Sistema Pavia, indagato imprenditore. Auto sottocosto ai pm per i contratti

Il supporto tecnico per le intercettazioni, le auto in leasing per la Procura e il ristorante che era diventato il punto di ritrovo della «Squadretta» di investigatori che lavoravano a stretto contatto con l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, e con il sostituto Paolo Pietro Mazza (ora in servizio a Milano). Nell’inchiesta bresciana sulla presunta corruzione dei due magistrati ricorrono i nomi delle società del gruppo imprenditoriale riconducibile a Cristiano D’Arena, titolare della Esitel, monopolista, per molti anni, delle intercettazioni per la Procura di Pavia (comprese quelle del fascicolo del 2017 su Andrea Sempio per il delitto di Garlasco), alla guida della Cr Service che aveva fornito le vetture per le indagini e ospitale gestore del ristorante.
D’Arena, che dopo i sequestri disposti dal procuratore Francesco Prete e dalla pm Claudia Moregola ha rinunciato al Riesame (che ha invece restituito tutto il materiale sequestrato ai due magistrati), si ritrova, stando a quanto riportato dalla Provincia Pavese, indagato. L’ipotesi, da verificare, è che, in cambio dei favori sulle auto, l’imprenditore abbia ottenuto la precedenza negli affidamenti per le intercettazioni. Il difensore dell’imprenditore ha spiegato che nessuna auto è stata venduta sotto prezzo e che i pranzi al ristorante erano stati sempre pagati dai magistrati. Passaggi ribaditi al Riesame anche dai difensori di Venditti e di Mazza. La trasmissione degli atti da Pavia a Brescia, dove si ipotizza per le toghe anche un peculato da 750.000 euro, è supportata dalle dichiarazioni di alcuni carabinieri dell’aliquota di polizia giudiziaria che lavorava in Procura.
Il carabiniere Antonio Pontillo ricorda «la presenza quotidiana dei rappresentanti di Esitel all’interno dello «stanzone (il grande open space in Procura che potevano frequentare solo gli investigatori preferiti da Venditti)». Lo stesso Pontillo ha messo a verbale: «Ricordo di aver fatto presente che, secondo la mia impressione, gli affidamenti per le intercettazioni erano troppo sbilanciati a favore di Esitel». Ma c’erano anche delle perplessità tecniche: «In una occasione ricordo che avevo espressamente rifiutato di fare ricorso a Esitel per una intercettazione perché, a mio avviso, era la società che tecnicamente era più complicata da usare per gli operatori di Pg». Perfino l’allestimento della sala captazioni, come aveva svelato La Verità, era passata da qui: «Quando hanno realizzato la stanza per le intercettazioni, mi venne detto da Scoppetta (il maresciallo Antonio Scoppetta, condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi per corruzione e stalking, ndr) o da Sapone (il luogotenente Silvio Sapone, che si è occupato anche delle intercettazioni su Sempio, ndr) che la stanza sarebbe stata allestita con i macchinari e gli arredi messi a disposizione da Esitel; io avevo rilevato che almeno avrebbe dovuto essere formalizzato un comodato d’uso e infatti così poi è stato fatto. Mi pare che l’accordo fu firmato da Venditti». Alle frequentazioni operative si sommano quelle conviviali. Il carabiniere Antonio Rosciano mette in fila abitudini e presenze: «I miei colleghi andavano tutti i giorni a mangiare al ristorante da Lino. Anche Venditti andava con loro. Non mi invitavano mai. Non so se non pagavano, sicuramente so, dai commenti, che venivano trattati molto bene». E la presenza nel ristorante di Scoppetta e del maggiore dei carabinieri in quiescenza Maurizio Pappalardo (indagato nelle due indagini Clean) viene confermata da più di un militare. Sullo sfondo corrono le chat. Il 2 marzo 2020 «Scoppetta sollecita l’interessamento di Pappalardo presso la Sovrintedenza di Milano a favore del ristorante da Lino». E solo due giorni dopo lo stesso maresciallo chiede un interessamento del maggiore proprio con D’Arena per l’acquisto di una cucina per la sua abitazione. In questo contesto, i nomi di Venditti e Mazza entrano in un’informativa inviata nell’agosto del 2024 ai pm pavesi dal maggiore Piero D’Angelo, comandante del gruppo della Guardia di finanza di Pavia: i finanzieri hanno passato al setaccio le fatture della Cr Service.
