2023-10-27
Siemens energy vuole aiuti statali per tamponare il flop pale eoliche
Il gruppo chiede all’esecutivo tedesco garanzie finanziarie: colpa delle perdite legate alle rinnovabili. E Shell annuncia tagli alla divisione sulle basse emissioni. La transizione verde dell’Europa è un fallimento. L’intesa da 1,5 miliardi prevede anche una joint venture per l’esportazione dei veicoliIntanto a Melfi la produzione va a singhiozzo per la mancanza di componenti. Lo speciale contiene due articoli.Nuova frana in Borsa, ieri, per Siemens energy. Il prezzo delle azioni della compagnia è crollato di oltre il 30% in un giorno, dopo che il gruppo ha rivelato di essere in trattative con il governo tedesco, guidato da Olaf Scholz, per ottenere garanzie finanziarie, confermando quanto anticipato da Der Spiegel. La notizia è deflagrata in Borsa a Francoforte, dove il titolo è precipitato con un calo delle quotazioni che ha sfiorato il 40%, pari a una perdita di valore di oltre 3 miliardi. L’indice Dax ha toccato il minimo da nove mesi a questa parte. Nel suo comunicato stampa, la compagnia afferma che Siemens Gamesa mostrerà nel 2024 minori ordini e minori ricevi, oltre che una peggiorata situazione di cassa. «Il comitato esecutivo sta valutando varie misure per rafforzare il bilancio di Siemens energy ed è in trattative preliminari con diverse parti interessate, tra cui partner bancari e il governo tedesco, per garantire l’accesso a un volume crescente di garanzie necessarie per facilitare la prevista forte crescita», dice l’azienda nella nota. Le garanzie sarebbero a supporto dei «progetti a lungo termine», ma è evidente che la richiesta al governo rappresenta un segnale di debolezza. Un brutto colpo per la compagnia, che già a giugno, al primo annuncio delle difficoltà di Siemens Gamesa sui costi straordinari delle manutenzioni degli impianti eolici già installati, aveva subito un tracollo in Borsa vicino al 37%. Con i valori di ieri, dai massimi di fine maggio scorso il titolo ha perso oltre il 70% del suo valore.I guai di Siemens Gamesa ora investono tutto il gruppo Siemens e sono diventati un problema serio. Il gruppo conta quasi 100.000 dipendenti ed è attivo anche nei sistemi di reti elettriche, nella componentistica elettrica e nelle turbine a gas. Questi settori sono profittevoli, per l’azienda, ma il disastro nel settore eolico è travolgente. È persino difficile stimare i costi legati alla sostituzione o riparazione delle turbine difettose, mentre in alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, sarebbero in preparazione cause collettive contro il colosso tedesco per i problemi sull’eolico. Il sistema bancario tedesco chiede dunque maggiori garanzie sui finanziamenti, dopo la pessima performance della filiale attiva nell’eolico. L’intervento del governo tedesco, che fornirebbe garanzie aggiuntive, diventa necessario per evitare guai peggiori.Nonostante la spinta gigantesca in atto in Germania e in tutta Europa per sviluppare le fonti rinnovabili di energia, nonostante i sussidi e i prezzi record dell’energia elettrica registrati nell’ultimo anno e mezzo, molte aziende del settore faticano a camminare con le loro gambe. Ormai non si contano più le rinunce a progetti e investimenti, dettati sia dall’aumento dei tassi di interesse, che richiede una profittabilità maggiore per i piani già approvati, sia dall’aumento dei costi delle materie prime. La transizione energetica si rivela sempre più fragile e c’è chi comincia a parlare di bolla finanziaria. Soprattutto senza il supporto dei governi, dunque senza denaro pubblico, sembra proprio che la transizione non riesca a decollare.Il governo tedesco si appresterebbe, ancora una volta, ad aiutare le aziende nazionali, in deroga alla normativa europea sugli aiuti di Stato, che per il momento è sospesa sino al 31 dicembre di quest’anno. Data la complessità delle operazioni, è tuttavia prevedibile che il supporto statale arriverà nel 2024, dunque con il divieto di aiuti di Stato di nuovo in vigore. Ecco perché la Germania, assieme alla Francia, sta facendo pressione sulla Commissione perché proroghi di un anno la sospensione del divieto. Gli Stati che hanno spazio fiscale saranno dunque avvantaggiati, rispetto a chi (come l’Italia) non ne ha. Una evidente disparità, l’ennesima, tra