2023-04-24
Il professore decapitato simbolo di un’Europa pronta alla sottomissione
Nel riquadro, Samuel Paty (Getty Images)
Un libro ricostruisce gli ultimi dieci giorni di Samuel Paty, fra viltà dei colleghi e incapacità della polizia. Uno spaccato atroce sulla realtà dell’islamizzazione.Il 16 ottobre 2020, Samuel Paty, professore di storia e geografia a Conflans-Sainte-Honorine, è uscito di casa con un martello. Lo stesso giorno, il diciottenne ceceno Abdoullakh Anzorov è uscito di casa con un coltello giapponese di tipo santoku lungo 35 centimetri, di cui 19 di lama, e largo 5, oltre a un pugnale a lama corta di marca Morakniv. Il 16 ottobre 2020, lo Stato francese avrebbe potuto difendere Paty e neutralizzare Anzorov prima che lo uccidesse e decapitasse, ne aveva tutti gli strumenti. Ma non lo fece. In quel martello, in quell’utensile da bricolage implausibilmente convertito in strumento di difesa, c’è la metafora di un Occidente in cui i professori possono rischiare la vita per il semplice fatto di svolgere il proprio lavoro, lasciati soli da colleghi, media e istituzioni. Docenti che la mattina si svegliano e, anziché pensare a come spiegare la scoperta dell’America, devono rovistare nella cassetta degli attrezzi per cercare qualcosa con cui difendersi, perché nessun altro lo fa. Il giornalista Stéphane Simon ha appena pubblicato in Francia il saggio Les derniers jours de Samuel Paty (Plon), agghiacciante resoconto di un omicidio annunciato. Simon spiega senza mezzi termini: «Tutto ci porta oggi a dire che la morte di Samuel Paty è uno scandalo di Stato». In questo senso, è uno scandalo che riguarda anche noi, anche se viviamo in un altro Stato, perché ha a che fare con un’arrendevolezza e una cecità che è anche la nostra.cronistoria del drammaLa cronaca di ciò che è accaduto tra il 5 e il 16 ottobre fa gelare il sangue. Poco più di 10 giorni in cui tutto è andato storto e nessuno ha fatto ciò che avrebbe dovuto. A parte Paty. Tutto nasce con un corso, tenuto da Paty, sulla libertà d’espressione. In questo contesto, egli mostra agli allievi le caricature di Charlie Hebdo che sono state all’origine dell’attentato presso la sede del giornale satirico. Sapendo che la cosa può choccare qualcuno, chiede a chi non se la sente di volgere lo sguardo altrove o di uscire dalla classe. Il giorno dopo, replica la lezione in un’altra classe. Qualche genitore la prende male, protesta civilmente con la scuola. Ma c’è una famiglia, in particolare, che scende sul piede di guerra. Sono i Chnina, originari del Marocco. La figlia, Zora, è una testa calda, problematica nei voti e nel comportamento. Il padre, Brahim, è pure peggio e del resto ha una lunga sfilza di precedenti alle spalle. Zora racconta al padre una versione del tutto fantasiosa dei fatti, con il prof che chiede ai musulmani di alzare la mano, come in una «profilazione etnoreligiosa», poi mostra delle foto di un uomo nudo indicandolo come Maometto. Piccolo particolare: il giorno in cui Paty ha mostrato le vignette, Zora in realtà era assente. Ma questo al padre non lo dice. Subito si mette in moto il meccanismo del vittimismo passivo-aggressivo della comunità musulmana. La sera del 7 ottobre, Brahim Chnina pubblica due messaggi su Facebook, rivelando per la prima volta al mondo islamista della Rete la vicenda del prof Paty. Ovviamente a modo suo. Il giorno dopo, l’uomo si presenta a scuola assieme a Abdelhakim Sefrioui, un discusso predicatore radicale che lo Stato francese qualifica come fiche S, cioè come profilo da attenzionare in nome della sicurezza dello Stato. Particolare rilevante: i due minacciano la preside, dichiarando di poter mobilitare la stampa e di voler organizzare manifestazioni davanti alla scuola. Sanno di avere delle armi politiche in mano. Seguono nuovi post sui social. La scuola comincia a ricevere messaggi anonimi, sempre più minacciosi. Un «ispettore accademico», Emmanuel Roy, viene inviato. Ma prima ancora di sentire la versione di Paty, l’uomo scrive in una mail che l’incontro verterà «sulle regole della laicità e della neutralità che non sembrano padroneggiate dal signor Paty». Il prof comincia a essere isolato dall’istituzione per cui lavora. Il 10 ottobre, una collega scrive nel sistema di messaggeria interno: «Provo il bisogno di dire che