2023-05-12
Senza figli l’Italia si suicida: saremo 11 milioni in meno. A rischio 500 miliardi di Pil
Gian Carlo Blangiardo (Ansa)
L’ex presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo agli Stati generali della natalità: «Declino nel giro di pochi decenni». Il ministro Francesco Lollobrigida: «La nostra etnia va tutelata».Si sono aperti ieri a Roma gli Stati generali della natalità. Un evento importante, giunto alla terza edizione, che ha saputo attirare l’attenzione della gente, della politica e degli addetti ai lavori,zione critica, per non dire drammatica, che descrive, allo scopo di contrastarla. Il presidente Gigi De Paolo ha aperto la due giorni sfatando alcuni miti che circolano sulla questione della natalità, vista da taluni come argomento divisivo e di parte. Si tratta invece un tema urgente e improcrastinabile nell’Italia e nell’Europa di oggi. Esso non deve generare né catastrofismo inutile (tipo quello della crociatina green Greta Thunberg), né contrapposizioni ideologiche e strumentali. Ma impegno ideale, risposte politiche e sostegno morale e concreto alle famiglie d’Italia. Dopo il suo intervento, è stata data lettura del messaggio del presidente Mattarella. Il quale ha descritto come «ardua», nell’Italia del 2023, la «strada della genitorialità». Citando l’articolo 31 della Costituzione, ha invitato la politica ad «agevolare la formazione della famiglia», con particolare riguardo «alle famiglie numerose». A destare una immensa attenzione sono stati i moniti lanciati da Gian Carlo Blangiardo. Ex presidente dell’Istat e statistico di razza, Blangiardo da sempre si batte, corpo e anima, contro l’inverno demografico e per una ripresa strategica (ed epocale) della natalità e della famiglia numerosa, secondo la migliore tradizione italiana. Dialogando in modo aperto e non cattedratico con De Palo, Blangiardo ha snocciolato una serie di dati e di prospettive da brividi, ma ha anche spiegato che le soluzioni esistono, se veramente vogliamo prendere il toro della «desertificazione demografica» per le corna.Blangiardo osserva che «la popolazione italiana è sempre cresciuta», salvo durante le guerre. Ma ora invece decresce. E «un grande Paese che inizia a perdere popolazione», come fa l’Italia dal 2014, rischia «di non essere più un grande Paese». La qualità certo è più importante della quantità, ma con quantità insufficienti, anche la qualità rischia di correre al ribasso. Nella storia italiana degli ultimi secoli, secondo il demografo, ci sono sempre stati «più nati che morti». Ora invece siamo un Paese «con più morti che nati», e la forchetta tende ad allargarsi. I dati del 2022 sono di «213.000 morti a fronte di 393.000 nascite». Quindi i 59 milioni di italiani di oggi, «scenderanno a 48 milioni scarsi», con la sparizione di 11 milioni di persone, e questo in pochi decenni. La grandezza italiana, ha sottolineato, come quella francese o tedesca, dipende anche dalla vastità demografica. Se non si cambia strada, la prospettiva sarà di «800.000 mila morti, a fronte di 300.000 nati». Questo declino demografico porterà, ha aggiunto, alla perdita netta di «500 miliardi di Pil»: un vero suicidio economico. E questo, unito all’invecchiamento, produrrà un situazione ingestibile, proprio in un contesto in cui «ci sarà più bisogno di risorse», per pensioni e welfare. Blangiardo ha riconosciuto che una certa immigrazione può aiutare, ma tutto dipende dal tipo di immigrazione e dal «governo del fenomeno». In ogni caso, l’apporto migratorio, ignorando per un attimo i suoi disagi e i suoi costi, «non risolve il problema». Sul tema è intervenuto anche il ministro Francesco Lollobrigida, sostenendo che, se «una razza italiana non esiste», esiste però «una cultura, un’etnia italiana, che immagino che in questo convegno si tenda a tutelare». Per Lollobrigida, «la popolazione del mondo cresce e tanti di quelli che nascono nel mondo vorrebbero venire a vivere in Italia. E allora perché preoccuparsi delle nascite in Italia? Se la risposta è incrementare la natalità, è probabilmente per ragioni legate alla difesa di quell’appartenenza, a cui molti sono legati, io in particolare con orgoglio, a quella che è la cultura italiana, al nostro ceppo linguistico, al nostro modo di vivere». Vedremo cosa diranno oggi papa Francesco e Giorgia Meloni, unitissimi sui temi caldi della vita, della famiglia e della lotta senza quartiere all’inverno demografico. Una considerazione forse cinica, che gli ospiti di De Palo non hanno fatto, vorremmo farla noi. Che senso può avere la lotta per il rilancio della natalità, se poi, al contempo, le istituzioni e le agenzie educative del Paese, restano inchiodate al mito-dogma dell’aborto senza limiti, che della crisi demografica è una della cause principali? Come si può da un lato incoraggiare le nascite, senza cui si prevede il peggio, e poi sostenere, anche con somme ingenti, l’assoluta legittimità dell’aborto, che non si cerca di ridurre, ma in qualche modo di allargare, «santificare» e giustificare sempre più?