Stati membri. Come nella Fattoria degli animali di George Orwell, tutti gli Stati sono uguali ma alcuni sono più uguali di altri.Per Bruxelles e le sue ambizioni di decarbonizzare tutto nel giro di pochi anni arriva anche un altro brutto colpo. La grande compagnia petrolifera angloolandese Shell ha annunciato l’intenzione di tagliare almeno il 15% della forza lavoro nella sua divisione di soluzioni a basse emissioni di carbonio e di ridimensionare il business dell’idrogeno. L’amministratore delegato Wael Sawan, alla guida della compagnia da nove mesi, intende infatti aumentare i profitti e tagliare i business in perdita. Per cui la società si concentrerà sulla stabilizzazione della produzione di petrolio e sull’aumento della produzione di gas naturale. «Stiamo trasformando la nostra attività Low carbon solutions (Lcs) per rafforzarne la portata nelle nostre principali aree di business a basse emissioni di carbonio, come i trasporti e l’industria», ha affermato la società in una nota. È soprattutto nel settore dell’idrogeno per auto che si concentreranno i tagli. La società afferma di essere comunque impegnata nella transizione e di voler solo cambiare il percorso per arrivare alle emissioni zero. Sarà, ma intanto senza petrolio e gas non si fa molta strada.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/siemens-energy-vuole-aiuti-statali-2666078360.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="fabbriche-ferme-in-italia-ma-stellantis-compra-il-20-della-cinese-leapmotor" data-post-id="2666078360" data-published-at="1698353008" data-use-pagination="False"> Fabbriche ferme in Italia. Ma Stellantis compra il 20% della cinese Leapmotor Sempre meno Italia e più Cina nel gruppo Stellantis. Ieri il gruppo nato dall’unione tra Psa e Fca ha fatto sapere che investirà circa 1,5 miliardi di euro per acquisire all’incirca il 20% di Leapmotor, di cui il gruppo guidato dall’ad Carlos Tavares diventerà un azionista importante. L’accordo, spiega una nota congiunta, prevede anche la costituzione di Leapmotor international, una joint venture in quote 51:49 guidata da Stellantis, con i diritti esclusivi per l’esportazione e la vendita, nonché la fabbricazione dei prodotti Leapmotor fuori dalla Cina. Questo accordo segna la prima partnership globale nel settore dei veicoli elettrici tra una casa automobilistica tra le più importanti al mondo e una casa cinese specializzata in «neighborhood electric vehicles», veicoli elettrici di prossimità urbana.In poche parole, Stellantis sta abbandonando la logica della produzione in Europa (in particolare in Italia) per portare la produzione a Pechino e dintorni. Non è un caso, insomma, se la partnership mira a incrementare ulteriormente le vendite di Leapmotor in Cina, il più grande mercato del mondo, sfruttando la consolidata presenza commerciale di Stellantis sul piano internazionale per accelerare in modo significativo le vendite del marchio Leapmotor in altre regioni, a partire dall’Europa. Il gruppo di Tavares, insomma, intende sfruttare l’ecosistema di veicoli elettrici di Leapmotor in Cina, altamente innovativo ed efficiente in termini di costi, per contribuire al raggiungimento degli obiettivi chiave di elettrificazione fissati nel piano Dare Forward 2030, rimanendo aperta a esplorare ulteriori sinergie reciprocamente vantaggiose. Ma, mentre Stellantis investe direttamente sul mercato cinese puntando sulla produzione locale, in Italia, nello stabilimento di Melfi, la produzione continua ad andare a singhiozzo. L’ultima volta si è fermata il 23 ottobre a causa della mancanza di componenti. In realtà il problema è che la conversione verso la produzione di veicoli elettrici comporta una riduzione importante dell’occupazione che non piace di certo alle unioni dei lavoratori. Per quanto riguarda Melfi, Stellantis ha fatto sapere che nell’impianto lucano verranno prodotti cinque nuovi modelli elettrici basati sulla piattaforma Stla medium. Tra questi dovrebbe esserci la nuova Lancia gamma, futura ammiraglia del brand premium di Stellantis, due auto di Ds automobiles, la nuova Opel manta e la erede di Jeep compass. Per quanto riguarda invece la Fiat 500X, la sua produzione cesserà definitivamente entro la fine del 2024. Stessa sorte toccherà anche alla Jeep renegade ma nel 2025. Il punto è che