2019-01-21
Usa e Cina disertano Davos, il palco resta a Bolsonaro
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Inizia domani l'edizione 2019 del World economic forum di Davos, quella che sarà con ogni probabilità ricordata per le assenze illustri. Giuseppe Conte presente per incontrare il leader brasiliano, i vicepremier italiani Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno preferito evitare il vertice svizzero, storicamente identificato dal fronte populista e sovranista come il luogo di ritrovo delle élite globaliste.Niente Davos, e per ragioni simili a quelle dei leader di Lega e Movimento 5 stelle, anche Donald Trump. Il presidente statunitense ha infatti preferito non figurare i circa 70 capi di Stato presenti alla quattro giorni in Svizzera. Dietro la scelta della Casa Bianca, non soltanto le difficoltà legate allo shutdown dell'amministrazione statunitense ma anche il tema dello scontro tra popolo ed élite. Infatti, la Casa Bianca aveva annunciato nei giorni scorsi la cancellazione della partecipazione non soltanto del presidente Trump ma anche quelle del segretario di Stato Mike Pompeo e del segretario al Tesoro Steven Mnuchin. Assenti per questioni di politica interna anche il presidente francese Emmanuel Macron, alle prese con le proteste dei gilet gialli, e il premier britannico Theresa May, che oggi presenta il suo piano B per la Brexit dopo la sconfitta subita la scorsa settimana alla Camera dei Comuni sull'accordo negoziato a novembre con l'Unione europea. La delegazione italiana a Davos, come verrà stilato come da tradizione l'annuale Global risks report nel quale vengono citati i sempre più allarmanti fenomeni atmosferici estremi, oltre che i rischi legati alla nuova ondata di protezionismo, sarà invece a tinte mattarelliane: presenti il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministero dell'Economia Giovanni Tria e quello degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. A parlare di globalizzazione nell'ambito della quarta rivoluzione industriale, in particolare di cambiamenti tecnologici e del loro impatto sulla finanza e sull'industria, ci saranno invece il premier giapponese Shinzo Abe, quello spagnolo Pedro Sánchez, quello olandese Mark Rutte, quello israeliano Benjamin Netanyahu, quello libico Fayez Al Serraj (assente il leader della Cirenaica Khalifa Haftar), la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente iracheno Barham Salih, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz. Occhi puntati sul nuovo presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Probabile l'incontro con il premier italiano Giuseppe Conte, che si racconta sia ansioso di ringraziare di persona il leader di Brasilia per la cattura del terrorista rosso Cesare Battisti. Niente Davos per colui che due anni fa ne fu la grande star, il presidente cinese Xi Jinping, che nel 2017, a pochi giorni dall'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca a suon di promesse protezionistiche, venne incensato dalla stampa occidentale, dipinto come il difensore della globalizzazione e del libero scambio. Da Pechino arriverà comunque il suo numero due, il vicepresidente Wang Qishan. A pesare sull'assenza di Xi Jinping sono due elementi strettamente connessi: la guerra commerciale tra Usa e Cina e la frenata dell'economia. Il 2019 segna i 40 anni da quando Washington e Pechino hanno aperto le loro relazioni diplomatiche. Un anniversario sottolineato recentemente dal console generale cinese a San Francisco, Wang Donghua, che ha colto l'occasione per lanciare un appello affinché i due Paesi continuino a cooperare perché, ha detto, hanno interessi comuni.Che Pechino tenda la mano a Washington proprio ora c'entra, dicevamo, con le difficoltà dell'economia cinese. Bastano due dati: il prodotto interno lordo e le nascite. Dagli ultimi dati diffusi emerge infatti che nell'ultimo trimestre del 2018 la crescita economica della Cina ha continuato a rallentare. In tutto il 2018 è stata pari al 6,6%, il dato più basso dal 1990. Analisti preoccupati, nonostante la frenata fosse attesa, e governo impegnato a suon di investimenti in infrastrutture ad alimentare il mercato interno per rendere il Paese meno dipendente dalle esportazioni. Numeri che pesano sono anche quelli che riguardano le nascite, un vero crollo. L'anno scorso in Cina sono infatti nati, secondo dati del Dipartimento nazionale di statistica, 15,23 milioni di bambini, ben 2 milioni in meno rispetto al 2017. Nel 2016 il boom, dopo l'abolizione della politiche del figlio unico, poi il declino iniziato nel 2017 e continuato l'anno scorso, con il calo delle famiglie che deciso di avere un secondogenito. Se appare lontano l'obiettivo cinese di sfidare gli Usa a livello commerciale, non tanto più vicino appare quello di superare i 20 milioni di nascite annue.
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Ll’Assemblea nazionale francese (Ansa)