2018-06-19
Dalla fede e da Chesterton nascono le scuole
Nelle Marche c'è un'esperienza educativa originale: né statale, né paritaria, ma libera. Al centro ci sono il cristianesimo e gli insegnamenti dello scrittore inglese. Un'opera che, secondo l'intellettuale Rod Dreher, può aiutare a ricostruire una civiltà.Il fondatore Marco Sermarini: «Ci chiamano da tutta Italia, ma non siamo un format da esportare».Lo speciale contiene due articoliSulla Riviera delle Palme nelle Marche c'è l'esperienza di scuola parentale italiana che è stata presa a riferimento dall'intellettuale americano Rod Dreher nel suo Opzione Benedetto, un libro che non smette di far discutere sociologi e teologi di mezzo mondo. Gli Stati Uniti, patria dell'homeschooling (o istruzione domiciliare), sono venuti nel Piceno per capire cosa c'è dietro l'esperienza della scuola Chesterton, messa in piedi nel 2008 dall'avvocato Marco Sermarini e da alcune famiglie che condividono fino in fondo un progetto educativo di grande libertà.Il primo giorno di scuola è stato il 15 settembre 2008 con appena quattro alunni, oggi ci sono circa 70 ragazzi divisi in tre classi di scuole medie, cinque classi di liceo delle scienze umane e alcuni alunni di scuola professionale con indirizzo elettronico, estetista e alberghiero. Il tutto gestito da una società cooperativa denominata «Capitani coraggiosi», che da tempo si occupa di educazione attraverso doposcuola e centri estivi. Gli insegnanti spesso sono genitori e vivono il loro ruolo come una missione più che un lavoro. Nel 2008 si è partiti da un piccolo locale, ora la scuola si è ingrandita e ha compiuto uno sforzo economico notevole, acquisendo spazi più ampi. Il tutto è avvenuto con l'autofinanziamento dei membri della cooperativa e grazie alle donazioni, permettendo così alla scuola di conservare libertà educativa e di scelte.La sede è a Porto d'Ascoli, ma usufruisce anche del palazzetto dello sport di Martinsicuro e della splendida area sportiva e agricola di Santa Lucia a San Benedetto del Tronto. È una scuola libera, né statale, né paritaria. A livello legislativo è legittimata dalla riforma Casati del 1859, da quella Gentile del 1923, dalla Costituzione del 1948 e dal Testo unico sulla Pubblica istruzione: «I genitori dell'alunno che intendano provvedere privatamente o direttamente all'istruzione del minore devono dimostrare di averne la capacità tecnica o economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità (sindaco e dirigente dell'istituto più vicino)». I ragazzi della scuola Chesterton ogni anno devono sostenere gli esami di idoneità alla classe successiva presso una scuola pubblica o paritaria, oltre i normali esami di licenza e di maturità. La retta scolastica varia tra i 70 euro mensili per un ragazzo delle medie ai 110 euro per le superiori, ma i Capitani coraggiosi si danno molto da fare per raccogliere fondi, innanzitutto con il Chesterton gala, un appuntamento annuale che vede coinvolta tutta una comunità di famiglie e chiama in causa i ragazzi in prima persona, sia nell'organizzazione che nell'animazione.L'essere una scuola libera non dà diritto di godere dei finanziamenti garantiti alle scuole paritarie, ma d'altra parte, si legge sul loro sito web, questo «ci consente di scegliere i docenti secondo gli ideali posti a base della scuola e che la scuola intende perseguire». Li anima la fede cattolica e al centro del progetto educativo c'è la famiglia, in particolare, dicono: «crediamo nella vera libertà e fuggiamo il conformismo». L'idea della scuola deve molto all'opera del grande scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton che ha segnato l'esistenza del fondatore Sermarini, e la scintilla per far esplodere l'idea è venuta da un avvertimento che Chesterton diede in un conferenza del 1930 contro quello che intravvedeva come pericolo mortale dei nostri tempi, e cioè «la standardizzazione verso bassi standard». Il livellamento verso il basso che è ben visibile non solo nella scuola, pubblica e paritaria, ma che forse nella scuola trova la sua origine.Intorno alla scuola Chesterton c'è un mondo, quello che in altre istituzioni educative è semplicemente attività extracurriculare per la realtà di Porto d'Ascoli è un tutt'uno con l'offerta educativa. Il teatro, l'organizzazione del gala, un'ora alla settimana di quella che chiamano via pulchritudinis, cioè la scelta di argomenti che possano evocare nell'animo dei ragazzi un ideale di bellezza, quindi ci sono attività sportive con una cooperativa ad hoc, poi c'è una cooperativa per l'inserimento di soggetti svantaggiati che fa anche attività di commercio online. La scuola è gemellata, e non solo formalmente, con la Chesterton academy di Edina in Minnesota (Usa), una high school partita anch'essa nel 2008 con gli stessi ideali.Tutte queste proposte non sono rivolte solo agli studenti e alle loro famiglie ma a tutti, alla città e al mondo, perseguendo così fino in fondo quell'ideale che il libro di Dreher chiama «opzione Benedetto», cioè essere un lievito capace di rifermentare la massa a partire dalla propria identità. In questo contesto rientra anche il rapporto con i monaci benedettini di Norcia, che sono da considerarsi un po' come l'anima spirituale di questa opera educativa. C'è anche un esempio molto bello di collaborazione per cui il monaco padre Cassian Folsom, fondatore della comunità di Norcia, il primo sabato del mese va sulla costa per una giornata intera a discutere di un argomento secondo il metodo di San Tommaso d'Aquino. È rivolto ai ragazzi della scuola Chesterton, ma anche ai genitori e agli studenti universitari che vogliono partecipare.Una realtà che ha attirato l'interesse di Rod Dreher perché nata con la forte spinta di ritornare alle radici di libertà che affondano nel terreno della tradizione e della cultura che hanno edificato una civiltà. La nostra innanzitutto, quella italiana, ma più in generale quella di un mondo occidentale ormai in decadenza e incapace di riconoscere il ruolo della famiglia e dell'educazione.