2024-12-11
Gasparri va all’attacco di Ruffini. E i democratici già affilano i coltelli
Ernesto Maria Ruffini (Imagoeconomica)
Il capogruppo di Forza Italia in Senato: «Se scenderà in politica dovrà lasciare la guida dell’Agenzia delle entrate». Il suo nome crea anche tensioni interne: pure Sala punta a guidare la «gamba» centrista.Se Ernesto Maria Ruffini ha davvero intenzione di scendere in campo, nelle vesti di federatore del centrosinistra (ipotesi assai improbabile) o di leader del famigerato partito riformista che dovrebbe costituire la gamba moderata del centrosinistra (ipotesi più plausibile), sarebbe il caso che lasciasse quanto prima il posto di direttore dell’Agenzia delle entrate. Lo dice chiaro e tondo, di fronte al proliferare di articoli zuccherosi che narrano le gesta passate e presenti dell’uomo delle tasse, il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri: «Leggo sui giornali», sottolinea Gasparri, «che il responsabile dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, noto esponente del centrosinistra, potrebbe diventare il candidato futuro alla leadership delle sinistre. Ruffini, come libero cittadino, può fare qualsiasi cosa, ci mancherebbe altro. Ma trovo singolare che rimanga in un incarico così importante un esponente che non è solo dell’alta amministrazione, ma a questo punto anche di un’area politica. Ruffini potrebbe intraprendere il suo percorso politico », aggiunge Gasparri, «lasciando l’Agenzia delle entrate, anche perché non credo che le sue impostazioni e i suoi indirizzi non siano coincidenti con quelli dell’attuale maggioranza. Il centrodestra viene accusato di occupare ogni spazio mentre i fatti dimostrano il contrario. Lasciamo in caselle chiave persone che lavorano contro l’attuale governo e coltivano ambizioni politiche. Credo che Ruffini potrebbe tranquillamente porre fine a questo conflitto di interesse», conclude il capogruppo berlusconiano a Palazzo Madama, «dedicandosi alla politica e affidando a mani più sagge e competenti l’Agenzia delle entrate». Doveva aspettarselo, Ruffini: la grancassa dei suoi adulatori è stata controproducente, e del resto i suoi alfieri, a cominciare da Beppe Fioroni, dovrebbero sapere fin troppo bene, da volponi democristiani, che in Italia chi vuole davvero fare il «salto» in politica deve volare basso fino all’ultimissimo minuto, restare nell’ombra, altrimenti il «salto» si fa (mediaticamente parlando) in padella, e si rischia di essere bruciati. Sembra proprio questo il caso di Ruffini, che pure l’altra sera, a margine di un evento al quale ha partecipato proprio con l’amico Fioroni, ha alimentato le indiscrezioni: «La politica», ha detto Ruffini, come riporta il Messaggero, «non va intesa come un talent show. O come un gioco di società. Ed è anche sbagliata l’idea che possa esserci un salvatore della patria o di una parte politica. Io non sono un salvatore». Un po’ di sano realismo: che il direttore dell’Agenzia delle entrate, Nostro signore delle cartelle esattoriali, possa essere considerato un salvatore, è in effetti un po’ azzardato, anche se va detto che Ruffini non si è mai opposto alle rottamazioni, ancora di salvezza per milioni di italiani. Ma a Ruffini poi è scappata la frizione: «Il Paese», ha monitato Ruffini, «appartiene a tutti e siamo tutti chiamati ad occuparcene. Non bisogna restare seduti e fare da spettatori. Questo è un lusso che non ci si può permettere, se si vuole bene al Paese». Traduzione: sono pronto a entrare in campo. E se dal centrodestra si è levata la voce di Gasparri, mentre si rincorrono voci di un Maurizio Leo, viceministro alle Finanze, dispiaciuto per la tentazione elettorale di Ruffini, nel campo che dovrebbe essere il suo, ovvero il centrosinistra, è già corsa all’impallinamento del quasi federatore: «L’idea c’è», dice alla Verità un esponente dell’opposizione, «lui ha voglia, è un nome nuovo e questa benedetta area centrista ha bisogno di volti nuovi, ma siamo sicuri che sia un fenomeno? E poi, non dimentichiamo che quando la politica ha chiesto le rottamazioni, non si è mai opposto. Detto ciò, se decide di scendere in campo bastano sei mesi e nessuno si ricorda più che è stato il capo dell’Agenzia delle entrate». L’idea c’è, quindi, anche se per adesso siamo nel campo del politicismo in purezza: se e quando deciderà di lasciare il suo incarico per candidarsi, Ruffini si prepari a lasciare da parte il fioretto (lo aiuterà il Fioroni) e ad allenarsi con la sciabola. L’area centrista del campo progressista, infatti, è assai affollata, ci sono più leader o aspiranti tali che elettori, Ruffini dovrà sgomitare per affermarsi, e non detto che ci riesca. Del resto, tenterà di vincere su un terreno di gioco dove, a proposito di rottamazioni, ha perso, e male, anche Matteo Renzi, l’ex Rottamatore. Dovrà vedersela con Beppe Sala, al quale Elly Schlein ha promesso la guida della gamba centrista del centrosinistra, e con chi sa quanti altri aspiranti leader di questo benedetto soggetto politico riformista che sembra più una visione mistica che una prospettiva concreta. Alle elezioni politiche mancano comunque poco meno di tre anni, politicamente una eternità, il nome di Ruffini ormai è entrato nel circuito, vedremo se nel serbatoio ha benzina sufficiente per arrivare fino in fondo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)