tutto questo non è sufficiente a giustificare gli attuali livelli occupazionali e il gruppo sta persino incoraggiando i dipendenti a lasciare l’azienda. Non solo quelli delle catene produttive, ma anche quelli che lavorano negli uffici. Al contrario, in Cina gli investimenti fioccano. La joint venture inizierà le consegne nella seconda metà del 2024. Le due realtà ritengono che l’offerta di prodotti elettrici di Leapmotor sia complementare rispetto all’attuale tecnologia e al portafoglio di marchi iconici di Stellantis e che porterà in dote ai clienti in tutto il mondo soluzioni di mobilità più accessibili. Il gruppo di Tavares e John Elkann avrà dunque due posti nel cda di Leapmotor e nominerà l’amministratore delegato della joint venture Leapmotor international. «Con il consolidamento delle start up di veicoli elettrici in Cina, diventa sempre più evidente che i segmenti mainstream in Cina saranno dominati da una cerchia di player di nuova generazione nel settore degli Ev efficienti e agili, come Leapmotor», ha dichiarato Tavares. «Riteniamo che sia il momento giusto per assumere un ruolo di primo piano nel sostenere i piani di espansione globale di Leapmotor, uno dei nuovi operatori Ev più interessanti sul mercato, con una mentalità imprenditoriale e tecnologica simile alla nostra. Grazie a questo investimento strategico, andiamo a rafforzare un nostro punto debole nel modello di business e a beneficiare della competitività di Leapmotor in Cina e all’estero», ha detto. «Voglio ringraziare il signor Zhu Jiangming e i team delle nostre grandi aziende, che con livelli eccezionali di leadership e collaborazione hanno reso possibile questa nuova opportunità di partnership preziosa per entrambi», ha concluso. «Oggi abbiamo posto una pietra miliare nella storia di Leapmotor e sono entusiasta di essere testimone di questo momento storico insieme con Carlos Tavares e al suo team», ha aggiunto Zhu Jiangming, fondatore e amministratore delegato di Leapmotor. «Facendo leva su una ineguagliabile gamma di capacità tecnologiche interne, Leapmotor porta sul mercato i migliori prodotti elettrici della categoria in modo economicamente competitivo. Crediamo fortemente nelle partnership win-win dove attori con straordinarie capacità uniscono le proprie competenze all’interno di un ambiente in rapida evoluzione. Insieme con Stellantis, continueremo nel solco dell’innovazione e della creatività, creando preziose sinergie tecnologiche e commerciali e portando le auto Ev Leapmotor sui mercati di tutto il mondo».La ricchezza della Cina in fatto di materie prime può essere una manna dal cielo per i grandi gruppi che si sono gioco forza votati alla produzione di veicoli elettrici. Il problema è che, in questo modo, gran parte della produzione europea rischia di finire in terra cinese, provocando un ennesimo colpo all’occupazione europea.
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I candidati M5s in Campania e Calabria riesumano il reddito di cittadinanza
Nel riquadro il console e direttore generale dell'ufficio di rappresentanza di Taipei in Italia, Riccardo Tsan-Nan Lin. Sullo sfondo l'edificio dell'Onu a New York (iStock)
Alla vigilia dell’Assemblea Onu, torna il tema dell’esclusione di Taiwan dalle Nazioni Unite e dalle agenzie specializzate. L’isola, attiva in economia, sanità e tecnologia, rivendica un ruolo nella comunità internazionale nonostante le pressioni cinesi. Pubblichiamo l'intervento di Riccardo Tsan-Nan Lin, console e direttore generale dell'ufficio di rappresentanza di Taipei in Italia.
Sapete che Taiwan, un Paese democratico e indipendente, una potenza economica mondiale, leader nella produzione di semiconduttori, nonché snodo fondamentale per l’aviazione civile e grande donatore di mascherine agli Stati in difficoltà durante l’emergenza Covid, è ancora esclusa dall’Onu e dalle sue agenzie specializzate come l’Icao e l’Oms?
L’80ª sessione annuale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA 80) si aprirà a New York il 9 settembre 2025. Eppure, nonostante Taiwan abbia sempre avuto un ruolo attivo, contribuendo in modo significativo alla comunità internazionale con eccellenti risultati in diversi campi, la sua partecipazione agli incontri ufficiali dell’Organizzazione non è consentita per ragioni puramente politiche.
