2025-06-30
Lenitiva o purgante, in gel o in succo. 500 sfumature di aloe tra mito e scienza
Queste piante hanno una capacità cicatrizzante contro scottature, punture e irritazioni. Pillole e sciroppi sono lassativi, però è meglio non abusarne.Aloha? No, aloe. Aloha è una bellissima parola della lingua hawaiiana che significa affetto, amore, pace, compassione e misericordia, si usa per salutare in maniera beneaugurale. Quindi sì, anche aloha, ma oggi parliamo di aloe. Aloe non è una pianta, vogliamo dire che è piuttosto un genere di piante, succulente xerofile della famiglia delle Asfodelacee, composto da un gremito gruppo, pensate, oltre 500 specie. Si tratta di un genere originario dell’Africa e lì assai diffuso, anche se ormai anche l’Italia è patria di aloe. Le si vede tanto nei parchi quanto nei vasi sui nostri balconi. L’aloe, che c’è chi chiama àloe e chi addirittura aloè, sembra un po’ un cactus a punta, ma in realtà non è imparentata coi cactus: un suo compagno di famiglia è, per esempio, l’asfodelo. In passato, l’aloe era ascritta alla famiglia delle Liliacee e in effetti aglio e cipolla hanno qualcosa in comune con essa. Anzi, con esse, perché il nostro genere aloe vanta più di 500 specie, alcune usate solo per ornamento, altre per estrarre gel e succo. Le più note tra le prime sono l’aloe brevifolia, dalle foglie corte corte, come si evince anche dall’aggettivo latino del nome botanico, l’aloe zebrina che ha le foglie zebrate, con graziose macule bianche o rosa, l’aloe polyphylla, un’aloe a spirale, l’aloe marlothii che può arrivare fino a 6 metri di altezza e ricorda una palma. Ma le specie a noi più note sono sicuramente l’aloe vera (anche detta aloe barbadensis) e l’aloe arborescens. Sono queste le specie di aloe più usate dall’uomo e duplice è anche la forma dei preparati che si estraggono da esse. Quando si dice aloe, infatti, crema per il corpo all’aloe, succo di aloe da bere eccetera, ebbene in questi prodotti cosmetici come alimentari l’aloe si può trovare in due forme. I due preparati possono essere il gel di aloe o il succo (o latice) di aloe concentrato ed essiccato delle foglie di Aloe vera, Aloe barbadensis o, molto minoritariamente, altre specie di aloe (principalmente Aloe ferox). La crema idratante di cui sopra, per esempio, contiene gel di aloe. Il gel si ricava dalla parte interna della foglia di aloe, mentre il succo si fa colare dalla foglia tagliata alla base ed è concentrato per esposizione all’aria (aloe epatico) o per ebollizione (aloe lucido). Si possono anche macerare o spremere le foglie per ottenere un estratto di foglia intera di aloe, che può essere ulteriormente purificato con carbone attivo, in modo da ottenere un estratto decolorato. Il succo di aloe ottenuto dalle foglie contiene derivati idrossiantracenici, noti anche come antrachinoni, tra cui l’aloe-emodina e i glicosidi antrachinonici aloina A e aloina B, mentre il gel è caratterizzato prevalentemente da acqua, mucillagini (tra cui l’acemannano) e polifenoli (es. aloesine), generalmente non contiene antrachinoni, ma può contenere delle tracce di antrachinoni, che gli conferiscono colore giallo e sapore amaro. L’estratto della foglia intera di aloe contiene sia il gel che il latice, mentre quello decolorato ha una composizione simile al gel con livelli più bassi di mucillagini (circa il 20% in meno). Talvolta, il succo di aloe che si trova in commercio è gel di aloe allungato con acqua. Mentre scrivo, dagli ingredienti di un aloe drink che ho acquistato al supermercato, leggo, appunto, aloe vera gel e aloe vera powder (gel di aloe vera e polvere di aloe vera cioè succo essiccato). Come si vede, come accade con tanti altri alimenti, il cocco, per esempio, le forme in cui quell’alimento può giungerci davanti sono come le strade del Signore, infinite. Dire aloe vuol dire aprire un mondo, che è bene conoscere meglio possibile proprio perché è così ampio e complesso. Riassumendo una materia assai complicata, ricordiamoci che l’aloe si può trovare per uso esterno, solitamente, appunto, in gel. E per uso interno, solitamente in succo (anche da gel) o integratori. La prima proprietà importante del gel di aloe per uso esterno è la capacità cicatrizzante, che era nota anche agli antichi e, pare, anche a Cristoforo Colombo. Pensate che già nel XVII secolo l’aloe veniva importata