2019-09-19
Senza deficit, il Qe non risolleva l’economia
La Banca centrale europea stamperà 20 miliardi al mese per acquistare titoli di Stato: obiettivo, stimolare crescita e inflazione. Ma se non si mettono più soldi in tasca alla gente, i consumi non ripartono. E il credito offerto dagli istituti resta inaccessibile.Esistono due modi per aumentare la spesa complessiva e quindi alimentare la crescita economica. L'economista James Kenneth Galbraith la metteva giù piatta in un suo articolo del 2010. «Il primo è far spendere il governo. Il secondo è far prestare le banche». Lasciando perdere le consuete supercazzole sull'innovazione di processo e di prodotto o sulla competitività del sistema Paese, questo è tutto ciò che si deve sapere prima di mettere mano all'economia. I soldi del governo e i soldi delle banche sono i due unici motori che possono rimettere in moto un Paese in ginocchio. Ma con una differenza sostanziale perché i due metodi non sono affatto equivalenti.Il deficit (fatto con la maggiore spesa pubblica e/o le minori imposte) finanziato con l'emissione di base monetaria da parte della banca centrale lascia infatti nelle tasche di famiglie e nelle casse delle imprese più soldi. Benzina fresca e pulita che può quindi essere utilizzata per alimentare ulteriormente i consumi e gli investimenti privati in un circolo virtuoso. Sono soldi che accrescono il reddito e quindi aumentano la ricchezza finanziaria netta. Un beneficio che invece i soldi prestati dalle banche non possono verosimilmente garantire.Sta tutta qui la fobia del deficit di cui soffrono banchieri, economisti ed esperti assortiti che questa paura vogliono morbosamente trasmetterci con le loro giaculatorie sui conti pubblici in ordine. Ai banchieri il deficit non piace. I soldi nell'economia vorrebbero metterli loro. Ma in questo secondo caso la ricchezza finanziaria netta del debitore non cresce subito, almeno nell'attesa che gli investimenti effettuati producano i loro effetti positivi mancando i quali il prestito si trasforma in insolvenza. Entrambi i motori servono, questa è una certezza. Ma un'altra cosa è altrettanto sicura: quello che fa uno dei motori non può farlo l'altro. Ora la Bce stamperà dal nulla 20 miliardi al mese con cui acquisterà titoli di Stato nella vana speranza di alimentare la crescita economica e far riprendere l'inflazione. Un programma le cui regole dovranno cambiare in corsa. La ripartizione dei soldi da spendere fra i vari Paesi avviene in base alle quote di capitale detenute dalle singole Banche centrali nazionali (la cosiddetta Capital key). E in ogni momento la Bce non potrà detenere oltre un terzo del debito pubblico di ciascuno Stato. La casa di investimento Jefferies stima che di questo passo fra dieci mesi la Bce non potrebbe più acquistare Bund. Solo aumentando questa percentuale al 40% si stima che la Bce potrebbe acquistare titoli di Berlino per due anni e mezzo ancora.Far ripartire l'inflazione con la semplice stampa di moneta è però una vana speranza. I prezzi aumentano infatti solo se la gente compra e quest'ultima potrà farlo solo in presenza di un reddito e quindi di un lavoro. Non a caso al primo anno di economia si spiega una cosa talmente ovvia che dovrebbe essere sottintesa: più la disoccupazione è alta, più l'inflazione è bassa. Più è bassa, più i prezzi salgono. E a dirlo chiaramente è pure Mario Draghi, che verrà sostituito a Francoforte da Christine Lagarde. «La politica di bilancio deve giocare il suo ruolo stimolando l'economia quando questa è debole e non lasciando alla sola Bce questo compito. Nell'ultimo decennio l'aggiustamento macroeconomico è toccato in modo sproporzionato alla politica monetaria», spiegava chiaramente il governatore preannunciando lo scorso 18 giugno a Sintra il nuovo Quantitative easing (Qe).Quando scoppiò la crisi dei mutui subprime nel 2007, le banche incassavano il 3% sulle riserve depositate a Francoforte e il bilancio della Bce ammontava a poco più di 1.000 miliardi. Oggi che è quasi quintuplicato (oltre 4.600 miliardi) e le banche che depositano soldi in Bce pagano fino allo 0,5%, l'inflazione media nell'Eurozona è comunque scesa di oltre un punto rispetto al 2,5%. Il vecchio Continente annaspa mentre l'Italia affoga. Nel mondo ci sono circa 13.000 miliardi di dollari in obbligazioni che danno un rendimento negativo dopo aver toccato un picco di 17.000 miliardi. Grosso modo un quinto del totale. Tenendole cioè fino a scadenza una volta acquistate non si arriva a recuperare - fra capitale e interessi incassati - quanto speso. «Nel passato», scriveva il Financial Times lo scorso 2 agosto, «le banche centrali fissavano il costo del denaro usando i tassi di interesse. In futuro regalandolo».Il Qe atto secondo è quindi destinato a fare la stessa fine del primo, cioè puntellare il bilancio delle banche con le plusvalenze derivanti dalla vendita alla Bce dei titoli di Stato, che faranno scopa con le perdite sui crediti del passato e che gli istituti continueranno a non erogare in futuro. La certezza sta proprio qui. Quel credito che il Qe dovrebbe teoricamente stimolare rimarrà semplicemente al palo. Dal 2011 al 2019 gli impieghi bancari a famiglie e imprese sono diminuiti, secondo l'Abi, da 1.691 a 1.436 miliardi. Vale a dire circa 255 miliardi o se preferite oltre 85 milioni di crediti in meno ogni giorno. Nonostante nel frattempo Francoforte abbia stampato quanti più soldi poteva. Il credito costerà pure zero (anzi, anche meno di zero) ma rimane di fatto inaccessibile ai più, lasciando in panne pure il secondo dei due motori dello sviluppo - il credito bancario - dal momento che il primo - il deficit - è già volutamente spento da un pezzo. Per quanto incredibile possa sembrare, alle banche per fare credito tutto serve meno che il denaro della Bce. È necessario un patrimonio che possono iniettare solo gli azionisti e che consenta di far fronte a perdite sui crediti attese e inattese. Serve una domanda di prestiti che può partire solo da famiglie e imprese, ma questa in presenza di una crescita economica asfittica non potrà che languire. Serve la ragionevole aspettativa che il denaro prestato possa infine tornare indietro. Tutte cose - patrimonio, domanda e fiducia - che il Qe della Bce non potrà assicurare.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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