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/scuola-chesterton-2579210046.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lopzione-benedetto-e-possibile-se-ce-una-comunita-alle-spalle" data-post-id="2579210046" data-published-at="1757844687" data-use-pagination="False"> «L’opzione Benedetto è possibile se c’è una comunità alle spalle» «Quando sarò grande vorrei fare una scuola». Aveva le idee chiare Marco Sermarini, oggi 52 anni, quando nel 1984 uscendo dal liceo aveva intuito il suo futuro da fondatore. In realtà di mestiere fa l'avvocato penalista, «il criminal lawyer, come dicono gli americani». Com'è nata la scuola? «Nostro figlio Piergiorgio doveva iscriversi alla prima media e le suore da cui aveva fatto le elementari non se la sentivano di aprirne una. Così, con quell'idea piantata nella testa, a forza di leggere quel genio di Gilbert Keith Chesterton, abbiamo deciso di iniziare questa esperienza». Non si fidava della scuola pubblica? «Dire così è riduttivo. Penso semplicemente che noi come genitori abbiamo il diritto e il dovere di educare i figli e di non delegare a nessuno questo compito. Quest'idea è diventata una scuola, per coinvolgermi completamente nell'educazione dei miei figli. La scuola è una parte della vita della nostra famiglia e poi è parte di una comunità e anche della città. Questa in fondo è l'idea dell'Opzione Benedetto di Rod Dreher, non è una fuga, come purtroppo a volte si dice per interpretare il libro dell'amico Rod. La nostra idea di educazione è quella di stare nel mondo, ma con un'identità e una forza. Quando la scuola è nata è diventato sempre più chiaro che quel compito che ci eravamo dati non era solo un'impresa sussidiaria, ma un'urgenza affidata a noi». Qualcuno potrebbe pensare che così tenete i ragazzi in una campana di vetro. «Sorrido perché è un obiezione da supermercato, mentre il commesso taglia il prosciutto. Perché i ragazzi vengono e vivono nel mondo e poi il mondo entra e trasborda in ogni dove. Dalla finestra, dal televisore, dai social, entra da tutte le parti, quindi non capisco il ragionamento. Noi vogliamo semplicemente educare i ragazzi e coltivare i nostri ideali, non c'è ritirata - o peggio, fuga - ma l'affermazione di un diritto: quello di rimanere ciò che siamo in virtù di ciò in cui crediamo». Capisco, ma si dice del dialogo e del confronto che poi mancano, no? «Io penso che a livello educativo buttare un ragazzino di 11 anni nella mischia sia la scelta educativa peggiore. Perché è quando si è maturi che si decide veramente chi si è, a 11 anni purtroppo si assorbono solo le ideologie dominanti. Uno deve crescere secondo un'idea ben precisa e non mettendo insieme indistintamente 20 idee inconciliabili tra loro. Per rimanere indenne dal relativismo occorre coltivare la propria identità e tradizione, se no non cresceremo mai uomini capaci di fare scelte autentiche. Non esiste l'autoeducazione respirando l'aria del mondo a pieni polmoni, non è mai esistita se non in questa nostra epoca un po' bizzarra». Le chiedono di impiantare scuole come la sua in giro per l'Italia? «Sì, ma di solito dico di no, perché questo non è un format. Le scuole parentali non nascono come i funghi, ci deve essere una comunità a monte. Ogni tanto qualcuno ci chiama e ci dice: “Perché non venite a fare la vostra scuola anche da noi? Perché non venite ad aprire la scuola anche qui?". Di solito rispondo così: “No, io non devo fare nulla. Già faccio fatica a fare la mia, la dovete fare voi. E non perché avete paura, che ne so, del gender a scuola. Noi l'abbiamo fatta prima e a prescindere, perché crediamo in quel diritto e in quel dovere". Negli Usa questo è pane quotidiano: vivendo una società pluralistica per natura, chi è cattolico e vuole mantenere la sua fede si mette in gioco fino in fondo». A suo parere qual è il grande limite della scuola oggi? «La mentalità utilitaristica, che non è morta con i suoi teorici. Non esiste lo studio per lo studio, come diceva il grande cardinale John Henry Newman, cioè l'idea che lo studio possa davvero amplificare prima di tutto la tua umanità. In fondo al tunnel c'è solo il pezzo di carta, la laurea, magari un dottorato in giro per il mondo. E ti senti splendido perché hai scritto quattro paper in tutta la tua vita. Magari parli cinque lingue e non sai niente di ciò che sei come uomo». Come vanno i rapporti con le istituzioni? «Buoni, quello che chiediamo è solo la possibilità di avere spazi di libertà e meno burocrazia. Noi crediamo che questo modo di vivere sia quello che ha dato origine all'Europa, sotto la spinta del cristianesimo. Pertanto chiediamo solo di essere riconosciuti come soggetto con cui dialogare per il bene comune».