
Improvvisamente, dopo anni di governi dell’austerity, in cui stringere la cinghia era considerato buono e giusto, la sinistra scopre che il controllo del deficit, il calo dello spread e il minor costo del debito non sono un valore. Così la legge di Bilancio, orientata a un difficile equilibrio tra il superamento della procedura d’infrazione e la distribuzione delle scarse risorse disponibili nei punti nevralgici dell’economia puntando a far scendere il deficit sotto il 3% del Pil, è per l’opposizione una manovra «senza ambizioni». O una strategia per creare un tesoretto da spendere in armi o per la prossima manovra del 2027 quando in ballo ci saranno le elezioni, come rimarcato da Tino Magni di Avs.
È stata questa la linea cavalcata dalla sinistra nell’audizione del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in Senato sulla legge di Bilancio. Certo le risorse sono quelle che sono, e Giorgetti, non lo nasconde ma, in modo molto concreto, replicando al tiro dell’opposizione, ha evidenziato due punti: la difficile congiuntura internazionale con la guerra in Ucraina che «ha stravolto il quadro delle forniture di energia a chi era dipendente dalla Russia e non ha altre fonti, e una situazione dei tassi d’interesse che non è quella di cinque anni fa». Sopra di tutto c’è, altra considerazione realistica, che «non siamo una grande potenza e non abbiamo la bacchetta magica per dire alla Ue cosa fare in termini di politica industriale e quando non sei una grande potenza devi usare la difesa. Se ad esempio, sulla politica commerciale, stiamo ad aspettare cosa accade nel globo, l’industria in Europa rischia di scomparire nel giro di 5 anni».
Poi, tornando sul debito pubblico, ha evidenziato che «se i tassi fossero a zero l’emissione del debito costerebbe meno. Siccome la Bce tiene alti i tassi devo ridurre lo spread». Va ricordato che il Tesoro si trova a rinnovare ogni anno 400 miliardi di titoli del debito e la fiducia degli investitori, come si è realizzato con la stabilità del governo e l’attenta politica di bilancio, è fondamentale.
Giorgetti poi, a fronte delle richieste di maggiori spese dalla sinistra, ha ricordato che «i nuovi parametri europei impongono un’attenta valutazione degli effetti finanziari delle proposte emendative alla luce del rispetto dei saldi di finanza pubblica e della traiettoria della spesa». La manovra quindi «conferma la strategia seguita dal governo negli ultimi tre anni, un approccio che in periodo complicato ha bilanciato il supporto a specifici settori con l’esigenza di mantenere in ordine i conti pubblici. La politica di bilancio ha contribuito al recente miglioramento del rating e dei titoli del debito pubblico».
Alle critiche di aver trascurato i ceti più bassi, Giorgetti ha risposto, che questi hanno beneficiato negli anni passati di una serie di interventi. Il titolare dell’Economia ha spiegato che, con il taglio Irpef, vengono tutelati «i contribuenti con redditi medi» e si estende «la platea di chi aveva beneficiato del cuneo fiscale coinvolgendo il 32% del totale dei contribuenti». Nella manovra poi sono presenti risorse per chi firma in tempo i contratti.
Nel mirino anche la casa e la sanità. Il Piano Casa, ha ricordato il ministro, è finanziato dal fondo clima per 1,3 miliardi e ci sono le risorse sul Fondo sviluppo e coesione. Quanto all’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi, Giorgetti si è detto disponibile a valutare eventuali modifiche, ma va considerato «che il sistema ha prodotto un vantaggio degli affitti turistici rispetto a quelli destinati alle famiglie». Per la sanità ha ricordato che la legge di Bilancio stanzia più di 7 miliardi. «Che il costo della sanità aumenti è indubbio ma il governo ha dovuto rimediare anche al problema del Pay back dei governi passati».
Nel corso dell’audizione è stato sollevato il tema che senza i soldi del Pnrr l’Italia sarebbe in recessione. «Si sarebbero comunque fatti altri investimenti» ha detto il ministro.
Altro argomento polemico dell’opposizione è di voler tagliare le spese per la sanità in favore degli armamenti. Giorgetti ha puntualizzato che «il governo agli inizi del prossimo anno finanziario informerà il Parlamento sulle spese militari nel prossimo triennio e, in caso di necessità, l’Italia potrebbe valutare l’attivazione della clausola di salvaguardia». Il ministro ha precisato che difesa e sanità sono due canali di spesa diversi e quindi non c’è alcun baratto.
Infine le banche: «Il governo ha presentato la sua proposta il Parlamento è sovrano ma ogni azione deve essere proporzionata rispetto alle finalità». La linea della prudenza seguita dal Tesoro, ha avuto il riconoscimento della Banca d’Italia. Fabrizio Balassone, vicecapo dipartimento Economia e statistica, audito in Senato, ha però criticato il contributo agli istituti («sarebbe opportuno evitare modifiche alla tassazione per le banche») e la rottamazione («uno strumento che in passato non ha accresciuto l’efficacia nel recupero di gettito»). L’Istat ha riconosciuto che cresce la spesa pubblica per la sanità ma aumenta la rinuncia alle cure e permangono le criticità sul ricambio del personale.






