
L'anima del marchio, da poco comprato dal gruppo Finross per 13 milioni: «Resto alla guida operativa. Il primo mercato è la Russia, che vale il 75%. Trovo l'ispirazione in tutto quello che mi circonda».Gimmi Baldinini è il motore pulsante e la mente creativa e strategica del marchio di calzature di lusso Baldinini. E grazie a un patto societario di governance di lungo corso rimane saldamente alla guida operativa a 360 gradi del marchio, che nel 2020 festeggià i 110 anni di attività.Ci racconti la vostra storia.«Il calzaturificio Baldinini nasce nel 1910 nel distretto romagnolo di San Mauro Pascoli, sulla costa Adriatica, un'area diventata in breve tempo un'autentica filiera virtuosa grazie al fiorire di attività artigianali che, da itineranti, si sono trasformate in stanziali. La nostra azienda ha saputo trasformare l'eredità della tradizione manuale del ciabattino in autentica firma perché è stata in grado di superare con successo l'impercettibile confine che separa l'arte dall'artigianato: un risultato raggiunto grazie al contributo di validi maestri e di attenti collaboratori, oltre che al lavoro di tante abili mani. Un patrimonio che con il tempo si consolida, diventa laboratorio creativo, attraversa tutte le fasi avverse dei tempi di guerra e infine decolla come piccola industria italiana, con l'ambizione di approdare sullo scenario internazionale. Il primo traguardo significativo è il 1974, ricordato come l'anno del sabot: un successo tanto stupefacente che se ne parla ancora adesso. Da questo momento in poi le calzature Baldinini diventano espressione del made in Italy più raffinato, sbocciano da lavorazioni accurate e preziose, dall'attenta mediazione tra la tradizione artigiana e l'innovazione tecnica stilistica. La nostra creatività si esprime ovunque: nelle tomaie che regalano alla scarpa un'aura composta e chic; nella scelta dei materiali, naturali, sofisticati, morbidi e grintosi; nelle forme, decise, leggere, pulite o iperstrutturate, comunque super femminili; dei colori e degli stili sempre in delicato equilibrio tra tendenza e consolidata eleganza».L'azienda si trova in uno dei distretti della scarpa. Non ha mai pensato di delocalizzare?«La nostra azienda è, da sempre, concentrata su una produzione tendenzialmente made in Italy che è un patrimonio da proteggere, una firma distintiva e motivo di orgoglio. Un'evoluzione continua che non prescinde mai dall'artigianalità ma, al contrario, la aggiorna con tecniche sempre nuove, con un gusto che viene però riletto e personalizzato dallo stile del marchio per essere sempre assolutamente riconoscibile. Proprio per mantenere questo gusto per la qualità, abbiamo delocalizzato la produzione di alcuni modelli che prevedono particolari competenze, come nel caso delle ginniche, per le quali ci affidiamo parzialmente ad altri Paesi. Tutto questo non prescinde dall'attività centrale della nostra sede, che coordina tutta la produzione e la verifica della qualità di ogni aspetto del prodotto, dal design della scarpa al packaging, mentre - e ci tengo a sottolinearlo - la modelleria, la ricerca e lo stile sono totalmente realizzate internamente e concorrono a creare una scarpa che è l'elemento fondante della moda, frutto di un autentico talento italiano».Chi disegna le scarpe?«Un team di creativi interni coordinati da me».Da dove trae ispirazione?«Sono diverse le ispirazioni dalla quale prendono vita le mie collezioni: un'epoca, una figura femminile, l'arte ma anche tutto ciò che mi circonda e le mie passioni. È una fortuna vivere in un Paese come l'Italia, prima fonte di ispirazione per le sue bellezze e in cui è forte la fantasia. Così nascono modelli caratterizzati da lavorazioni accurate e preziose e da una creatività che si esprime ovunque, dalla tomaia alla scelta dei materiali. Senza dimenticare le forme, decise e sempre molto femminili, e la palette di colori, che amplifica la tendenza e l'eleganza».Quali sono i vostri materiali preferiti?«Investiamo moltissimo in ricerca stilistica, cura dei dettagli, con rifiniture spesso fatte a mano, scelta dei materiali, giochi di sovrapposizioni e pellami preziosi. A seconda delle collezioni e dell'ispirazione a monte privilegiamo un materiale piuttosto che un altro, a patto che sia sempre eccellente».Avete puntato sulle vendite online?«Lo shop online è una realtà imprescindibile per il business, ci crediamo da anni e i risultati stanno arrivando. Abbiamo internalizzato la gestione del sito e ampliato sia il team aziendale dedicato sia i consulenti che ci seguono sul progetto. Anche la strategia omnichannel è da anni il nostro obiettivo: consideriamo il cliente online e offline come un cliente unico Baldinini, sia che acquisti sul sito, sia che compri nella rete di boutique o nei nostri outlet in Italia e all'estero. Abbiamo attivo un sistema Crm (customer relationship management, ovvero di gestione efficiente dei clienti, ndr) che riconosce e dialoga con il cliente attraverso tutti i touch points disponibili e un nuovo programma fedeltà che premia il cliente indipendentemente dal canale - offline o online - scelto».Quali sono i vostri mercati di riferimento? «Abbiamo una forte vocazione verso l'estero con un focus principale sulla Russia e, a seguire, la Cina, la Polonia e l'Ucraina. Siamo presenti in 150 Paesi. La Russia resta un mercato storicamente importante che copre circa il 75 % del fatturato: il suo mercato è stato studiato e sviscerato in maniera approfondita fin dall'inizio, in un periodo in cui erano latenti le sue potenzialità di crescita che sono state portate alla luce e cavalcate con ottimi risultati, fino a diventare la base di un successo ancora adesso riconosciuto».Quante persone lavorano in azienda? «Circa 400».Come va il settore? Ha qualche suggerimento da dare al comparto?«Per quanto mi riguarda, il focus deve sempre essere sul prodotto: i modelli delle collezioni devono descrivere con gusto italiano avantgarde e forme moderne l'unione tra tradizione e innovazione in proposte in cui la ricerca estetica e l'artigianalità dialogano all'insegna della distinzione. A questo si aggiunge la valorizzazione dell'essenza femminile a 360 gradi. Sono requisiti fondamentali per avere successo, unitamente all'ottimo rapporto che ci deve essere tra qualità e prezzo. Inoltre la forza di un marchio si misura anche e soprattutto dalla sua percezione, che permette di fare la differenza nelle strategie e soprattutto di fidelizzare la propria clientela».Nei giorni scorsi è apparsa la notizia del passaggio del 60% di Baldinini a Finross, attraverso un accordo da 13 milioni di euro. «Grazie al patto societario di governance di lungo corso resto alla guida operativa, come ho fatto per tanti anni con impegno e sacrificio. La liquidità del gruppo viene rafforzata ed è garantita la piena operatività. Mi impegnerò con tutto me stesso nei ruoli strategici e operativi che ho mantenuto finora e sono pronto a scrivere con tutti i miei collaboratori nuovi importanti capitoli e successi internazionali».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.
Ansa
Gli obiettivi imposti sono rifiutati perché deleteri e insostenibili. Farebbero meglio a seguire i consigli di Bill Gates.
L’appuntamento è fisso e il corollario di allarmi sulla imminente fine del mondo arriva puntuale. Alla vigilia della Cop30 - la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre - il fronte allarmista globale ha rinnovato il coro catastrofico con la pubblicazione di due rapporti cruciali. L’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha diffuso il suo State of the Global Climate Update 2025, mentre l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha pubblicato il suo Climate Action Monitor 2025.






