
Il piano per rimodulare l'imposta: giù per il largo consumo, su per il lusso e terza fascia al 18,5%. Le coperture per la flat tax dai 40 miliardi di taglio alle agevolazioni.Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, si è premurato di rilasciare un'intervista al quotidiano di Confindustria il giorno prima del delicato vertice di governo che ha gettato le basi per la Finanziaria 2019. Ha confermato la flat tax, il taglio delle agevolazioni fiscali e ha messo in dubbio il bonus 80 euro voluto dal governo di Matteo Renzi. La riunione di maggioranza è durata dalle 19 alle 21.30 di mercoledì sera. L'indomani molti giornali hanno titolato: «Addio al bonus Renzi, i fondi dirottati per la flat tax». I due vice premier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini si sono affrettati a smentire: nessuna abolizione degli 80 euro e nessun aumento dell'Iva. I leader di partito sembrano vittime della stesso timore, cioè perdere consensi elettorali tra i lavoratori dipendenti. In realtà l'abolizione del bonus renziano, che nasce come mancia elettorale, sarebbe sacrosanta. Innanzitutto produce deficit e non ha mai creato un vero effetto rilancio dei consumi. Poi, non è conciliabile con la flat tax che invece sia Lega sia i 5 stelle insistono nel voler applicare. Tale strada infatti imporrà un forte riordino delle agevolazioni fiscali, le cosiddette tax expenditures. Solo quelle legate alle persone fisiche valgono 175 miliardi di euro; se si aggiungono le agevolazioni o le deduzioni legate al mondo dell'impresa si sale all'incredibile cifra di 313 miliardi. L'obiettivo per il prossimo anno è tagliare almeno 40 miliardi. Si tratterà di un rialzo di gettito da utilizzare per la copertura della flat tax. A differenza di quanto la sinistra sta urlando («Togliere ai poveri per dare ai ricchi»), l'eliminazione delle tax expenditures si fa voce per voce. Il che significa che avviene con il bisturi. Ad esempio le agevolazioni che riguardano le banche e le assicurazioni valgono 1,8 miliardi che, divisi per circa 600 società, fa più o meno 3 milioni ciascuna. Ci sono anche 5,8 miliardi di deduzioni che vanno a particolari settori produttivi. Abolirli a fronte poi di una flat tax significa riequilibrare la pressione fiscale. D'altronde come si può pensare di far pagare il 15% di imposta unica e poi consentire ulteriori detrazioni per le aziende? Diverso è per le persone fisiche che hanno un reddito più basso. Queste ultime da una flat tax avrebbero solo una fregatura. Ecco perché il ministro Tria starebbe lavorando anche a un riordino delle aliquote Iva. In questo senso, quando i due partiti di maggioranza negano l'aumento dell'Iva giocano sul fatto che alcune voci dovrebbero aumentare e anche sensibilmente (quelle sui beni di lusso), mentre altre aliquote scenderebbero dall'attuale 10% al 4%. Il governo valuta anche l'introduzione di un'aliquota media al 18,5% prendendo parzialmente spunto da uno studio firmato Vincenzo Visco, ministro delle Finanze tra il 1996 e il 2000. L'intera rimodulazione dell'Iva permetterebbe di alzare il gettito sui consumi secondari e garantire minor impatto sulle fasce a reddito più basso. Un modo per calmierare l'effetto livellante della flat tax che come da Dna tende a favorire chi guadagna di più.Al di là del perimetro di massima, la manovra 2019 dovrà come minimo contenere 12,4 miliardi di euro di sterilizzazione delle clausole di salvaguardia e altri 2 miliardi per il reddito di cittadinanza. Se poi il cuneo fiscale sul lavoro dovesse essere tagliato di circa il 10% si aggiungono più o meno 20 miliardi di budget da scovare. Resta l'incognita dell'effettiva estensione ai soggetti giuridici della flat tax e quindi un conseguente calcolo preciso degli importi per le coperture. La sforbiciata da 40 miliardi sulle agevolazioni fiscali più 3,5 miliardi di rottamazione delle cartelle potrebbe essere una base di partenza. L'aumento dello spread potrebbe costare il prossimo anno poco più 1 miliardo di interessi aggiuntivi. La strada è stretta. Si stringe ogni qualvolta il governo decide di comunicare a spizzichi e bocconi, sommando alle note stampa palesi contraddizioni.
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L’episodio è avvenuto a Lucca: la donna alla guida del bus è stata malmenata da baby ubriachi: «Temo la vendetta di quelle belve».
Città sempre più in balia delle bande di stranieri. È la cronaca delle ultime ore a confermare quello che ormai è sotto gli occhi di tutti: non sono solamente le grandi metropoli a dover fare i conti con l’ondata di insicurezza provocata da maranza e soci. Il terrore causato dalle bande di giovanissimi delinquenti di origine straniera ormai è di casa anche nei centri medio-piccoli.
Quanto accaduto a Lucca ne è un esempio: due minorenni di origine straniera hanno aggredito la conducente di un autobus di linea di Autolinee toscane. I due malviventi sono sì naturalizzati italiani ma in passato erano già diventati tristemente noti per essere stati fermati come autori di un accoltellamento sempre nella città toscana. Mica male come spottone per la politica di accoglienza sfrenata propagandata a destra e a manca da certa sinistra.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».






