2024-08-03
Ritorna la giostra degli extraprofitti. Il Tesoro e Chigi hanno idee opposte
Giancarlo Giorgetti (Imagoeconomica)
Nonostante la smentita del governo, la presidenza del Consiglio è tentata dall’ipotesi di un’imposta sul settore finanziario. Contrario il Mef. L’Abi apre al balzello in cambio di modifiche al ddl Capitali.Si avvicina Ferragosto. Alcuni pensano alla spiaggia e altri alle tasse sugli extraprofitti bancari. Almeno così è andata lo scorso anno quando il governo ha sorpreso le Borse e gli amministratori delegati degli istituti italiani annunciando una imposta sui margini di bilancio spinti in alto dal veloce e importante rialzo dei tassi da parte della Bce. In realtà, il primo a parlare era stato Matteo Salvini. Il 7 agosto, per la precisione, il vicepresidente del Consiglio annunciava l’approvazione da parte del cdm di un «prelievo sugli extraprofitti delle banche», definendolo una «misura di equità sociale», limitata al 2023. Tutti gli introiti sarebbero andati in «aiuti per i mutui delle prime case, sottoscritti in tempi diversi rispetto agli attuali, e nel taglio delle tasse». Il leader della Lega indicava poi che lo Stato avrebbe incassato «alcuni miliardi».Il decreto legge è stato poi trasmesso al Parlamento e pubblicato in Gazzetta ufficiale il 10 agosto, ma durante l’esame del testo in Commissione ambiente e industria i partiti di maggioranza hanno di fatto presentato un emendamento che cambiava di molto il provvedimento. Da un lato, le banche avrebbero potuto scegliere di non pagare la tassa purché avessero destinato un importo pari a due volte e mezzo il suo valore per rafforzare il patrimonio (per la precisione le riserve indisponibili). Se le banche avessero usato questa sorta di riserva per distribuire utili, avrebbero pagato una piccola penale. Dall’altro lato, l’importo massimo della tassa da versare sempre in fase di conversione è stato portato allo 0,26% sugli attivi ponderati, escludendo quindi i titoli di Stato. Assorbita la notizia, la norma ha seguito un percorso al ribasso fino a diventare una sorta di tassa facoltativa. Per capirsi, nemmeno il Monte dei Paschi di Siena, la cui maggioranza relativa è in mano al Tesoro, ha versato l’imposta. L’inverno ha steso poi un leggero velo di oblio sull’iniziativa. Fino a ieri quando due giornali italiani hanno rilanciato la volontà del governo di tornare a mettere mano agli extraprofitti. Stavolta su banche, assicurazioni e imprese del comparto energetico. Interessante notare come i giornali di opposizione abbiamo collegato a questa indiscrezione il crollo dei titoli in Borsa. Un po’ la replica del 2023. Una tesi tirata per i capelli visto che al di là delle prese di beneficio, banche e altri titoli in Borsa sono scesi in scia a semestrali deludenti negli Usa e ai listini delle tech company in difficoltà. Il governo ne ha approfittato per diramare nel pomeriggio di ieri una smentita. «Sono prive di ogni fondamento le ricostruzioni giornalistiche secondo le quali sarebbe attualmente allo studio del governo una norma sugli extraprofitti in alcuni settori dell’economia». Insomma, la questione sembrerebbe destinata a terminare qui. Se non fosse che il tema è assai più complesso e in realtà il dibattito, a quanto risulta alla Verità, è in corso. Da un lato Palazzo Chigi in vista di ottobre vorrebbe provare a mettere a terra una nuova imposta, diversa da quella dello scorso anno, ma comunque in grado di raccogliere gettito dal comparto finanziario ancora oggi beneficiato dai tassi. Il ministero dell’Economia è però di pensiero opposto. Innanzitutto non avrebbe senso mettere imposte sulle assicurazioni. Le compagnie fanno ricavi su tre pilastri. Il primo è il ramo danni. E qui il margine è basso; viaggia tra il 5 e il 7%. Il ramo vita essendo una gestione per terzi ha ben poca marginalità. Infine, l’asset management, che è il terzo pilastro, si scopre penalizzato dal rialzo dei tassi e dalla concorrenza da parte dei Btp per giunta tassati 12 punti in meno. Resterebbero le banche da penalizzare. Ma su questo pesa l’esperienza dello scorso anno. In mezzo a questo braccio di ferro, che sarebbe dovuto rimanere sotto traccia almeno fino al termine di settembre, si può infilare l’Abi. Una delle ipotesi discusse negli ultimi giorni tra i corridoi dell’associazione sarebbe quella di andare incontro al governo suggerendo una nuova tassa (il cui nome conta poco) sostenibile per gli istituti e utile in vista della stesura della manovra purché sul piatto si possa mettere qualche modifica al ddl capitali. Il testo della legge è già stato approvato ma viaggia su un binario parallelo in vista della prossima primavera quando andrà a integrare il Tuf, testo unico in materia finanziaria. L’obiettivo, a fronte dell’imposta, sarebbe quello di inserire nel ddl una deroga per i bancari e gli assicurativi. Almeno sulle norme per le assemblee a porte chiuse e sulla possibilità di collegare al voto maggiorato la prassi dell’opt-in. Tecnicismi a parte e nonostante la smentita di Palazzo Chigi il tema è caldo o meglio si scalderà dopo l’estate. Che sia opportuno è un altro discorso. Forse sarebbe più utile convocare tutti i rappresentanti del comparto finanziario e chiedere che vengano creati nuovi veicoli in grado di erogare prestiti e aiuti ai settori o alle categrorie che più necessitano. Sostenere con costo del denaro più basso o garanzie a maglie più larghe. Il governo su questo potrebbe aprirsi a maggior dialogo anche con la finanza del Nord, quella che più o meno tocca la A4. O meglio, Torino-Milano-Bologna e Trieste.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.