non sostengo il nostro collega. Rifiuto di rendermi complice con il mio silenzio di una situazione in cui mi trovo catapultata mio malgrado». Poco più tardi, un altro docente rincara la dose: «Non solamente il nostro collega ha nuociuto alla causa della libertà d’espressione, ha dato argomenti agli islamisti e ha lavorato contro la laicità dandole l’aspetto dell’intolleranza, ma ha anche commesso un atto di discriminazione». Il giorno successivo, in una comunicazione con la preside, Paty scrive: «Bisogna sapere che sono minacciato dagli islamisti locali». Volano anche denunce incrociate. Ormai le autorità, complice il grande clamore e le continue comparsate su social e tv di Brahim Chnina, hanno tutto il materiale in mano per capire la situazione. Il 12 ottobre, il Service central du renseignement territorial trasmette alla prefettura una nota di tre pagine sul caso, ma non menziona la viralità dei video contro Paty, né i numerosi messaggi arrivati alla scuola. In generale, il tono pare tranquillizzante. Eppure elementi per preoccuparsi ce ne sono. Il signor Chnina non solo si accompagna regolarmente con un predicatore segnalato come fiche S, ma scambia anche frequenti messaggi con Abdoullakh Anzorov, un diciannovenne ceceno che sembra fare di tutto per farsi arrestare. Tra giugno e settembre, pubblica più di 3.000 messaggi social a tema jihadista. Odia gli infedeli, gli ebrei, i gay, le donne. Viene più volte segnalato dalle autorità che monitorano i messaggi d’odio sulle reti sociali. Prende contatto con più gruppi terroristici. Tra il 12 e il 14 settembre 2020 viene segnalato a Idlib, in Siria. Il ragazzo ha probabilmente saputo del caso di Paty da Priscilla Mangel, una donna convertita all’islam che, tra le altre cose, si è scambiata 1.166 messaggi con la madre di un terrorista del Bataclan. La triangolazione Chnina-Anzorov-Mangel dovrebbe far scattare subito un alert. Eppure nessuno si muove. Il pomeriggio del 16 ottobre, Samuel Paty, che ormai vive nel terrore, viene intercettato fuori da scuola, ucciso con 17 coltellate, e poi decapitato. La sua testa servirà ad Anzorov per lanciare un truce proclama su internet, prima di essere ucciso da una pattuglia di passaggio.Chiosa Simon: «Abdoullakh Anzorov non si è comportato come un lupo solitario o un pazzo. È il braccio di un’idra fatta di odiosi fanatici, che fa leva sulle manchevolezze dell’amministrazione, che si perde nei meandri procedurali, in ministeri che confondono comunicazione e azione politica, servizi di intelligence che non fanno il loro lavoro di sorveglianza, codardia dei colleghi, agenti di polizia sopraffatti». emergenzaL’omicidio di Paty è un caso di scuola, lo spaccato sul malessere di tutta una società. Nel loro La tentation radicale, inchiesta condotta su 7.000 liceali francesi di ogni estrazione, Olivier Galland e Anne Muxel hanno mostrato come un 24% dei ragazzi intervistati non condannasse totalmente l’attacco a Charlie Hebdo e un 13% quello del Bataclan. Percentuali che crescono vertiginosamente nei liceali definiti «più tolleranti alla devianza e alla violenza» (58 e 34%), tra gli studenti nati all’estero (41 e 21%) e tra gli alunni musulmani (45 e 24%).Nel libro Sur la violence gratuite en France, lo psichiatra infantile Maurice Berger ha spiegato che nell’Esagono avvengono 777 atti di violenza gratuita al giorno (dati del 2017), ovvero uno ogni due minuti. «Nel 2013», spiega l’autore, «il 60% dei minori di 12 anni ospedalizzati nel mio servizio antiviolenza erano di origine magrebina, così come l’88% degli adolescenti ammessi al Centre éducatif renforcé nel 2018». Ha scritto Éric Zemmour nel corso del suo scambio di vedute con Michel Onfray, sull’ultimo numero di Valeurs Actuelles: «Parlo in termini di civiltà e pongo il problema a lungo termine. Io dico: l’argomento maggiore su cui ci si può sempre unire, anche se non ci sono riuscito alle ultime presidenziali, è salvare la Francia dall’islamizzazione. Penso che sia una battaglia che si perde giorno dopo giorno. E diviene sempre più urgente».
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Il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin (Imagoeconomica). Nel riquadro il programma dell'evento organizzato da La Verità
Charlie Kirk con la moglie Erika Frantzve (Getty Images)