I temutissimi rialzi termici dei nostri giorni sono già avvenuti nel passato senza catastrofi: ne approfittò Annibale per scavalcare le Alpi. Il «global warming» in corso è cominciato due secoli prima delle attività umane su cui si scaricano tutte le colpe possibili.
I temutissimi rialzi termici dei nostri giorni sono già avvenuti nel passato senza catastrofi: ne approfittò Annibale per scavalcare le Alpi. Il «global warming» in corso è cominciato due secoli prima delle attività umane su cui si scaricano tutte le colpe possibili.Come promesso nel mio precedente articolo (cui mi riferirò come «articolo zero»), vi racconto ora perché non esiste alcuna emergenza climatica. Devo far appello alla vostra pazienza, perché, per quanto sintetico possa essere, un solo articolo non è sufficiente. Posso però promettere che non bisogna essere, non dico climatologi, ma neanche scienziati per comprendere la cosa. Il segreto è guardare i fatti, unico metro che conosco per valutare la validità o meno di una congettura che abbia la pretesa di elevarsi a teoria scientifica consolidata.La congettura è questa: siccome dal 1850 a oggi la concentrazione atmosferica di CO2 è aumentata da 300 ppm (parti per milione) a 400 ppm a causa delle emissioni antropiche, allora il clima è alterato (in peggio, ça va sans dire) e provoca eventi meteo disastrosi. Quindi dobbiamo interrompere l'uso dei combustibili fossili.Intanto, diciamo subito che la cosa non è neanche plausibile. Per almeno due ragioni. Se il tinello di casa vostra misura 100 metri cubi, 100 ppm sono 10 litri, e 10 litri di CO2 sono 5 grammi di carbonio, che è quello contenuto in una candelina da torta di compleanno: quando vostra figlia compì 1 anno, immetteste nel tinello la stessa CO2 immessa da tutte le attività umane del mondo dal 1850 a oggi! La seconda ragione di implausibilità è che il clima è un sistema complesso, governato da diverse decine di parametri: pretendere di governarlo controllandone uno solo è, a dir poco, ingenuo.decine di parametriL'argomento della implausibilità è però debole perché quasi tutti i fatti della natura sono, ahimè, implausibili: dobbiamo guardare direttamente a codesti fatti. Il primo dei quali è che il pianeta ha vissuto nel passato periodi con temperature ben superiori alla odierna. Più precisamente, quello odierno è l'ultimo di una sequenza di alcuni optimum interglaciali caldi occorsi con periodo di 100.000 anni e durati, ciascuno, diverse migliaia d'anni: negli optimum precedenti, pur con concentrazione atmosferica di CO2 dell'ordine di 300 ppm, la temperatura raggiunse livelli ben superiori al livello odierno, quando la CO2 è a 400 ppm. Tra un periodo glaciale e un optimum interglaciale il dislivello di temperatura è stato dell'ordine di ben 10 gradi. C'è ben da attendersi ulteriori aumenti di temperatura.Uscita dall'ultimo periodo glaciale, circa 10.000 anni fa la Terra era appena entrata in quello interglaciale attuale, i mari elevatisi di 100 metri e le temperature cresciute di oltre 10 gradi. Ma nel corso di questi 10.000 anni le temperature non sono rimaste ferme al plateau termico che si vagheggia oggigiorno. Ci sono stati i Periodi caldi olocenico (5.000 anni fa), romano (2.000 anni fa) e medievale (1.000 anni fa), tutti con temperature ben superiori all'odierna: i ghiacciai alpini erano molto più ritirati di oggi. Tanto ritirati che nel Periodo caldo romano fu possibile ad Annibale attraversare le Alpi con esercito ed elefanti. Nel Periodo caldo medievale i Vichinghi colonizzavano la Groenlandia. E c'è stata la Piccola era glaciale (Peg), il cui avvento indusse i Vichinghi a sloggiare dalla Groenlandia. quel gelo del 1690Il minimo della Peg occorse intorno al 1690: conserviamo dipinti di quel periodo che raffigurano pattinatori sulla Laguna di Venezia ghiacciata e, sul Tamigi ghiacciato, frozen festival, l'ultimo dei quali si celebrò nell'inverno 1813-14. Ma è nel 1690 e non nel 1850 che cominciò l'attuale global warming: qual è stata la sua causa nei successivi due secoli, e oltre, quando le attività umane erano ancora assenti?In conclusione, la lezione che possiamo trarre è duplice. Primo: i temuti aumenti di temperatura odierna sono già occorsi nel passato, senza che accadessero le catastrofi di cui tutti siamo allarmati. Secondo: il global warming nel quale oggi viviamo cominciò ben oltre due secoli prima dell'inizio delle famigerate attività umane. Nella prossima puntata vedremo perché è impossibile che esse siano la causa anche degli ultimi 100 anni di global warming.1. Continua
Il tocco è il copricapo che viene indossato insieme alla toga (Imagoeconomica)
La nuova legge sulla violenza sessuale poggia su presupposti inquietanti: anziché dimostrare gli abusi, sarà l’imputato in aula a dover certificare di aver ricevuto il consenso al rapporto. Muove tutto da un pregiudizio grave: ogni uomo è un molestatore.
Una legge non è mai tanto cattiva da non poter essere peggiorata in via interpretativa. Questo sembra essere il destino al quale, stando a taluni, autorevoli commenti comparsi sulla stampa, appare destinata la legge attualmente in discussione alla Camera dei deputati, recante quella che dovrebbe diventare la nuova formulazione del reato di violenza sessuale, previsto dall’articolo 609 bis del codice penale. Come già illustrato nel precedente articolo comparso sulla Verità del 18 novembre scorso, essa si differenzia dalla precedente formulazione essenzialmente per il fatto che viene ad essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito dall’articolo 609 bis nel testo attualmente vigente), ma anche, ed in primo luogo, quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.






