
Il sottosegretario leghista: «Bruxelles guarda con favore il nostro piano di rilancio. Subito flat tax al 15 per cento per le partite Iva. E taglio dello scaglione Irpef più basso».«Il blocco dei conti mina l'agibilità costituzionale di un partito politico e si riferisce a vicende del passato che nulla hanno a che fare con l'attuale gestione. Credo che dovrebbe essere sollevata la questione di costituzionalità dinnanzi alla Corte di Cassazione. In ogni caso il sostegno convinto di milioni di elettori, dei militanti e dei simpatizzanti da tutta Italia ci incoraggia ad andare avanti».Il sequestro di 49 milioni della Lega non preoccupa Armando Siri, sottosegretario alle Infrastrutture del governo gialloblù, ideologo della flat tax e riferimento economico di Matteo Salvini.Il governo è in retromarcia sulla manovra o è solo un'impressione?«Nessuna retromarcia, siamo al lavoro per dare concretezza ai provvedimenti che sono indicati nel programma di governo: avvio della flat tax al 15% per partite Iva, società di persone e società di capitali che investono gli utili in posti di lavoro, riportano la propria produzione in Italia, oppure rafforzano il proprio capitale. Poi ci sarà un inizio di taglio d'imposta per le persone fisiche partendo dallo scaglione più basso. Ci saranno la pace fiscale che consentirà a milioni di piccoli contribuenti in difficoltà economica di chiudere la loro posizione con il fisco a saldo e stralcio e la riforma della legge Fornero con l'introduzione di quota cento. È l'inizio di un percorso di legislatura che punta alla realizzazione piena degli impegni presi con i nostri elettori». Come si finanzieranno queste misure? «Taglieremo la spesa improduttiva, utilizzeremo un po' di flessibilità e le risorse della pace fiscale». Lei ha detto che la flat tax è «un'infrastruttura per il Paese».«La flat tax mira a curare le cause della malattia di cui soffre la nostra economia da più di 10 anni: la stagnazione. Mentre tutti i governi precedenti hanno puntato all'utilizzo di sintomatici, la flat tax è l'antibiotico per far ripartire i consumi. È un'infrastruttura, seppur immateriale, perché su di essa poggia la crescita autentica del Paese». La solita critica è: arricchisce i ricchi. «Di ricchi in Italia purtroppo ce ne sono sempre meno. Su 40 milioni di contribuenti soltanto 100.000 hanno un reddito pari o superiore a 300.000 euro lordi l'anno. Tutto il resto dei contribuenti è nella fascia medio bassa. Il provvedimento che abbiamo in mente consente a questi di avere più soldi a fine mese da poter spendere stimolando così i consumi, la produzione e dunque il lavoro, che è l'obiettivo principale di questo governo». Linea Tria e nessun «fuoristrada»? «Il ministro fa il suo mestiere e svolge la sua missione in coerenza con il contratto di governo. Di certo il suo non è un ruolo semplice, perché il contesto macroeconomico e lo stato dei conti pubblici suggeriscono prudenza. Ma dove non arrivano i tecnici la politica deve assumersi le proprie responsabilità. Servono scelte coraggiose e noi abbiamo tutta l'intenzione di assumerle». Dove posizionerete l'asticella del deficit/Pil per non avere lo stop dell'Europa? «Guardi, questa storia dello stop dell'Europa è più una suggestione che una realtà. La Commissione Ue in scadenza in primavera guarda all'Italia con attenzione e senza alcuna ostilità. Sono convinto che il nostro lavoro per la crescita sarà apprezzato. Tenga presente che partiamo da un deficit reale dell'1,9% perché dentro ci sono i 13 miliardi di sterilizzazione dell'Iva che ci hanno lasciato i precedenti governi, quindi se supereremo di poco il 2% significherà che i nostri provvedimenti non impatteranno così tanto sui conti pubblici, ma finalmente avremo un bilancio reale. Basta con i trucchi contabili, l'Italia è un grande Paese che merita fiducia».I vostri antagonisti guardano alla Finanziaria come il punto finale di un governo basato su un contratto. «Noi, a differenza dei nostri antagonisti, almeno un contratto chiaro l'abbiamo fatto e questo ci consente di non perdere tempo in litigi ma di fare le cose rapidamente». Una sfida della Lega è l'autonomia delle Regioni: avremo un Sud sempre più penalizzato e un Nord ricco? «L'autonomia è un obiettivo per tutte le regioni d'Italia che ne faranno richiesta. Non c'è distinzione tra Nord e Sud. È un principio di efficienza che si realizza mantenendo il più possibile in condizioni di prossimità le decisioni strategiche che riguardano il territorio e i cittadini. Il Sud non chiede elemosine ma infrastrutture e la possibilità di concorrere in condizioni almeno di parità con il resto del Paese. Serve la manutenzione, ma servono anche progetti di rafforzamento dei collegamenti stradali, autostradali e ferroviari. Ferrovie dello Stato con il nuovo ad Gianfranco Battisti sta lavorando proprio in questa direzione: tra i progetti in via di realizzazione ci sono l'estensione dell'Alta Velocità verso Sud e i collegamenti veloci Bari-Roma». Dopo la tragedia del ponte Morandi, cosa cambierà nelle strategie infrastrutturali del governo? «A Genova si è verificata una tragedia immane. Non può finire tutto a tarallucci e vino. La magistratura sta facendo le proprie indagini e noi stiamo fornendo piena collaborazione. Sul tema delle concessioni è in corso una valutazione politica. Pensiamo che per i monopoli naturali come le strade si debba ripensare il modello delle concessioni, ma questo è un tema che non ha nulla a che fare con la vicenda del ponte Morandi, è una valutazione di opportunità reddituale. Se fosse lo Stato a gestire la rete autostradale avremmo una maggiore redditività, perché il margine operativo di gestione che oggi va ai privati rimarrebbe nelle casse pubbliche. La sfida però resta quella dell'efficienza del servizio. Occorre mettere sulla bilancia diversi scenari. Un'altra ipotesi può essere una maggiore collaborazione pubblico-privato. Vedremo». Ha subito o no pressioni per non desecretare le concessioni delle autostrade? Si è messo d'accordo con il ministro Danilo Toninelli che aveva detto il contrario?«Io non ho subito alcuna pressione. Credo che Toninelli si riferisse a uno stato di pressione generico e non da soggetti precisi. Essere sotto pressione è uno stato d'animo più che comprensibile in certi frangenti». Genova ha oscurato altre questioni come la Torino-Lione e il Tap: si faranno?«La Tav è un'opera su cui Lega e M5s hanno idee diverse ma non inconciliabili. Il Tap si farà. È un'opera strategica per il Paese per il nostro ruolo nel Mediterraneo e nello scacchiere energetico europeo. Farlo significa poter ridurre il costo delle bollette. Va da sé che l'opera dovrà essere realizzata nel pieno rispetto dell'ambiente e della salute». Alitalia invece «volerà»? «Alitalia volerà lontano e lo farà all'interno di una cornice strategica di valorizzazione dell'industria del turismo nazionale. Deve concludersi una volta per tutte la stagione degli aiuti e questo lo si può fare dotando la compagnia di strumenti per concorrere sul mercato a pieno titolo, valorizzando l'intermodalità. Lo Stato farà la sua parte, ma la faranno anche partner industriali che vedono in Alitalia un'opportunità di valorizzazione della propria missione caratteristica».
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