
Gli avvocati sul rischio conflitto di interessi: «Va ridata ai giudici l'indipendenza dai pm che fanno le nomine».Si è svegliato (ma non troppo) il Guardasigilli. Dopo giorni di mutismo, il ministro Alfonso Bonafede non ha trovato di meglio che vergare un vago post su Facebook per dire che bisogna fare qualcosa: «Il vero e proprio terremoto che sta investendo la magistratura dopo il cosiddetto caso Palamara impone una risposta tempestiva delle istituzioni». E così Bonafede preannuncia che porterà «all'attenzione della maggioranza» un suo progetto: riforma del sistema elettorale del Csm, nomine basate sul merito, no alle «porte girevoli» tra magistratura e politica. Ma sono purtroppo solo titoli e parole, che eludono il cuore della questione. Chi invece va direttamente al bersaglio è l'Unione delle Camere penali. Gli avvocati penalisti, guidati dal presidente Giandomenico Caiazza, hanno rilanciato la loro iniziativa su alcuni obiettivi garantisti: separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti più l'abrogazione di norme e prassi che consentono il distacco dei magistrati presso i vari ministeri, a partire da quello della Giustizia. «Quelle intercettazioni», scrive la giunta dell'Ucpi, «confermano in modo lampante quali siano i luoghi del potere giudiziario intorno ai quali si affannano senza tregua i vertici politici della magistratura: Procure della Repubblica e ministero di Giustizia. Una eclatante anomalia, se è vero che dovrebbe invece essere il giudice, cioè colui che pronuncia la sentenza, a interpretare il ruolo più alto e più forte della funzione giurisdizionale. Ma sappiamo tutti quale immenso, anomalo potere abbiano raggiunto nel nostro Paese gli uffici di Procura». Il ragionamento dei penalisti prosegue investendo la situazione in cui versa l'Anm, «il cui governo è immancabilmente affidato a magistrati del pubblico ministero pur rappresentando costoro nemmeno il 20% dell'intera magistratura italiana, è la più nitida fotografia di questa autentica anomalia democratica e costituzionale». Tra l'altro, ferma restando la presunzione di correttezza di ciascun magistrato, non si può non rilevare un rischio almeno potenziale: se la politicizzazione per correnti è così incisiva nell'assegnazione di nomine e incarichi, si può ritenere che un giudice abbia sempre la forza di essere davvero terzo dinanzi a un pm esponente di spicco di una corrente forte?Ecco quindi la proposta dell'Ucpi: «Occorre innanzitutto separare le carriere tra magistrati della pubblica accusa e giudici, prevedendo altresì due separati Csm, per restituire alla magistratura giudicante la sola, ma decisiva autonomia e indipendenza che le è oggi negata: quella dalla magistratura inquirente. Occorre poi, da subito, abrogare norme e vietare prassi che consentono il distacco di magistrati presso i ministeri».In ogni caso, i penalisti sollecitano il Parlamento a prendere in mano il progetto di legge di iniziativa popolare per la separazione delle carriere, promosso proprio dall'Ucpi e sottoscritto da oltre 70.000 cittadini: «È finito il tempo delle ipocrisie, delle anime belle e dei sepolcri imbiancati. Gli uffici di Procura sono i luoghi nei quali si esercita il potere più forte e incontrollato tra tutte le istituzioni del Paese».Va infine segnalato un particolare eloquente. Sabato, anniversario dell'eccidio di Capaci, pochi hanno ricordato la posizione di Giovanni Falcone a favore della separazione delle carriere, espressa in un'intervista a Repubblica del 3 ottobre 1991: «Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e pm siano in realtà indistinguibili». E ancora: «Chi, come me, richiede che siano due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell'indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell'azione penale, desideroso di porre il pm sotto il controllo dell'esecutivo. È veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializzazione del pm con questioni istituzionali totalmente distinte». Non è un caso che su queste convinzioni di Falcone sia calato l'oblio.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