dalle isole caraibiche dagli spagnoli e dagli olandesi che poi la commerciavano in tutta Europa. Oggi la coltiviamo anche noi. Il gel di aloe spalmato sulla pelle ha capacità innanzitutto cicatrizzante, quindi bene usarlo con questo scopo l’uomo dopo la barba e la donna dopo la ceretta, poi anche su problemi cutanei di piccolo calibro come piccole ferite o bruciature, sia da esposizione ai raggi solari, sia ustioni in cucina. Valide anche le proprietà idratanti, nutrienti, emollienti che si possono esplicare anche mettendo un po’ di gel su una puntura di zanzara o sulla pelle del neonato irritata dal pannolino. In linea di massima, il gel di aloe per uso esterno non dà alcun problema, ricordiamoci però che in teoria si potrebbero verificare reazioni allergiche in chi è allergico ad aglio e cipolla. Altra proprietà riconosciuta all’aloe vera assunta per uso interno, dunque pastiglia di integratore alimentare (di solito realizzato con polvere di aloe vera) oppure succo, è l’effetto lassativo. Nomi di pillole come Aloe detox (il sottinteso è detox andando di corpo) o di sciroppi come Sciroppo all’aloe per transito intestinale non lasciano adito a dubbi. L’aloe vera, in forma di succo o integratore alimentare, può essere utilizzata in caso di stipsi occasionale. Si tratta di un lassativo antrachinonico: i lassativi antrachinonici sono detti anche purganti, inducono la peristalsi e così forzano il meccanismo dell’evacuazione. Non bisogna però fare dell’eventuale assunzione di succo di aloe a scopo lassativo un’abitudine. In caso di stipsi appunto occasionale, per esempio dovuta a immobilità per interventi chirurgici, si può assumere aloe una tantum, comunque mai per più di 7, massimo 10 giorni. La ragione dell’efficacia purgante dell’aloe vera risiede nei glicosidi antrachinonici, i quali contraggono la muscolatura del colon così aumentando la peristalsi, cioè quel processo involontario di contrazione e rilassamento coordinati della muscolatura liscia degli organi cavi come intestino, esofago e stomaco che spinge avanti il contenuto dell'organo. I glicosidi antrachinonici non sono assorbiti da stomaco e intestino tenue, ma sono metabolizzati dall’intestino crasso dove la flora batterica li trasforma in antroni. In un tempo che può andare da 6 fino a 12 ore dopo l’assunzione, il purgante naturale fa effetto. L’aloe come purgante - ribadiamo - va usato occasionalmente e alla giusta dose, altrimenti si rischiano dolori addominali, diarrea, crampi, confusione mentale. Inoltre, non va usato da bambini e da donne in gravidanza e allattamento, non va usato se si è allergici ad aglio e cipolla e se si soffre di problematiche cardiache, epatiche e renali oppure di colite, intestino irritabile e simili stabili difficoltà intestinali che non hanno nulla a che vedere con la stitichezza occasionale.Ci sono rischi importanti nell’utilizzo prolungato dell’aloe come purgante. Usarlo senza soluzione di continuità può impigrire definitivamente e irrimediabilmente l’intestino, conducendolo alla cosiddetta sindrome dell’intestino pigro: la peristalsi indotta con l’aloe - e con qualunque altro purgante assunto abitualmente - compromette la normale funzionalità della muscolatura del colon che non si contrarrà più autonomamente. C’è stato un periodo in cui il purgante di aloe non si poteva trovare in commercio. La questione dell’aloe come lassativo antrachinonico è una saga, istruttiva, se volete, su certe prese di posizione mediche, che ora vi raccontiamo. La Commissione europea nel 2021, basandosi su un parere scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) del 2017 che evidenziava potenziali rischi per la salute legati alla genotossicità di alcuni idrossiantraceni, aveva imposto il divieto di commercializzazione di «preparazioni a base di foglie di specie di Aloe contenenti derivati dell’idrossiantracene (HAD)» come pure restrizioni alla vendita di altre piante contenenti antrachinoni: senna, rabarbaro, frangula e cascara. Associazioni di settore, tra cui Assoerbe e Federazione Erboristi Italiani, con il supporto di diversi studi scientifici, avevano fatto ricorso contro il Regolamento 468/2021 che sanciva la decisione della Commissione. Il 13 novembre 2024 il Tribunale dell’Unione europea ha annullato il Regolamento. La sentenza ha accolto il ricorso perché la Commissione - vietando