2025-08-02
Sala «festeggia» per un’accusa in meno. Resta sulla graticola ma va in vacanza
Archiviata l’induzione indebita, rimane solo il falso ideologico Il sindaco parla di riscossa però è isolato. E i dem annaspano.Il bello degli immobili è che, a meno che siano bunker o parcheggi sotterranei, si vedono. E se tiri su un grattacielo o un condominio alberato dove prima c’era una casa a due piani, anche quello, prima o poi, si nota. E se il via libera del Comune lo dà una un organismo che si chiama commissione Paesaggio, in primo luogo vuole dire che si tratterebbe di tutelare il paesaggio (lo dice la Costituzione italiana, all’articolo 9) e in secondo luogo significa che non è roba da carbonari. Se poi, una volta partite le indagini della magistratura, ci si fa anche promotori di una legge chiamata «Salva Milano», c’è pure la confessione, come ha scritto ieri sulla Stampa Salvatore Settis. Eppure, in casa Pd e nell’ufficio di Beppe Sala, è calata una strana nebbia agostana e sembra che non si veda più nulla di tutto ciò che è accaduto sotto gli occhi di tutti. Il sindaco di Milano «festeggia» la caduta dell’accusa di induzione indebita che però, allora, politicamente è fin peggio perché lo fa passare per una «res nullius» nelle mani dello Stefano Boeri, o del palazzinaro di turno. Mentre Emily Schlein tenta di stare contemporaneamente con Sala e con la Procura di Milano. «A settembre o si fa sul serio, o si va a casa». Parole pronunciate dal sindaco milanese negli ultimi giorni (mentre ieri sera, con una storia su Instagram, ha annunciato l’intenzione di staccare, tra una settimana, per godersi una quindicina di giorni di ferie, ndr). Il messaggio è chiaro: se entro l’autunno non verranno approvati il nuovo Piano di governo del territorio, il piano casa e la vendita di San Siro, lui è pronto a lasciare. Ma più che un ultimatum politico, è un segnale di isolamento: Sala è sempre più solo, stretto tra scadenze cruciali, una maggioranza logorata e un’inchiesta che, pur alleggerita nei capi d’accusa, continua a tenerlo sotto pressione e, forse, anche in scacco.L’induzione indebita a lui inizialmente contestata è stata archiviata dal giudice sul caso Pirellino. Ma resta l’indagine per falso ideologico, legata alla conferma di Giuseppe Marinoni nella commissione per il Paesaggio, avvenuta nel novembre 2024. Secondo i pm, Sala avrebbe attestato formalmente l’assenza di conflitti d’interesse, nonostante fosse già noto che Marinoni era oggetto di un’indagine penale in corso da mesi. A rafforzare il sospetto c’è un fatto nuovo: due giorni fa, Marinoni è stato messo agli arresti domiciliari con le accuse di corruzione, falso e turbativa d’asta. Non è ancora chiaro che tipo di rapporto personale vi fosse tra i due. Quello che si sa è che Marinoni era stato componente di quella commissione così strategica già fin dal 2009 e che, nel gennaio 2023, il Comune concesse il patrocinio istituzionale a un suo progetto: lo studio «Nodi e porte metropolitane Milano 2050». A firmare fu lo stesso Sala, quando Marinoni non era ancora indagato. Per la Procura, però, quel patrocinio non fu mera cortesia: servì a legittimare pubblicamente un tecnico che, parallelamente, stava lavorando con operatori immobiliari privati attivi proprio nelle aree interessate dallo studio. Un’operazione che oggi si deve guardare con occhi nuovi : un sigillo politico dato a un progetto che, secondo gli inquirenti, nascondeva un’agenda privata.I numeri che emergono dalle carte dell’inchiesta sono rilevanti. Marinoni avrebbe incassato oltre 395.000 euro in parcelle professionali e, tra le somme, spiccano migliaia di euro per incarichi su progetti urbanistici in via Palizzi e via Pisani, su cui la commissione si era ovviamente espressa con parere favorevole. Una posizione, quella di Marinoni, che per gli inquirenti mescolava senza filtri interessi pubblici e compensi privati.Gli ultimi sviluppi giudiziari gettano una luce quasi beffarda anche sui sedicenti «anticorpi» della politica. Negli ultimi anni, Palazzo Marino ha promosso vari strumenti contro le infiltrazioni nella macchina pubblica: un comitato per la legalità, la nomina nel 2024 di Marco Ciacci alla direzione Legalità e controlli, regolamenti anti-conflitto, audit interni. Ma nessuno di questi strumenti è riuscito a intercettare il funzionamento del sistema che oggi è al centro dell’inchiesta. Eppure, non erano crimini informatici transnazionali, ma secchiate di cemento. Nessuno si è accorto di nulla e l’ex giudice Gerardo Colombo si era dimesso solo a marzo 2025 dal Comitato per la legalità, dopo l’arresto del dirigente comunale Giovanni Oggioni.Anche il Pd si muove nel buio. Ieri Schlein ha risposto agli attacchi di Giuseppe Conte cavillando: «L’alleanza col M5s si costruisce Regione per Regione. A Milano il Movimento non è in maggioranza e io non condivido quelle valutazioni. Ho confermato il pieno supporto al sindaco Sala». Insomma, a Milano, vietato spaccarsi su Sala, il sindaco che di mattone ne capisce benissimo fin dai tempi dell’Expo e del famoso patto non scritto Napolitano-Renzi con la Procura, ma che questa volta si faceva dettare la linea dall’archistar Boeri persino sul problema sicurezza. E chissà come farà, a gennaio, a presentare le Olimpiadi invernali come nulla fosse, per giunta in quello stadio di San Siro che stava tentando di svendere a Inter e Milan. Schlein difende Sala, ma se si va a vedere ciò che disse il 18 luglio, si capisce che è in un vicolo cieco: «Abbiamo fiducia nel lavoro della magistratura […] ma il Pd è al fianco di Sala». Prima o poi, anche lei dovrà scegliere.
George Soros e Howard Rubin (Getty Images)