2018-10-26
Roma pronta al derby Che Guevara-ruspe
Se Virginia Raggi, interrogata al processo dov'è accusata di falso, venisse condannata, si dovrebbe dimettere. Il M5s candiderebbe Alessandro Di Battista, di sinistra però con padre fervente ex missino. Ma Matteo Salvini vuole il Campidoglio a tutti i costi e ha già tre nomi in testa.Brutto affare avere un ministro degli Interni che ha messo nel mirino la poltrona di sindaco di Roma. Brutto affare specialmente se ti chiami Virginia Raggi, hai la vitalità di un puré di patate prima di uscire dalla busta, governi il Campidoglio senza infamia e senza lode ormai da due anni e mezzo, dormi su un serio problema di ordine pubblico in vaste aree della città e il 10 novembre rischi una condanna per falso, che per gli standard dei 5 stelle è roba grave. Matteo Salvini che passeggia per le strade di San Lorenzo, dove un pugno di immigrati irregolari avrebbe drogato, stuprato e ammazzato una ragazzina di 16 anni, non è soltanto il ministro-ruspa che annuncia che la ricreazione è finita. È il segnale che Roma si prepara a essere teatro di un derby radicale: destra di ordine e decoro contro il Che Guevara alla vaccinara, Alessandro Di Battista. Minorenni massacrate e nomine comunali alla «volemose bene», alto e basso, non importa. Nella capitale i costruttori, silenti, dopo aver fatto i propri comodi per oltre mezzo secolo, sognano di tornare all'ancien régime. Ma la sindaca, va detto, vede sempre di metterci del suo. Ieri è andata in tribunale a deporre al processo che la vede imputata per falso nella vicenda della nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele, a capo del dipartimento Turismo. E non ha cambiato linea di un millimetro: «Nella nomina di Renato, Raffaele non ha avuto alcun potere discrezionale. Si è limitato ad eseguire una mia direttiva nell'ambito della procedura di interpello per i nuovi dirigenti. Il suo fu un ruolo compilativo», ha spiegato rispondendo al procuratore aggiunto Paolo Ielo. I vertici M5s sono sicuri che l'avvocata che hanno scelto per il Campidoglio pur tra mille mal di pancia interni non abbia fatto nulla di male, ma Beppe Grillo per primo non sottovaluta che il Movimento si è posto in modo severo e intransigente sull'onestà e sulla trasparenza nel governo del Campidoglio e quindi, in caso di condanna, sarebbe impossibile far finta di nulla. Su questa considerazione s'innesta un calcolo meno adamantino, ma assai concreto: la Raggi finora non ha concluso granché e fra tre anni sarebbe complicato ricandidarla. E allora, se tanto si deve cambiare cavallo, tanto vale essere fatalisti e farsi trovare pronti in ogni caso. Il candidato di Davide Casaleggio e di Luigi Di Maio è Alessandro Di Battista, romanissimo, di sinistra ma con padre fervente ex missino, carisma da vendere. Uno che meno in vacanza lo lasci e meglio è per Di Maio stesso. Nelle stesse ore, pur con alterne fortune di pubblico e di critica, il ministro Salvini cerca di dimostrare ai residenti inferociti che a San Lorenzo lo Stato c'è ancora, nonostante da anni la movida abbia quasi legittimato traffici di droga alla luce del sole e occupazioni di edifici pubblici e privati totalmente fuori controllo, come si è visto nel caso di Désirée e dei suoi aguzzini clandestini. È il suo compito, da responsabile del Viminale, ma è ovvio che i 5 stelle adesso sentono i motori delle famose ruspe rombare in direzione Campidoglio. Del resto, a margine del comitato ordine e sicurezza di mercoledì, la Raggi ha sibilato che «Salvini non sa niente di Roma» e che il problema «non è solo San Lorenzo». Quindi, con un moto suicida, ha elencato tutta una serie di quartieri più o meno allo sbando, tra cui «San Basilio, Centocelle, Corviale e Tor Bella Monaca». Non paga di aver così aumentato il numero delle ruspe necessarie, Donna Virginia ha anche chiesto a prefettura e uffici comunali «un segnale forte sull'occupazione di Casa Pound», a mo' di dispetto a Salvini e alle destre tutte.Ma se deve essere campagna elettorale, allora campagna sia. Il Carroccio ha già in serbo tre candidati per sfidare o la Raggi bis o Di Battista. Il primo è Fabio Rampelli, volto storico della destra sociale romana, popolarissimo in quartieri che lottano con il degrado come l'Esquilino e con l'indubbio vantaggio di essere notoriamente una persona onesta. Tuttavia, pare che Salvini a Roma voglia schierare una donna e allora sono pronte Barbara Saltamartini, presidente della commissione Attività produttive della Camera, e l'avvocato Giulia Bongiorno, ministro della Funzione pubblica. Sono due pezzi da novanta, perché Salvini vuole conquistare Roma a tutti i costi, e non fanno che aumentare le chance di candidatura di Di Battista. L'uomo al quale i capi del Movimento preferirono Di Maio come candidato premier, secondo Grillo e soci «a Roma vince a mani basse». Sicuramente polarizzerebbe la battaglia, con un ritorno ai duelli tra sinistra e destra. E un Pd condannato a guardare.
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