2022-05-05
Bombe pure sul mercato delle auto
A causa del conflitto, il settore teme perdite per quasi 43 milioni al mese. Problemi soprattutto a reperire i chip e i materiali per produrre le marmitte e gli pneumatici.Nel 2021, secondo l’Istat, l’export dell’automotive italiano verso Russia e Ucraina era a quota 512 milioni di euro. Un mese di mancato fatturato da questi due Paesi, insomma, significa perdite per il settore di circa 42,6 milioni di euro. Si tratta di una stima, certo, ma la verità è che il conflitto russo ucraino, per il mondo delle quattro ruote, è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso.Come spiegano alla Verità da Anfia, l’Associazione nazione filiera industria automobilistica, «con la guerra, diversi grandi costruttori europei hanno dovuto fermare la produzione di auto a causa della mancanza di alcuni componenti provenienti da fornitori con sede nel territorio ucraino. Il problema riguarda soprattutto la fornitura dei sistemi di cablaggio delle vetture», dicono. «Un’automobile mediamente ha bisogno di circa cinque chilometri di cavi e in Ucraina sono concentrate una decina di multinazionali specializzate in questo tipo di produzione, che riforniscono soprattutto Germania e Polonia (ma anche Italia), con tutta la loro catena delle forniture che coinvolge circa 70.000 addetti. Per ricollocare la produzione di cavi in altri impianti occorrono almeno dai due ai sei mesi di tempo», dicono da Anfia. C’è poi il tema dei semiconduttori necessari per costruire auto, che sono sempre più simili a computer. «La crisi dei chip, nata con la pandemia da Covid-19, infatti, è destinata a peggiorare perché alcuni componenti essenziali per la produzione di semiconduttori sono strettamente legati alle aree coinvolte dal conflitto», spiega Anfia. Basti pensare che Kiev e Mosca producono insieme «il 50% del gas neon mondiale necessario per fare funzionare le apparecchiature laser per il ciclo produttivo dei semiconduttori. In Ucraina, inoltre, si produce il 38% mondiale del palladio, utilizzato nelle marmitte catalitiche e il 9% della produzione mondiale di nichel. Senza considerare che Russia e Ucraina sono grandi fornitori del carbon black, materiale importante per la produzione di pneumatici». «Bisogna poi valutare gli effetti logistici», sottolineano dall’associazione. «Con la pandemia e le diverse restrizioni logistiche imposte dalla Cina, fino ad oggi è stata utilizzata la rotta ferroviaria dalla Cina all’Europa che passa dalla Russia. La rotta in sé non è pericolosa perché non passa da zone di conflitto, ma comunque attraversa Russia e Bielorussia, quindi, ad esempio, Bmw ha sospeso le spedizioni attraverso il mezzo ferroviario. Anche le rotte aeree hanno subito uno shock perché i divieti di sorvolo incrociati e la chiusura dello spazio aereo di alcune aree orientali hanno reso le rotte più lunghe per arrivare a destinazione».Per tutte queste ragioni, può essere complesso calcolare la perdita di fatturato dovuto al conflitto. Quello che è certo, spiegano da Anfia, è che «sono previsti cali di fatturato nell’ordine del 15%-20% per le aziende automotive che hanno una parte significativa del business proveniente dalla Russia, considerando che l’inasprimento delle sanzioni ha fortemente contratto gli interscambi».«In questo momento la componentistica sta reggendo sulle sue spalle buona parte dei problemi legati al conflitto», spiega alla Verità Marco Stella, presidente del gruppo componenti e vicepresidente di Anfia. «Si tratta di una situazione che esacerba problemi che già c’erano con la pandemia. Il conflitto in sé non metterebbe in difficoltà il sistema italiano, però nel complesso si tratta di un fattore aggiuntivo molto pesante. Inoltre, avrà delle implicazioni di medio e lungo termine per il settore».
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)