2025-10-10
Doppia mamma: la Cedu stronca la Consulta
Secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, l’Italia non violò le prerogative di un minore annullando, nel 2018, l’iscrizione della madre «intenzionale». Le nostre toghe, invece, interpretando a modo loro la Costituzione, ne impongono il riconoscimento.L’Italia non è obbligata a riconoscere «la seconda madre» nel certificato di nascita di un bambino concepito all’estero con la procreazione assistita, che per il nostro ordinamento è vietata alle coppie dello stesso sesso. La recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), stabilisce che non c’è stata violazione, dunque, dei diritti di un minore per aver annullato nel 2018 l’iscrizione della madre intenzionale, ovvero quella non biologica. Il ricorso era stato presentato da due donne bellunesi.Una posizione, quella di Cedu, del tutto diversa dalle conclusioni a cui erano giunti lo scorso maggio i giudici della Consulta, che dichiararono incostituzionale l’articolo 8 della legge numero 40 del 2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita, Pma) sullo stato giuridico dei nati in Italia a seguito dell’applicazione di queste tecniche all’estero. In assenza di legame biologico la legge non consentiva alcun riconoscimento diretto del figlio. L’unica via possibile era l’adozione, in casi particolari.Per la Corte costituzionale, invece, andava comunque tutelato lo stato di figlio dei nati da «coppie di madri». E la sentenza numero 68 del maggio scorso venne accolta con grande soddisfazione da diverse donne che volevano comparire entrambe nel certificato di nascita del bimbo concepito all’estero. A sollevare la questione di legittimità era stata la Procura di Lucca, che aveva impugnato il certificato di riconoscimento di uno dei due figli di Glenda Giovannardi e Isabella Passaglia, avvocate unite civilmente, in quanto nato il 3 aprile 2023 a Lido di Camaiore dopo la scelta della procreazione assistita a Barcellona e a distanza di un mese dalla circolare del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che di fatto vietava le trascrizioni anagrafiche dei figli di coppie omogenitoriali.«È una sentenza storica che cambia la vita di tutte le donne che, con le compagne o le mogli, vogliono avere un figlio perché non dovranno più sottoporsi all’umiliante procedura di adozione. Tutte le impugnazioni della procura e del ministero dell’Interno che intasano i tribunali cadranno», aveva commentato a maggio su Novaradio Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford, avvocato delle due donne che hanno fatto il ricorso.Festeggiarono anche Cinzia Dell’Olivo e Monica Burigo di Mel, frazione di Borgo Valbelluna (provincia di Belluno), rispettivamente madre biologica e madre intenzionale di un bimbo concepito dopo Pma in una clinica spagnola con il seme di un donatore anonimo e nato a Feltre nel maggio del 2018. «Non ho parole: piango e rido di felicità. Ho mille parole in testa… e non esce nulla. Le emozioni sono fortissime», raccontava lo scorso maggio sui social Monica subito dopo aver appreso l’esito della sentenza. Postava foto dei due figli e di Cinzia, con la quale si era unita civilmente. Le due donne sostenevano di avere «elaborato insieme un piano genitoriale» e l'8 giugno 2018 il sindaco di Mel, Stefano Cesa, aveva trascritto il certificato di nascita del bimbo al quale vennero assegnati entrambi i cognomi. Il 5 ottobre dello stesso anno la Procura di Belluno presentava istanza di annullamento e con sentenza del 27 gennaio 2021 il tribunale dichiarava illegittima la trascrizione. Sentenza confermata in Appello il 5 maggio 2021. Davanti all’ennesimo ricorso delle due bellunesi (che avevano lanciato una raccolta fondi per affrontare le spese legali), pure la Cassazione lo rigettava nell’agosto del 2023. Inoltre, la Corte suprema aveva ritenuto che l’indicazione della doppia genitorialità non fosse essenziale per la tutela del minore perché, ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale numero 79 del 2022, l’adozione costituiva un meccanismo adeguato a stabilire legami giuridici con la famiglia dell’intenzionale, senza escludere quelli con la famiglia del genitore biologico.«L’adozione non garantisce il minore», protestò l’avvocato Maurizio Paniz, legale delle due signore. Presentò ricorso contro la Repubblica italiana, che venne depositato presso la Corte europea dei diritti dell’uomo il 24 novembre 2023. Il bimbo avrebbe subìto una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, garantito dall’articolo 8 della Convenzione nei seguenti termini: «Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare […] Non può esservi ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto».Inoltre, l’annullamento della trascrizione del suo atto di nascita l’avrebbe privato «dell’identità personale e sociale che ha costruito fin dalla nascita, in un ambiente in cui è sempre stato riconosciuto come figlio delle sue due madri». Nel ricorso alla Cedu, l’avvocato Paniz aveva posto anche il tema del riconoscimento di un ristoro da parte dello Stato italiano alle due mamme di Mel, in quanto inadempiente rispetto alle normative europee. «La Corte europea dovrà decidere se il disagio derivato soprattutto al minore per una posizione di diseguaglianza sia fonte di risarcimento del danno», aveva dichiarato lo scorso maggio il legale ai microfoni di AntennaTre.La Cedu, invece, con 6 voti contro 1 ha ritenuto che non vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione. Secondo i giudici di Strasburgo, il desiderio di far riconoscere un rapporto tra il bambino e la madre intenzionale «non incontrava un’impossibilità generale e assoluta», perché non appena la sentenza del tribunale aveva ordinato la rettifica dell’atto di nascita del bimbo la signora aveva l’opportunità di presentare una domanda di adozione «ai sensi dell’articolo 44 della legge 184 del 1983 e, quindi, di porre fine all’incertezza giuridica in cui si trovava», il piccolo. La Corte europea concorda con il governo italiano sul fatto che la mancata tempestiva costituzione di un legame giuridico tra il minore e la madre intenzionale a seguito dell’annullamento della trascrizione «sia dovuta alla scelta operata da Cinzia Dell’Olivo e Monica Burigo di non utilizzare la via dell’adozione in casi particolari».
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Dal 9 ottobre Michela Giraud porta in scena un esperimento di satira collettiva: un gioco di parole, sarcasmo e leggerezza che rinnova la tradizione del roast con uno stile tutto italiano.