparenza più ragionevoli. Per rendersene conto, basta osservare i talk show televisivi. I critici del cambiamento climatico - anche se non costituiscono affatto una categoria organica e, spesso, hanno posizioni molto diverse fra loro - sono quasi sempre presenti. Ma vengono trattati da macchiette, interrotti costantemente, presentati come ciarlatani e stramboidi. Difficilmente riescono a concludere un discorso, il più delle volte sono zittiti con la proverbiale formula (falsa, manco a dirlo) «tutta la scienza concorda sul cambiamento climatico!».Questo per dire che l’emarginazione del pensiero critico è in atto da parecchio e il disprezzo per i presunti negazionisti è già molto stato ampiamente alimentato. Se ai tempi del Covid esisteva una «cattedrale sanitaria» capace di egemonizzare il pensiero, oggi esiste una «cattedrale ecologica» con i suoi predicatori, la sua gerarchia ecclesiastica e i suoi nemici mortali, gli eretici. Essa gode di un notevole supporto economico e logistico, anche perché protegge interessi economici molto rilevanti che abbiamo già avuto modo di illustrare.Dunque, non è assurdo pensare che pure una idea delirante come quella del prode Angelone possa trovare consenso a sinistra. Di sicuro lo trova nelle istituzioni sovranazionali e presso il cosiddetto mainstream, che ha già dato il via alla battuta di caccia al dissenziente. I progressisti italici sono allo stesso tempo l’ultima ruota del carro del sistema i suoi più fedeli servi, sempre pronti a perseguitate e discriminare chi abbia idee diverse dalle loro. Dopo il ddl Zan, dunque, potremmo avere presto il ddl Bonelli. Cambia il colore (dall’arcobaleno al verde) ma l’intolleranza è quella di sempre.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/sinistra-incarcerare-dubita-dogmi-clima-2662324181.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="confindustria-in-scia-alla-cgil-cassa-e-smart-working-per-salvarci-dal-gran-caldo" data-post-id="2662324181" data-published-at="1689982193" data-use-pagination="False"> Confindustria in scia alla Cgil: «“Cassa” e smart working per salvarci dal gran caldo» Non è la prima volta e non sarà l’ultima. Carlo Bonomi e e Maurizio Landini, presidente di Confindustria il primo e segretario della Cgil il secondo, sono allineati. Allineatissimi, anzi. Due giorni fa il leader del sindacato rosso ha chiesto la cassa integrazione per il caldo. Ieri il numero uno degli industriali si è messo in scia alzando la posta. «Serve un protocollo per cassa integrazione e smart working per i lavoratori, come con il Covid», ha detto dai microfoni di Start su Sky. «Pensare di dover mettere a rischio la propria vita perché si va al lavoro è qualche cosa che deve fa riflettere tutti, non è un tema solo delle associazioni datoriali, è un tema dei sindacati ed è un tema del governo», ha detto, augurandosi di raggiungere la quadra su un protocollo sul modello di quello per il Covid, per consentire «delle soluzioni straordinarie in questo periodo che possano coprire tutta la platea dei lavoratori». Oltre alla cassa integrazione, «si sta parlando», ha concluso, «anche di smart working, quindi di allargare di nuovo la possibilità di ricorrere a questa tipologia di lavoro, in modo da consentire a dipendenti e collaboratori di non spostarsi e rimanere nelle proprie abitazioni». La prima risposta che vale sia per Cgil sia per Confindustria è che la Cig per il caldo esiste già. Per la precisione si chiama Cigo (cassa integrazione ordinaria) per eventi climatici straordinari. «Le temperature eccezionalmente elevate (superiori a 35 gradi), che impediscono lo svolgimento di fasi di lavoro in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore», scriveva l’Inps in un nota del 2017 tuttora valida, «possono costituire evento che può dare titolo alla cassa integrazione ordinaria». Tant’è che già a inizio settimana gli operai Stellantis di Pomigliano d’Arco sono stati messi in Cigo per alcune ore, in attesa che la temperatura nello stabilimento scendesse. Una scelta già presa negli scorsi anni da altre aziende che proprio non possono permettersi di smontare pezzi di produzione e affidare le attività allo smart working. Insomma, ordinaria amministrazione. Eppure nelle ultime ore, giusto per alzare i toni sulla crisi climatica, si è sentita la necessità di paragonare il caldo al Covid. L’obiettivo è chiaro: abbandonare il termine «crisi» - di per sé già errato - per sostituirlo con la parola «emergenza». Così si potrà cominciare ad accostare anche al clima il concetto di pandemia. Infatti, non sfugge che l’idea di mettere in smart working le persone per il caldo è al limite del ridicolo. A casa dovranno accendere i climatizzatori, sempre che li abbiano, e consumare per conto loro energia. Senza contare che è assurdo voler normare situazioni eccezionali che durano qualche giorno, quando si può semplicemente interpretare le norme già esistenti. Esattamente l’opposto di quanto, sempre ieri, ha chiesto il numero uno della Uil, Pierpaolo Bombardieri indirizzando un messaggio diretto al ministro del Lavoro, Marina Calderone. È il caso che si «promuovano urgentemente indicazioni alle imprese affinché intervengano di concerto con le rappresentanze sindacali a individuare modifiche dell’orario, dell’organizzazione del lavoro e l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale specifici». Chiarita l’insussistenza del problema, pur non negando l’esigenza di ambienti di lavoro idonei, è il caso di chiedersi il perché di tale enfasi. Perché invocare la «pandemia da caldo»? Beh, la risposta non è complessa. Basta andare a prendersi il testo del Pniec, Piano nazionale integrato per l’energia e il clima inviato alla Commissione Ue, per vedere che, in adesione alle idee comunitarie per risparmiare energia e sostenere la transizione green, si immagina orario ridotto settimanale e uso diffuso dello smart working. A Bruxelles sanno bene che la mobilità elettrica, per diventare la norma, dovrà trovare un punto di caduta in modo da ridurre di almeno quattro decimi il parco circolante. In parte avverrà semplicemente con il rialzo dei prezzi, in parte limitando la necessità di spostarsi. Molti lavoratori non avranno più la possibilità di permettersi un’auto, né di accedere all’energia sufficiente per andare dove vorranno. Spostamenti brevi e limitati nel tempo: ecco perché il termine Covid torna in auge. Perché durante la pandemia - e in breve tempo - si è riusciti a modificare la società in modo drastico. Al di là degli effetti psicologici che ancora devono essere compresi, si è riusciti a bloccare intere aree. Evidentemente, il rischio è che in futuro avvenga lo stesso con la scusa del caldo. Lungi da noi negare l’esigenza di ridurre l’inquinamento, ma la strada che i socialisti europei sostengono a spada tratta ci porta dritti verso una maggiore povertà e alla spaccatura della società. Infatti, a farne le spese sarà la classe media che scomparirà del tutto. Sarebbe forse il caso che i rappresentanti delle associazioni datoriali e dei sindacati non si accodassero allo storytelling del mondo che sta per finire. Non conviene a nessuno dei due una società così polarizzata. Da un lato super ricchi e, dall’altro, lavoratori sussidiati o pagati per non lavorare. A meno che pure a Confindustria - come alla Cgil - non piaccia l’idea di di un mondo che non produce più ma che dipende dai sussidi di Stato. Allora, a quel punto facciamo partire la cassa integrazione già dai 20 gradi: tanto basta il percepito per farla scattare.