Il tema dell’imminente edizione dell’Assemblea Generale, «Insieme è meglio: 80 anni e oltre per la pace, lo sviluppo e i diritti umani», suona vuoto quando 23 milioni di taiwanesi vengono esclusi dall’ONU e dalle sue agenzie. Poiché il 2025 segna l’inizio del decisivo conto alla rovescia per la scadenza degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), prevista per il 2030, l’inclusione di Taiwan è necessaria. La sua esclusione, infatti, contraddice lo spirito e mina i principi dell’Agenda 2030.
Questo isolamento forzato è parte di un problema più vasto, legato a una grave e dannosa distorsione della Risoluzione 2758 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA). Tale travisamento non solo sottopone Taiwan alla coercizione cinese, che vuole affermare il proprio controllo sull’Isola, ma è anche diventato una seria minaccia allo status quo tra le due sponde dello Stretto e alla stabilità nella regione indo-pacifica.
La Risoluzione 2758 (XXVI) dell’UNGA, adottata nel 1971, affronta esclusivamente la questione della rappresentanza della Cina alle Nazioni Unite, ma non stabilisce che Taiwan sia parte della Repubblica Popolare Cinese (RPC), né conferisce a quest’ultima il diritto di rappresentarla. La Risoluzione non fa alcuna menzione di Taiwan e non costituisce quindi una posizione ufficiale delle Nazioni Unite sullo status politico del Paese. Pertanto, non riflette un consenso internazionale sul “principio di una sola Cina” sostenuto dalla RPC. Solo il governo di Taiwan, democraticamente eletto, può rappresentare i suoi abitanti nel sistema delle Nazioni Unite e sulla scena internazionale.
L’ONU dovrebbe permettere ai rappresentanti, ai giornalisti e ai cittadini taiwanesi l’accesso alle sue sedi e la partecipazione ai suoi incontri e conferenze. Essere membri delle Nazioni Unite è un diritto per tutte le nazioni amanti della pace, non un privilegio appannaggio di poche. Per tali ragioni, a nome del Governo di Taiwan, chiediamo con urgenza di porre fine alla distorsione della Risoluzione 2758.
Taiwan possiede un efficiente sistema sanitario e una tecnologia all’avanguardia, come dimostrato dalla sua leadership nell’intelligenza artificiale e nella produzione di chip, che possono dare un contributo concreto allo sviluppo e alla pace nel mondo. Perché, allora, persistere in questa esclusione, che non beneficia nessuno tranne Pechino?
Negli ultimi anni, il sostegno internazionale a favore di Taiwan è aumentato. In Italia, la Camera dei Deputati ha approvato diverse risoluzioni, auspicando la sua inclusione nelle organizzazioni internazionali e, nel marzo 2025, ha approvato il documento finale dell’indagine conoscitiva sull’Indo-Pacifico, ribadendo l’importanza dell’Isola per la stabilità nella regione indo-pacifica. Un simile orientamento è evidente in altri parlamenti e Paesi, tra cui l’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Svezia, i Paesi Bassi, il Regno Unito, il Canada, il Belgio e la Repubblica Ceca, che hanno adottato risoluzioni affini, condannando le provocazioni militari della Cina e il suo abuso nell’interpretazione errata della Risoluzione.
Adesso, più che mai, lanciamo un appello all’Italia affinché appoggi con maggiore decisione l’ammissione di Taiwan alle Nazioni Unite e alle sue agenzie specializzate, in nome della pace, dello sviluppo e della prosperità globale, valori che accomunano entrambi i Paesi. Allo stesso tempo, invitiamo la comunità internazionale ad agire attivamente da contrappeso alle azioni coercitive della RPC e a unirsi per difendere l’ordine mondiale basato sulle regole, opponendosi alle dinamiche di un Paese non democratico e alle sue richieste irragionevoli.
Riccardo Tsan-Nan Lin, console e direttore generale ufficio di rappresentanza di Taipei in Italia
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Daniel Ortega (Getty Images)
Il governo guidato dalla coppia sandinista Ortega-Murillo ha firmato accordi commerciali con la Repubblica di Donetsk, rafforzando il legame con Mosca e Pechino. Una scelta politica che rilancia il ruolo di Ortega nella geopolitica del Sud globale, tra repressione interna e nuove alleanze.