2019-05-17
Si oppone ad aborto e unioni gay. Il M5s scarica il suo candidato
Il chirurgo Alessandro Murenu era in lizza per fare il sindaco a Cagliari, ma è stato travolto dalle polemiche per le sue posizioni sui temi etici. E il Movimento decide di togliergli il simbolo: «In città non correrà nessuno». La sua candidatura a sindaco di Cagliari è durata 48 ore. Un record quello del cardiochirugo Alessandro Murenu, che è stato scaricato da Luigi Di Maio e compagni pentastellati nel volgere di due giorni. Il suo nome e la lista collegata sono infatti scomparsi ieri mattina dagli elenchi pubblicati sulla piattaforma Rousseau per le elezioni amministrative del 16 giugno. Un giallo, quello della sparizione di Murenu, che è non è durato a lungo. Il Movimento 5 stelle infatti ha fatto sapere di aver revocato la certificazione del simbolo. Il motivo? Sul medico dell'ospedale Brotzu, nelle ore scorse, si era scatenata una bufera social per due post critici verso le unioni civili e l'aborto. Nel suo profilo Facebook, ora cancellato, apparivano i messaggi incriminati. Il primo: «Chiamare l'aborto un diritto della donna è come chiamare la lapidazione un diritto dell'uomo». Il secondo invece si scagliava contro le unioni civili tra omosessuali che «non possono essere ritenute omogenee al matrimonio». Il diretto interessato (58 anni, sei figli da due diversi matrimoni e nonno di una bambina) ha chiuso l'account mercoledì. E si è anche affrettato a chiarire la sua posizione: «La legge 194 non si tocca, così come non si torna indietro sui diritti delle persone omosessuali. La mia vita professionale e familiare testimonia questi valori, sono state prese a caso alcune frasi e totalmente decontestualizzate». Ma ormai era troppo tardi per le spiegazioni.L'«espulsione etica» decisa dai vertici nazionali pentastellati viene argomentata in una nota, che torna ad attaccare il Congresso di Verona: «Ci sono valori che fanno parte del Dna del Movimento, come l'idea di una donna che ha diritti e doveri identici a quelli dell'uomo. Nel lavoro, in famiglia, in amore», si legge nel documento, «siamo lontani anni luce dalle posizioni espresse a Verona e oggi torniamo sull'argomento per prendere le distanze da quanto affermato dal candidato di Cagliari. Ci vuole rispetto per la donna, ma soprattutto coerenza: se Murenu pensa davvero di associare rivendicazioni come quelle espresse a Verona contro la donna al simbolo del Movimento, si sbaglia di grosso ed è fuori dal nostro progetto». Quindi conclude: «La lista non era stata ancora depositata. Al candidato è stata revocata la certificazione e inibito l'uso del simbolo. Non ci saranno candidati sindaci a Cagliari».Quindi i grillini non correranno per la poltrona di primo cittadino del capoluogo sardo, anche perché obiettivamente manca il tempo per trovare un sostituto: il pasticcio avviene infatti a due giorni dalla scadenza del 18 maggio, fissata per la presentazione delle liste nell'ufficio elettorale della Corte d'Appello. Un epilogo che ha dell'incredibile se si pensa che alle politiche dello scorso anno il Movimento 5 stelle aveva superato a Cagliari il 40%. Incredibile anche il fatto che nessuno conoscesse le posizioni di Murenu (ammesso che siano effettivamente quelle) sui temi che gli sono costati la candidatura. La spiegazione si può forse trovare nella faida in atto in Sardegna tra le diverse anime pentastellate, che aveva portato a rinunciare a correre alle ultime elezioni regionali e anche agli scarsi risultati delle comunali di cinque anni fa. Se non interverrà nulla di nuovo, in lizza resteranno quindi Francesca Ghirra per il centrosinistra e Paolo Truzzu appoggiato da Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia, Udc, Partito sardo d'azione, Fortza Paris, Riformatori sardi, Energie per l'Italia e Unione democratica sarda.Nella nota che disconosce il medico, il Movimento 5 stelle tira in ballo il Congresso mondiale delle famiglie di Verona, che a suo tempo aveva fatto emergere divisioni nel governo: da una parte c'era la Lega (a favore), dall'altra i grillini, che non avevano partecipato alla manifestazione. Ieri, a stretto giro di posta, è arrivata la replica degli organizzatori, Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vicepresidente di Provita e Famiglia: «Ora basta», scrivono, «al M5s che ha revocato il simbolo al candidato per le “idee medievali" legate al Congresso di Verona rispondiamo così: ci porti un solo intervento dei relatori in cui si sottolinea o teorizza l'idea di una donna ridotta a schiava o obbligata a stare a casa. E l'obiezione di coscienza non è un'opinione, ma un diritto, quindi sull'aborto si può benissimo dissentire in democrazia. Se il partito di Di Maio», concludono, «ha deciso di far intraprendere ai suoi la carriera politica di Cetto La Qualunque trovi altre menzogne e banalità da quattro soldi su cui fare campagna elettorale».
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)