In quella annotazione, le Fiamme gialle segnalano «tre autovetture di possibile interesse investigativo». La prima è un’Audi Q5 Exclusive. Acquistata inizialmente dalla società Fratelli Giacomel a 54.500 euro, passa a una società di leasing a 42.700 euro. Cr Service la prende e la noleggia alla Procura dal 25 ottobre 2019 all’11 gennaio 2022: 55 fatture per 85.876 euro, «il doppio del valore di mercato». Nel novembre di tre anni fa, la società di leasing la cede a Venditti per circa 20.290 euro. La seconda è una Mercedes Executive. Dal 10 maggio 2017 al 29 marzo 2019 è della Mercedes Benz Financial, in locazione a Mazza. Il 29 marzo 2019 Mazza la riscatta versando 20.520 euro; il 3 luglio 2019 la cede alla Cr Service per 26.500 euro, realizzando una plusvalenza di 6.000 euro in tre mesi. Cambio targa il 13 dicembre e nuovo capitolo: la Procura la noleggia di nuovo per un procedimento del pm Roberto Valli tra il 10 e il 16 dicembre 2021. La terza è una Bmw 116 D Premium. Immatricolata il 31 luglio 2014, acquistata da Cr Service per 24.800 euro e tenuta in flotta otto anni, viene noleggiata fra aprile 2018 e agosto 2020 per cinque procedimenti: 27 fatture, imponibile complessivo 32.641 euro (29.576 di noleggio). La usano Mazza per dieci mesi, Venditti per due settimane e Alberto Palermo per due giorni. Nel 2022 passa a Scoppetta per 8.000 euro. Qui le carte registrano «la singolare circostanza per cui l’autovettura acquistata da Scoppetta aumenti il proprio valore del 50% nel giro di 9 mesi»: finisce alla Gm Garage srl per 12.000 euro e dopo sei mesi è rivenduta a 11.500 euro.
Proprio sulla questione auto, però, Venditti mostra il petto: «Nel decreto di perquisizione si sostiene che avrei sostanzialmente «acquistato autovetture a titolo gratuito» o «a prezzi inferiori a quelli di mercato dalla Cr Service»». Un’affermazione che sarebbe smentita, secondo Venditti, da quanto relazionato dalla stessa Guardia di finanza già a «luglio 2025». Da qui l’accusa ai colleghi bresciani di aver «falsificato le carte».
Ma l’ex procuratore aggiunto non è l’unico a lamentare un clima sfavorevole. Da Pavia i difensori del maresciallo Scoppetta, gli avvocati Giorgio Bertolotti e Riccardo Magarelli, hanno inviato in Cassazione un’istanza di «remissione del processo» Clean 1. Il messaggio è chiaro: a Pavia il procedimento non può essere sereno e, pertanto, va trattato lontano dal foro pavese perché lì, sostengono, pesa «una profonda commistione» tra l’imputato e i magistrati che dovrebbero giudicarlo, dentro un clima mediatico «martellante» che rischia di condizionare tutti. «Il giudice deve non solo essere imparziale, ma anche apparire tale», è la bussola giurisprudenziale che apre il ricorso, citando Strasburgo. Lo sfondo è un’aula che per la difesa non può essere neutra. I giudici pavesi, osservano i difensori, dovrebbero misurare la credibilità di testimoni che sono «agenti di polizia giudiziaria, ex colleghi dell’imputato» e «gli stessi pubblici ministeri con cui Scoppetta collaborava». È «un’oggettiva apparenza di parzialità» a corrode la fiducia nel processo. Che passa anche per la pressione esterna, tramite una «campagna di stampa» definita «martellante e aggressiva». La rotta proposta punta «a un tribunale del distretto diverso da quello di Brescia, oppure al tribunale di Venezia», con sospensione del processo in attesa della decisione.