tutte le preparazioni a base di Aloe contenenti idrossiantraceni indipendentemente dalla quantità - ha violato l’articolo 8 del Regolamento (CE) n. 1925/200, che prevede il divieto solo quando l’ingestione di una sostanza supera «ampiamente» i livelli normali di consumo e quando siano stati «individuati effetti nocivi per la salute». Ma l’Efsa non era stata in grado di indicare una dose giornaliera di idrossiantraceni sicura per la salute umana, per mancanza di dati sufficienti. La Commissione aveva interpretato questa mancanza come un’impossibilità di stabilire un livello di utilizzo sicuro, procedendo quindi al divieto totale. Secondo il Tribunale dell’Unione europea la mancanza di una soglia di rischio non giustifica il divieto generalizzato. La sentenza non entra nel merito della sicurezza degli idrossiantraceni, ma si concentra sulla corretta applicazione della normativa. Per quanto riguarda gli idrossiantraceni, è comunque bene ricordare che il purgante occasionale si può usare, il purgante continuativo no, come abbiamo detto sopra.Altra questione ancora in via di definizione è la presunta anticancerogenicità dell’aloe. Come nasce l’idea che l’aloe possa curare il cancro? Uno dei maggiori sostenitori dell’idea fu padre Romano Zago, nato in Brasile negli anni Trenta del secolo scorso, francescano, che divulgò la sua tesi e anche la ricetta (aloe arborescens, miele e grappa) per contrastare il cancro e gli effetti collaterali delle terapie anticancro con l’aloe, in particolare l’aloe arborescens. L’aloe arborescens è differente dall’aloe vera: la arborescens ha fusto più lungo, resiste meglio al freddo, presenta foglie con meno contenuto acquoso dell’aloe vera e perciò ha quasi il doppio dei principi attivi dell’aloe vera. Riguardo a queste potenzialità antitumorali che Zago rinveniva nell’arborescens e altri nell’aloe vera, annoveriamo quanto dice l’Airc (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro): «Secondo alcune teorie non scientificamente dimostrate, l'Aloe vera – una pianta piuttosto comune anche in Italia – sarebbe in grado di curare molti tipi di tumore, anche quelli in fase avanzata. I numerosi studi scientifici condotti sull’argomento non hanno finora dimostrato in modo chiaro e indiscutibile che i composti a base di Aloe vera possano prevenire o curare il cancro negli esseri umani». Gli studi, infatti, che hanno fornito in alcuni casi risultati interessanti, sono stati condotti solo in cellule isolate e animali di laboratorio, mai ancora in esseri umani. Si tratta di studi che hanno indagato il ruolo dell’acemannano, che in esperimenti di laboratorio è risultato in grado di stimolare la produzione di molecole chiamate citochine, o dell’aloeride, un forte stimolante del sistema immunitario. L’emodina contenuta nelle foglie di aloe vera in laboratorio ha anche bloccato la crescita di cellule di alcuni tumori. Hanno invece dato risultati contraddittori gli studi sulla capacità dell’aloe vera di prevenire i danni della radioterapia a livello della cute e, per quanto riguarda gli studi sugli effetti collaterali della radioterapia usata nel trattamento del tumore del seno, l’aloe vera pare non essere efficace, mentre sembra portare beneficio nel caso dell’infiammazione acuta della mucosa del retto (proctite) che si può presentare dopo alte dosi di radiazioni e prevenire la mucosite, un problema della bocca piuttosto comune per chi si sottopone a chemioterapia. Insomma, i risultati sull’efficacia antitumorale e anti effetti collaterali di alcune cure contro i tumori dell’aloe vera per limitare gli effetti collaterali della radioterapia sono ancora, nel complesso, incerti. Inoltre, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) di Lione nel dossier «Farmaci e prodotti di origine vegetale» afferma che ci sono dati sufficienti per dimostrare l’effetto cancerogeno dell’estratto di foglia intera di aloe vera negli animali. Mancano i dati negli esseri umani, ma l’Agenzia classifica comunque questo estratto nel gruppo 2B, ovvero un possibile cancerogeno per l’uomo. Insomma, come si vede oltre che 500 tipi di aloe ci sono anche 500 e passa opinioni, contrastanti, sul suo uso interno. Usiamola, dunque, se la vogliamo usare, con parsimonia. Rivolgiamoci invece senza remore all’aloe per uso esterno.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.