2019-06-20
San Francesco non costruì dei ponti. Convertì gli islamici
Il poverello d'Assisi ecologista e relativista è solo una leggenda. Al Sultano disse: «Se non crederai la tua anima sarà perduta».La storiografia dominante, uno degli assi portanti del pensiero unico che si cerca di imporre ovunque, ci presenta un numero notevole e crescente di leggende nere, nella forma di personaggi storici così diabolizzati che sembrano uscire dal campo delle faccende umane per entrare in quello della demonologia vera e propria. Ed è imbarazzante che alcune figure un tempo stimate e celebrate ovunque, come ad esempio il navigatore Cristoforo Colombo, il pacifista Gandhi e il filosofo tedesco Martin Heidegger, per dichiarazioni od omissioni, siano passati di recente, armi e bagagli, nel campo del male. Ma esiste anche il fenomeno inverso, detto delle leggende rosee. Figure storiche, politiche e religiose, che a forza di essere lodate e innalzate dai produttori della cultura, perdono i connotati della storicità, per prendere quelli dell'impeccabilità e dell'esemplarità assoluta. Anche a costo di cambiare le carte e ricomporre a piacimento questo o quel tratto della loro personalità.San Francesco d'Assisi (1181-1226) già da molti decenni, specie a seguito delle arbitrarie ricostruzioni storiche del calvinista Paul Sabatier (1858-1928), è in pole position in queste leggende molto a fumetti, e poco scientifiche, che farebbero del gran frate medievale un pacifista, un ecologista e un ecumenista ante litteram. E forse perfino un progressista, un anticlericale, un immigrazionista e un anticipatore del Pd. Nel 1219, 800 anni fa quindi, si ebbe uno degli episodi salienti di questa ricostruzione in gran parte negazionista. Il celebre incontro, all'interno della quinta crociata bandita da Onorio III, tra Francesco d'Assisi e il Sultano d'Egitto. Non pochi ambienti della cattolicità leggono in quell'incontro la nascita, per lo meno simbolica, dell'ecumenismo cattolico, del superamento dello spirito militante del cattolicesimo e dell'avvicinamento teologico tra islam e cristianesimo.Tutte le testimonianze storiche del tempo, in larga parte raccolte nelle Fonti Francescane, mostrano però un san Francesco per nulla avverso alle crociate, né pacifista per principio, né buonista, né mondano, e neppure così «democratico» nella gestione dell'ordine che fondò. Guido Vignelli, citando molti altri studiosi della «questione francescana» dimostra anzitutto che san Francesco, sia prima sia dopo la conversione, si concepì sempre come un cavaliere. Prima nel senso mondano e cortigiano del termine, poi come milite del Signore e della Chiesa. Tra i rifermenti letterari dello stigmatizzato d'Assisi, c'era l'epopea dei cavalieri della tavola rotonda, in cui come raccontò lui stesso «tutti i paladini e cavalieri che furono valorosi in battaglia, combatterono con molti sudori e fatiche contro gl'infedeli, e riportarono su di loro una famosa vittoria, diventando santi martiri nella lotta per la fede di Cristo». Anche secondo l'importante accademico ebreo Benjamin Kedar, «Nessuna delle fonti attribuisce a Francesco parole che possano essere interpretate come critica delle crociate» (Crociata e missione, Roma, 1999).Ma veniamo all'incontro avvenuto nei pressi di Damietta tra il fondatore dei frati minori e il Sultano egiziano Al Malik Al Kami. Francesco fu presentato al Sultano, che era il nipote del celebre Saladino, assieme a un suo confratello, Sant'Illuminato da Rieti, il quale rilascerà una testimonianza della massima importanza. Ovviamente, sia nel racconto che ne dà Tommaso da Celano (1190-1265) che in quello del futuro superiore dell'ordine, San Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274), si ha un vero e proprio dialogo. Ma gli uomini, anche nel buio medioevo