2025-02-08
Sanzioni alla Cpi, Roma è con Trump. L’Onu e Bruxelles coccolano la Corte
L’Italia non si accoda ai 79 Paesi che censurano la mossa di Washington. L’Aia si difende: «Attacco inaudito». Von der Leyen blatera di lotta all’impunità ma si scorda di non aver mai mostrato i suoi messaggi con Pfizer...Nella notte tra giovedì e venerdì, Donald Trump ha firmato l’ordine esecutivo che impone sanzioni contro la Corte penale internazionale, tribunale nato con lo Statuto di Roma del 1998 e in funzione dal 2002. Il presidente degli Stati Uniti accusa la Corte di aver promosso «azioni illegittime e infondate contro l’America» e il suo «stretto alleato, Israele», con chiaro riferimento al mandato d’arresto internazionale emesso contro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant.Nello specifico, con il provvedimento si vieta l’ingresso negli Stati Uniti a dirigenti, dipendenti e agenti della Cpi, compresi i loro familiari più stretti e chiunque abbia partecipato al lavoro investigativo della Corte. Inoltre, il decreto congela tutti i beni detenuti negli Usa da queste persone, i cui nomi, però, non sono ancora stati comunicati. Soddisfatto il primo ministro israeliano, il quale ha ringraziato il tycoon che, con il suo ordine esecutivo, «difende America e Israele dalla Corte corrotta, antiamericana e antisemita che ha giurisdizione».Al di là degli abusati riferimenti all’antisemitismo, la mossa di Trump si inserisce nel solco della contrapposizione tra multilateralismo e bilateralismo. A tal proposito non va dimenticato che, in realtà, né gli Stati Uniti né Israele hanno aderito allo Statuto di Roma e, pertanto, su di loro non grava l’obbligo di adempiere ai provvedimenti adottati dalla Corte. Obbligo che, nei fatti, si è dimostrato teorico perfino per i Paesi sottoscrittori: basti pensare alle parole del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, dopo il mandato di arresto nei confronti di Netanyahu e Gallant, da lui descritto come «irrealizzabile». Il vicepremier è tornato sulla Corte penale internazionale nei giorni scorsi, durante la sua visita in Israele: «Ho molte riserve sul comportamento della Corte su questa vicenda (il caso Almasri, ndr). Forse bisognerebbe aprire un’inchiesta sulla Corte penale, bisogna avere chiarimenti su come si è comportata». Parole dure, insolite per il tono abitualmente diplomatico di Tajani, il quale, tra i vari schieramenti, tende peraltro a vedere con favore il multilateralismo e gli enti sovranazionali. In Europa, molti non hanno preso bene la decisione degli Stati Uniti. A partire dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: «La Cpi garantisce l’accertamento delle responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo», scrive sul suo profilo X. «Deve poter proseguire liberamente la lotta contro l’impunità globale. L’Europa sarà sempre a favore della giustizia e del rispetto del diritto internazionale».Bizzarro, d’altra parte, sentir parlare Ursula di impunità, visto che a oggi nessuno conosce il contenuto dei messaggini da lei scambiati con l’ad di Pfizer, Albert Bourla, attraverso i quali ha negoziato l’acquisto dei vaccini anti Covid. Informazioni che la stessa si è rifiutata di fornire alla commissione di inchiesta dell’Europarlamento mentre ora, come spiegato su queste pagine da Francesco Borgonovo, l’Ue ha adottato un provvedimento per cui le app di messaggistica, qualora «strettamente necessario nell’interesse del servizio», possono essere utilizzate dai commissari per gli scambi di contenuti importanti, salvo aver impostato la cancellazione automatica di quanto scritto. Un fulgido esempio di democrazia e di lotta contro l’impunità. «Sanzionare la Cpi», si legge invece in un post di Andrea Costa, presidente del Consiglio Ue, «minaccia l’indipendenza della Corte e mina il sistema di giustizia penale internazionale nel suo complesso».«Deploriamo profondamente le sanzioni individuali annunciate ieri contro il personale della Corte e chiediamo che questa misura venga revocata», tuona Ravina Shamdasani, portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani. «Prendiamo atto con profondo rammarico dell’emissione da parte degli Stati Uniti di un ordine esecutivo che cerca di imporre sanzioni ai nostri funzionari, di danneggiare l’indipendenza e l’imparzialità della Corte», dichiara invece Tomoko Akane, presidente della Cpi: «L’ordine esecutivo è solo l’ultimo di una serie di attacchi senza precedenti che mirano a minare la capacità della Corte di amministrare la giustizia in tutte le situazioni. Tali minacce e misure coercitive costituiscono gravi attacchi contro gli Stati parte della Corte, l’ordine internazionale basato sullo Stato di diritto e milioni di vittime».Anche in questo caso, però, nonostante le dichiarazioni dei suoi vertici, l’Unione europea è divisa al suo interno. Su iniziativa di cinque Paesi - Slovenia, Lussemburgo, Messico, Sierra Leone e Vanuatu -, ieri è stata approvata una dichiarazione congiunta di condanna alle sanzioni di Trump, firmata da 79 Stati membri dell’Onu, circa due terzi dei sottoscrittori dello Statuto di Roma. Tra questi, ci sono la maggior parte dei Paesi Ue, compresi i più importanti (Francia, Germania e Spagna, ma anche Polonia e Paesi Bassi). Non l’Italia, che oltre ad avere una questione aperta con la Cpi, in questo momento si tiene stretta il rapporto privilegiato con l’amministrazione Usa, anche in ottica dazi. All’appello, inoltre, manca pure Budapest. «È tempo che l’Ungheria riveda cosa stiamo facendo in un’organizzazione internazionale sottoposta a sanzioni statunitensi», scrive in proposito il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, sul suo profilo X.Nella dichiarazione, i firmatari affermano che le sanzioni degli Stati Uniti «comprometterebbero gravemente tutte le situazioni attualmente sotto inchiesta, poiché la Corte potrebbe dover chiudere i suoi uffici sul campo», oltre ad «aumentare il rischio di impunità per i crimini più gravi e minacciare di erodere lo stato di diritto internazionale». Di tutt’altro avviso il vicepremier Matteo Salvini: «Sulla Corte penale internazionale condivido le parole del collega Tajani: invece di indagare dovrebbe essere indagata». A questo punto, superato il dogma sull’indiscutibilità degli enti sovranazionali, forse in Forza Italia si può iniziare a parlare anche di Oms.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
Continua a leggereRiduci
Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
Francesca Albanese (Ansa)