2025-02-05
Speranza l’impunito adesso ha il coraggio di fare perfino la morale agli altri
Roberto Speranza (Imagoeconomica)
Dopo l’exploit su «Tachipirina e vigile attesa», l’ex ministro dice nuove balle su come reagiva lui davanti alle indagini.Davvero meraviglioso è il mondo in cui a Roberto Speranza è consentito di impartire lezioni di coraggio a mezzo stampa. Oddio, a ben vedere all’ex ministro della Salute una certa forma di coraggio appartiene eccome: si chiama faccia tosta, e coincide con lo sprezzo del ridicolo proprio di chi o non si rende conto di come si comporta o se ne rende conto e pensa che tutto il resto del mondo sia popolato da imbecilli smemorati. Nei giorni scorsi Speranza ha ritrovato uno scampolo di visibilità grazie alle domande che gli ha rivolto Angela Camuso durante una presentazione del suo libro (quello che pubblicò e si ritirò da solo perché giustamente se ne vergognava). Domande a cui ha risposto negando contro ogni dato di fatto che fosse mai stato proposto il protocollo Tachipirina e vigile attesa. Forse ringalluzzito, l’ex ministro e volto simbolo di Articolo uno ha rilasciato una intervista al Fatto Quotidiano in cui si erge a grande statista politico e ragiona di alchimie parlamentari e scenari di medio e lungo termine. E fin qui niente di particolarmente rilevante.Il problema sorge quando Roberto si mette a fare la morale al presidente del Consiglio accusandolo di vigliaccheria. «La letterina mostrata da Giorgia io credo di averla ricevuta sette-otto volte durante il Covid», dice. E il senso dell’affermazione è chiaro: anche io sono stato indagato però non ho fatto tante storie. Ma davvero? Curioso, perché a noi risulta un po’ diversamente. Quando uscì la notizia dell’indagine a suo carico per epidemia colposa e omicidio colposo plurimo, Speranza corse dai giornali amici a riversare la sua «amarezza». Dalle sue parole trasudava irritazione per l’ingratitudine degli italiani: «Tra l’altro, a me ancora non è arrivato nulla, so solo quello che leggo sulle agenzie e sui giornali», disse. «Fa male, sono accuse pesanti, ancora di più perché io ho la coscienza a posto e da ministro della Salute ho dato davvero tutto». A quanto pare, dunque, qualche uscita pubblica la fece pure lui, e certo non si fece scrupoli a vestire i panni del perseguitato. Li veste ancora oggi, affettando scandalo riguardo alla associazione dei famigliari delle vittime di Bergamo (quella che fece partire l’inchiesta su di lui) e ai finanziamenti che ottenne dalla Fondazione An: «Ho letto di 25.000 euro di donazioni», sospira. «Trovo incredibile che la capa di un partito la cui fondazione ha finanziato quell’associazione ora faccia la vittima». A quanto pare l’ex ministro non era stato già abbastanza ruvido in passato con le vittime di Covid: sentiva il bisogno di infierire ancora ingiustamente. Ma attenti che il meglio deve ancora venire. Nel corso dell’intervista al Fatto, Speranza descrive il suo comportamento e quello di Giuseppe Conte durante la pandemia, e di nuovo non lesina lezioncine: «Abbiamo reagito in modo molto diverso», argomenta. «Quando un ministro o un premier sono chiamati in Parlamento, devono andare sempre e comunque. Non fuggire. Dal primo provvedimento sui rave party all’ultimo messaggio social sull’indagine, il governo sembra voler distrarre il pubblico e i problemi reali sono derubricati. Come opposizione non dobbiamo cadere nella trappola: Meloni deve venire in aula, ma noi dobbiamo partire dai problemi reali del Paese». Interessante: quando un ministro o un premier vengono convocati in aula devono correre. Eppure ci risulta che, quando fu istituita la commissione di inchiesta sul Covid, Speranza non si mostrò tanto gioioso all’idea di essere convocato. Anzi, si precipitò a gridare il suo sdegno per ciò che gli esponenti di Fratelli d’Italia avevano dichiarato in Parlamento: «Se qualche italiano aveva dubbi sugli obbiettivi e il senso della commissione questo intervento li ha chiariti», disse. «È emerso in maniera lampante che l’obiettivo di questa Commissione non sia quello di valutare in maniera seria i fatti, ma di fare propaganda politica. È stato un intervento squadrista che ricorda i momenti peggiori di questo Paese. Ribadisco di aver operato da ministro con disciplina e onore come dice la nostra Costituzione». Qualcosa non torna: perché se quando il Parlamento chiama bisogna correre, come mai Speranza non era entusiasta di incontrare la commissione parlamentare sul Covid? La prontezza di risposta alle domande scomode deve valere per tutti o solo per gli altri? A quanto pare Speranza pretende dagli altri ciò che lui per primo - e per vicende decisamente più impattanti sulla vita e la salute degli italiani - ha rifiutato categoricamente di fare. Chissà, magari la memoria ci fa qualche scherzo, ma a noi sembra di ricordare che Roberto sia stato parecchio reticente nel corso del suo mandato: mai una intervista seria, mai un colloquio franco con critici e oppositori. In compenso si è più volte atteggiato a vittima dell’odio no vax, laddove per no vax si intendeva chiunque la pensasse diversamente da lui e osasse alzare il ditino per porre questioni. È nei fatti lo stesso atteggiamento che dimostra oggi quando qualcuno lo contesta o anche solo l’interpella pubblicamente: negazione e risentimento. Considerati questi fatti, ci vuole un bel coraggio per fare la paternale a chicchessia. E di coraggio l’ex ministro ne ha in abbondanza, tranne quando deve rispondere alla nazione delle sue scelte sulla pandemia.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.