
Migliaia di persone in strada per chiedere il rilascio degli ostaggi. Netanyahu: chi vuole ora lo stop alla guerra aiuta Hamas.Ieri decine di migliaia di persone sono scese in strada a Tel Aviv sin dalle prime ore del mattino per partecipare allo sciopero generale nazionale convocato dal Forum delle famiglie degli ostaggi. La mobilitazione, partita alle 6.30 (le 5.30 in Italia), aveva come obiettivo la richiesta di un accordo per la fine della guerra a Gaza e il rilascio dei rapiti ancora nelle mani di Hamas. Secondo i media israeliani, le manifestazioni hanno paralizzato le principali arterie di accesso alla città, generando blocchi stradali diffusi e ci sono stati almeno 40 arresti. Gli organizzatori attendevano la presenza di un milione di persone nella centrale piazza degli Ostaggi, cuore simbolico della protesta, mentre in tutto il Paese erano state programmate centinaia di iniziative parallele. Alla manifestazione è intervenuto il presidente Isaac Herzog, che ha voluto incontrare i familiari dei sequestrati. «L’intero popolo vuole la loro liberazione», ha dichiarato, «voglio dire agli ostaggi nei tunnel che non li dimentichiamo e che stiamo facendo tutto il possibile per riportarli a casa. Chiedo alla comunità internazionale di fare pressione su Hamas». In piazza anche il leader dell’opposizione Yair Lapid, che ha ribadito il sostegno al Forum: «Oggi chiudiamo il Paese. I nostri ostaggi non sono pedine che il governo può sacrificare per il bene dello sforzo bellico, sono cittadini che devono tornare alle loro famiglie. Non ci fermeranno». Secondo critici vicini al governo, tuttavia, la protesta avrebbe come obiettivo politico quello di far cadere l’esecutivo, utilizzando la tragedia degli ostaggi come leva contro Netanyahu. Proprio il primo ministro si è scagliato con durezza contro i manifestanti. Aprendo la riunione del governo, Netanyahu ha accusato: «Coloro che oggi chiedono di porre fine alla guerra senza sconfiggere Hamas non solo stanno inasprendo la posizione di Hamas e ritardando il ritorno dei nostri ostaggi, ma stanno anche garantendo che gli orrori del 7 ottobre si ripeteranno e che dovremo combattere una guerra senza fine». Il premier ha ribadito che il controllo della sicurezza israeliana su Gaza resta una condizione non negoziabile per la chiusura del conflitto. «Hamas rifiuta queste condizioni», ha sottolineato, «noi insistiamo non solo sul disarmo di Hamas, ma anche sulla smilitarizzazione di Gaza nel tempo, agendo costantemente contro qualsiasi tentativo dei gruppi terroristici di riarmarsi o riorganizzarsi». Netanyahu ha inoltre messo in guardia sul vero obiettivo dell’organizzazione jihadista: «Hamas vuole che ci ritiriamo completamente dalla Striscia di Gaza, a nord e a sud, lungo il Corridoio di Filadelfia che impedisce il contrabbando, e dal perimetro di sicurezza che protegge le nostre comunità. Questo permetterebbe loro di riorganizzarsi, riarmarsi e attaccarci di nuovo, minacciando Nir Oz, Kisufim e Sderot».Il capo di stato maggiore delle Forze di difesa israeliane (Idf), Eyal Zamir, ha annunciato che l’esercito «si appresta a lanciare la prossima fase» dell’operazione contro Hamas a Gaza City, «fino alla sua completa sconfitta». In visita nella Striscia di Gaza questa mattina, Zamir ha ribadito che le forze armate sono «moralmente impegnate a riportare a casa tutti gli ostaggi, vivi o deceduti». Le dichiarazioni giungono a pochi giorni dall’approvazione da parte del gabinetto di sicurezza del piano che prevede l’occupazione di Gaza City. «Oggi abbiamo dato il via libera alla nuova fase del conflitto. Preserveremo lo slancio dell’operazione Carri di Gedeone, con il focus sulla città di Gaza», ha affermato il generale, ricordando l’offensiva lanciata lo scorso maggio contro le milizie islamiste. Dal canto suo Hamas ha condannato il progetto israeliano definendolo «una nuova ondata di genocidio e di espulsioni forzate» per centinaia di migliaia di civili. Il movimento jihadista ha inoltre accusato Israele di «voler mascherare con un inganno evidente» il piano di trasferimento dei residenti attraverso la predisposizione di tende e rifugi nel sud della Striscia di Gaza.
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Dal 9 ottobre Michela Giraud porta in scena un esperimento di satira collettiva: un gioco di parole, sarcasmo e leggerezza che rinnova la tradizione del roast con uno stile tutto italiano.
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