
Il premier spagnolo si attacca alla poltrona dopo lo scandalo corruzione nel suo partito.Le dimissioni possono attendere. Almeno pare ne sia ancora convinto il premier spagnolo, Pedro Sánchez, che continuerebbe imperterrito a cercare escamotage pur di non lasciare la poltrona, nonostante lo scandalo di corruzione che ha portato alle manette l’ex numero tre del Psoe, Santos Cerdán, coinvolto nel caso Koldo.Stando a quanto reso noto da El País, nel tentativo di ripristinare la credibilità del suo governo, il primo ministro della Spagna starebbe valutando diversi cambiamenti sulla modalità in cui opera il Psoe e sulla sua gestione interna. Ma la «rigenerazione» che ha in mente Sánchez prevede anche delle modifiche sul sistema di controllo, con l’obiettivo di far seguire al partito le regole della compliance aziendale, quindi policy antifrode incluse. Tra l’altro, tra le misure per non far affondare il Partito socialista, rientrano, sempre secondo il quotidiano spagnolo, anche delle modifiche al codice etico: si valuta l’espulsione diretta di chi si intrattiene con prostitute, visto l’enorme imbarazzo causato dalla conversazione tra l’ex ministro dei Trasporti, José Luis Ábalos e il suo ex consigliere, Koldo García.Se per aver maggiore chiarezza sulle proposte di Sánchez si dovrà attendere sabato, giorno in cui parteciperà al comitato federale, di certo il suo entourage continua ad appoggiarlo. Addirittura, stando alle indiscrezioni del País, chi sostiene Sánchez utilizza il caso portoghese di Antonio Costa come parallelismo per spiegare perché le dimissioni del premier non farebbero bene al Paese. L’attuale presidente del Consiglio europeo, Costa, aveva infatti rassegnato le dimissioni come primo ministro dopo che un’accusa di corruzione aveva coinvolto i membri del suo governo. Il risultato era stato il consolidamento della destra. Intanto ieri, su richiesta del Sumar, ovvero l’alleato più importante nel governo di coalizione di Sánchez, si è svolta una riunione tra i due partiti. E nonostante il Ieader del partito di sinistra, Yolanda Díaz, abbia ammonito il Psoe, asserendo che «deve dire al Paese cosa è successo, fino a che punto si è arrivati», i chiarimenti nella riunione non sono arrivati. A dirlo è stato il ministro della Cultura, Ernest Urtasun (Sumar): «Non sono stati fatti progressi» e ha avvertito di avere «la sensazione che il Psoe non sia ancora cosciente della gravità della situazione causata dal presunto caso di corruzione di Santos Cerdán». Urtasun ha anche sottolineato di aver dato delle istruzioni chiare ai socialisti per superare l’impasse, fondate su «due pilastri»: da una parte «un pacchetto di misure anticorruzione» e dall’altra «delle misure sociali che consentano a questa legislatura di valere la pena per i cittadini». Di tutt’altro tenore sono state le affermazioni degli esponenti del Psoe. Nel tentativo di disinnescare le tensioni con l’alleato, alcune fonti interne al partito hanno reso noto che il colloquio «è stato cordiale», aggiungendo che tra i provvedimenti la lotta alla corruzione assumerà un ruolo di primo piano. Che il partito socialista tenti di minimizzare il terremoto politico è evidente anche dalle affermazioni del ministro di Presidenza e giustizia, Félix Bolanos (Psoe). Ieri ha infatti detto che la crisi è dovuta meramente al «comportamento riprovevole, inaccettabile e indesiderabile di tre persone nel Psoe», riferendosi a Cerdán, Ábalos e Koldo García. E dunque «estendere un’ombra di sospetto generale e collettiva a tutto un partito e a tutto un governo è un’ingiustizia». Sul fronte opposto, il leader del PP, Alberto Núñez Feijóo, che ha già cercato di trovare alleati per sostenere una mozione di sfiducia contro il primo ministro, per ora senza risultati, ha nominato Miguel Tellado come nuovo segretario generale del partito ed Ester Muñoz come portavoce nel Congresso. Tellado ha già detto che «la corruzione e il degrado istituzionale del sanchismo hanno i giorni contati». Sulla stessa linea Muñoz che ha ribadito: «Non c’è altra forma di rigenerazione che chiamare gli spagnoli alle elezioni».
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