2021-07-30
Ok alla riformetta. M5s prima minaccia poi vota a favore. Adesso si va in Aula
La mediazione decisiva di Luigi Di Maio è il contentino per Giuseppe Conte. Esclusi dalla tagliola della «improcedibilità» i reati più gravi.Alla fine tutti dicono di aver vinto, come nella migliore tradizione della politica italiana: la riforma della giustizia è stata approvata ieri dal Consiglio dei ministri all'unanimità, al termine di una giornata estenuante, l'ennesima per il governo guidato da Mario Draghi. A sbloccare lo stallo è stato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che quando la trattativa sembrava sul punto di saltare, a quanto apprende La Verità da fonti di governo, ha messo tutti di fronte alle proprie responsabilità, sincerandosi anche che l'accordo avrebbe retto in aula, e quindi mantenendo un filo diretto, oltre che con Giuseppe Conte, anche con i big pentastellati di Camera e Senato. Il punto di equilibrio è stato raggiunto su un testo che prevede tempi più lunghi, fino a 6 anni in appello, per i processi per delitti con aggravante mafiosa, nella fase transitoria di entrata in vigore della nuova prescrizione, fino al 2024. Una modifica che esaudisce le richieste del M5s sull'improcedibilità per l'articolo 416 bis.1 del codice penale, sull'aggravante mafiosa. Una deroga esplicita per quei reati è prevista nella fase transitoria, con la possibilità di termini fino a 5 anni a regime. I processi per associazione di stampo mafioso e voto di scambio politico-mafioso (416-bis e ter) potranno prolungarsi «sine die».Il Consiglio dei ministri inizia alle 13 e 30, con due ore e mezza di ritardo rispetto al previsto. I quattro ministri del M5s, Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli, Fabiana Dadone e Federico D'Incà risultano assenti: sono impegnati in una riunione con Conte. Arrivano alla spicciolata a Palazzo Chigi, comunicano a Draghi che le modifiche elaborate dalla Cartabia non bastano. Si fa strada l'ipotesi che la riforma possa essere approvata dal Cdm con l'astensione dei ministri grillini. «Il M5s», fanno sapere fonti del Movimento, «non transige sulla mafia. I processi che riguardano i reati del 416 bis.1 che agevolano l'attività delle associazioni di tipo mafioso non possono concludersi con un nulla di fatto». L'astensione sarebbe il viatico per un Vietnam in parlamento. Il Cdm viene sospeso, la trattativa prosegue. Alle 17 e 50 il Consiglio dei ministri riprende, ma l'intesa non c'è. Laura Castelli, viceministro M5s dell'Economia, in costante contatto con i ministri, professa ottimismo: «La politica è fatta di trattative e di venirsi incontro». Il ministro del Lavoro Andrea Orlando, ex Guardasigilli, propone un'altra mediazione, che non accontenta ancora il M5s, ma le distanze si assottigliano. Tocca a Di Maio dare l'ok la proposta decisiva, quella sulla quale si chiude. I reati di mafia e terrorismo restano esclusi dal meccanismo dell'improcedibilità e dunque dalla prescrizione, per quelli con aggravante mafiosa si applica un regime speciale che prevede, fino al 2024, un termine di 6 anni in appello, mentre dal 2025 tale termine viene fissato in 5 anni. Analogo trattamento avranno i processi per altri reati di allarme sociale come violenza sessuale e traffico internazionale di stupefacenti, e qui è la Lega a spingere e ottenere ciò che vuole, affossando la Bonafede con i suoi processi «eterni». Arriva la fumata bianca, il testo viene approvato all'unanimità: si va di corsa (già domenica questa) in parlamento ma il M5s, stando a quanto apprende La Verità, voterà compatto. Tutti gli emendamenti presentati dai partiti di maggioranza verranno ritirati. «Abbiamo apportato degli aggiustamenti», commenta la Cartabia, «alla luce del dibattito molto vivace che si è sviluppato in queste settimane sia da parte delle forze politiche ma anche degli operatori, degli uffici giudiziari che saranno i primi ad essere chiamati alla grande sfida di implementare una riforma così significativa e innovativa in questo paese. Ora la giustizia sarà celere», aggiunge il ministro della Giustizia, «e nessun processo andrà in fumo». «Avevamo detto», argomenta Conte, «che non potevamo transigere per i processi per mafia e terrorismo: è un risultato che abbiamo ottenuto. I processi per mafia e terrorismo non si dissolvono nel nulla, non si estinguono. Abbiamo ottenuto anche un emendamento sui processi per violenza sessuale aggravata non prescrittibili. Non è la nostra riforma», aggiunge Conte, «ma abbiamo lavorato per dare un contributo a migliorarla». Sulla compattezza dei parlamentari: «Sono fiducioso che nella discussione generale», sottolinea Conte, «raggiungeremo un risultato compatto». «C'è stata una mediazione decisiva», dice il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, «grazie al buon lavoro fatto dalla ministra Cartabia. Abbiamo la possibilità di realizzare una riforma della Giustizia che garantisca tempi certi ai processi superando l'irragionevole norma Bonafede ma garantendo che non ci sarà impunità né processi che vanno a finire nel nulla». Per il Carroccio, Matteo Salvini e Giulia Bongiorno esprimono «soddisfazione per la riforma della giustizia: come chiesto dalla Lega, non rischieranno di andare in fumo i processi per mafia, traffico di droga e violenza sessuale. E ora avanti tutta con i referendum», aggiungono i due ex ministri, «che completeranno il profondo cambiamento chiesto dai cittadini». Soddisfatta anche Forza Italia: «Il fatto che alcune forze politiche», commenta il ministro degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, «abbiano faticato enormemente a dare l'ok finale al testo, è la dimostrazione che siamo di fronte ad una riforma garantista».