raccontato dagli illuministi, parlavano tra loro e non si azzannavano in mezzo alla strada, tanto per passare il tempo. Il dialogo intentato dal giullare di Dio però non era volto alla ricerca di un minimo comune denominatore tra islam e cristianesimo, tra crociati (europei) e saraceni (arabi). Ma era volto alla conversione, auspicata con dolcezza tipicamente francescana, dell'interlocutore infedele.Secondo Bonaventura, dopo aver subito «oltraggi, catene, percosse e fatiche innumerevoli […] venne condotto al cospetto del Soldano di Babilonia: là predicò il Vangelo di Cristo, con una manifestazione così efficace di spirito e di potenza che lo stesso Soldano ne fu ammirato […] e lo ascoltò con benevolenza». Per una cronaca del tempo (Chronique d'Ernoul) questo sarebbe stato più o meno il messaggio del santo al Sultano: «Se non vorrai credere, noi abbandoneremo la tua anima a Dio, perché in verità ti avvertiamo che in questa legge, che ora voi professate, sarai perduto e la tua anima non arriverà mai a Dio». E dopo uno scambio interessante, San Francesco avrebbe promesso al dignitario islamico di inviargli alcuni suoi frati per ricevere «il battesimo di Cristo». Nacque così una pia leggenda, di incerto fondamento storico, sull'effettiva conversione del Sultano, come raccontano i Fioretti di San Francesco. Dante, da par suo, nel poetico elogio degli astri della cristianità Francesco e Domenico, sintetizza nel Paradiso l'incontro interreligioso con pochi significativi versi: «Ne la presenza del soldàn superba, predicò Cristo e li altri che 'l seguìro».Se lo stigmatizzato d'Assisi ebbe dei limiti, quali tutti gli esseri pensanti hanno - santi inclusi - furono quelli di un certo estremismo ascetico e penitenziale, ovvero all'opposto del buonismo e del sincretismo. La cosa che è rimasta significativa è che il Sultano, nei panni di un altolocato umanista arabo, fece al santo un'obiezione che sa effettivamente di contemporaneità e di Novecento. Gli disse: «Il tuo Signore ha insegnato nei suoi vangeli che il male non deve essere ripagato con il male, che non devi rifiutare il tuo mantello a chiunque voglia prendere la tua tunica, eccetera. Tanto più i cristiani non devono invadere la nostra terra»…Al che San Francesco rispose con la sua solita nettezza: «Mi sembra che non abbiate letto il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo nella sua interezza […]. Quando invadono le terre che avete usurpato, i cristiani agiscono giustamente, perché voi bestemmiate il nome di Cristo e vi sforzate di allontanare dalla vera religione quanta più gente potete. Se invece vorreste conoscere, confessare e adorare il creatore e redentore del mondo, i cristiani vi amerebbero come loro stessi».In pratica secondo Francesco i crociati erano una sorta di polizia del tempo sorta per fare giustizia, riparare i torti, proteggere i deboli. Ed è innegabile che i musulmani si resero attori, prima delle crociate, di crudeli persecuzioni in Terra Santa, il cui acme fu la distruzione della Basilica del Santo Sepolcro, avvenuta nel 1009 da parte del califfo Al Hakim.Insomma che San Francesco possa essere apprezzato da tutti e non dai soli credenti è ovvio. Ma ridurne il messaggio a una sorta di giustificazione mistica del relativismo è assurdo, oltre che antistorico. Nel 1926 papa Pio XI, contro la prima generazione degli adulatori del Poverello, scriveva che «Chi apprezza il valore del santo, deve apprezzarne anche l'ossequio e il culto dati a Dio. Perciò o inizi a imitare quel che loda, o smetta di lodare quel che non vuole imitare».San Francesco quindi non può essere oggi recuperato da nessuno, né a destra né a sinistra. Resta per sempre un intransigente di Dio, di Cristo e della virtù: guai a farne un figlio dei fiori, uno smidollato o una Greta Thunberg medievale.