La ministra del Turismo annuncia una proposta di legge a giugno per regolamentare il settore «concorrenza sleale». Bene nei borghi ma non nelle metropoli. Come chiedono i sindaci del Pd. Però le norme esistono già.
La ministra del Turismo annuncia una proposta di legge a giugno per regolamentare il settore «concorrenza sleale». Bene nei borghi ma non nelle metropoli. Come chiedono i sindaci del Pd. Però le norme esistono già.La ministra del Turismo, Daniela Santanchè, ha fatto sapere che entro l’inizio di giugno intende presentare una proposta di legge sugli affitti brevi. Peccato che delle norme sulle locazioni di breve termine già esistano e, con ogni probabilità, sarebbe forse meglio fare ordine tra i testi già esistenti, piuttosto che creare ulteriore confusione su un tema che ricorre ciclicamente quando gli italiani hanno bisogno di liquidità. Proprio come quello attuale in cui l’inflazione abbatte sempre più il potere d’acquisto dei cittadini. Come ha spiegato la ministra, non si procederà con un decreto legge «perché sarebbe una forzatura ed è giusto dare al Parlamento la possibilità di discutere», spiega. «Credo», ha ribadito, nel suo intervento all’Assemblea nazionale di Federalberghi, «che il Parlamento debba essere centrale in queste decisioni che hanno un impatto». Santanchè ha precisato che «sugli affitti brevi bisogna non criminalizzare, ma regolamentare. Ho già fatto due tavoli con le associazioni di categoria e giovedì prossimo ascolterò l’associazione degli inquilini. Capisco che chi ha una stanza o un piccolo appartamento in eredità debba poterlo usare per aumentare la capienza del reddito, ma dall’altra parte serve una regolamentazione per chi decide di fare impresa. È mia intenzione dopo aver sentito tutti, fare una proposta di legge», spiega. Tra le misure che la ministra intende portare avanti «bisogna fare prima di tutto e assolutamente un codice identificativo e una piattaforma comune», dice. «Bisogna considerare che la nostra nazione ha specificità diverse da tutte le altre, abbiamo 5.600 borghi dove le strutture ricettive sono pochissime. In quel caso è importante che ci sia chi metta a disposizione una casa per accogliere i turisti, altrimenti nessuno potrebbe soggiornare in questi paesini spesso sotto i 5.000 abitanti. Allora penso che dobbiamo usare il buon senso, che spesso in politica viene abbandonato», aggiunge. «Diverso», continua, «è il caso delle città metropolitane dove invece c’è un problema. La prima cosa è che finisca il sommerso, lo so che per voi è una concorrenza sleale e fa un danno. Quindi serve un codice identificativo, perché dobbiamo sapere chi sono, e una piattaforma nazionale dove registrarsi. Per quanto riguarda limitare i pernottamenti finora non ho riscosso un grandissimo successo, ma ci possiamo lavorare. Credo anche che la tipologia dell’ospite che va in una casa sia diversa da quella che va in un albergo. È cosa giusta riuscire a portare a casa le notti di pernottamento, ma ad oggi la vedo difficile», conclude, «ma non bisogna demordere, ci lavoreremo».In realtà, come emerge da un documento redatto di concerto tra varie associazioni di categoria, tra cui Confedilizia, Fiaip, Fare e molte altre, le norme sono molte in Italia, «a riprova della fallacia della diffusa affermazione circa la mancanza di regolamentazione del fenomeno». Tra le più importanti c’è l’obbligo di ritenuta fiscale alla fonte in capo ai proprietari, l’obbligo di trasmissione all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai contratti stipulati, quello di applicazione dell’imposta di soggiorno, di comunicare alla pubblica sicurezza i dati degli alloggiati. C’è persino già (datata 2019) una norma che istituisce la banca dati degli «immobili destinati alle locazioni brevi» e anche quella che prevede un codice identificativo per ogni immobile destinato alla locazione breve. «Si tratta di una nuova offensiva che ricorre ciclicamente», spiega alla Verità Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, «partita lo scorso 23 marzo in cui il ministro ha convocato diverse associazioni interessate dal mondo degli affitti brevi comunicando l’intenzione di pensare ad una norma su questo tipo di locazioni. Tredici associazioni tra quelle presenti, la maggior parte, hanno fatto presente al ministro che di regolamentazione ce n’è anche troppa e che, se si vuole intervenire, sarebbe il caso di eliminare le incongruenze presenti nell’attuale legislazione, con norme regionali e nazionali che spesso si sovrappongono. Non l’ha affermato il ministro, ma c’è questa fake news secondo cui il settore degli affitti brevi in Italia non sarebbe regolamentato. Si tratta spesso, e lo sarà anche quella in arrivo, di regolamentazioni che non si pongono l’obiettivo di regolare un fenomeno, ma di limitarlo. D’altronde, ci sono alcuni sindaci, tra cui Dario Nardella di Firenze, che stressano il ministro con questo tema. Poi ci sono le associazioni alberghiere che sono contrarie ritenendo gli affitti brevi una concorrenza sleale, termine usato anche dalla ministra e che trovo molto forte. Perché di sleale non c’è nulla e nemmeno di concorrenza, visto che si parla di due target di clientela differenti. Anche l’intenzione di porre un limite ai pernottamenti non mi pare corretta. Sarebbe lesiva della proprietà».
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