2024-05-29
È l’ora della riforma della giustizia. Stavolta vietato far marcia indietro
Carlo Nordio (Imagoeconomica)
Oggi il provvedimento approda in Consiglio dei ministri. I magistrati, però, lo hanno bersagliato ancora prima di averlo letto. Probabilmente perché temono di perdere il loro potere di ricatto sulla politica.La giustizia non funziona da almeno mezzo secolo (il film con Alberto Sordi, Detenuto in attesa di giudizio, è del 1971 e già allora si comprendevano le storture del sistema), ma appena qualcuno prova a riformarla si scatena l’inferno, con accuse di ogni tipo - quasi sempre di voler intaccare l’autonomia della magistratura e di voler fermare le indagini -così finisce che la legge si arena o viene modificata su pressione dell’opposizione o del Quirinale (che in pratica è la stessa cosa), rendendola di fatto inutile. Tutto ciò mentre spunta una serie di inchieste politiche, che guarda caso colpiscono quasi sempre la parte che in quel momento ha il compito di guidare il Paese, in particolare quella di centrodestra, la più attiva nel voler cambiare la giustizia. Al momento, non so se la riforma studiata da Nordio avrà un destino migliore delle precedenti. Soprattutto, non avendo ancora letto il testo che sarà approvato oggi dal consiglio dei ministri, non sono in grado di valutare se saprà dare finalmente una sterzata a un sistema autoreferenziale, che spesso più del rispetto del principio che la legge è uguale per tutti sembra orientato a imporre il concetto che i magistrati sono cittadini più uguali degli altri e i loro errori - spesso grossolani - sono considerati veniali, mentre per quelli dei cittadini comuni non sono ammessi sconti. Anzi. Mi sono occupato spesso negli ultimi trent’anni di giustizia e in passato inaugurai addirittura una rubrica dal titolo «Orrori giudiziari», dove passavo in rassegna casi incredibili simili a quello di Beniamino Zuncheddu, il pastore sardo assolto dall’accusa di omicidio dopo aver trascorso 33 anni in carcere. Ho anche scritto delle troppe tutele di cui godono le toghe le quali, se osi criticarle, ti trascinano in tribunale e ottengono dai loro colleghi chiamati a emettere una sentenza risarcimenti di decine di migliaia di euro anche per una virgola fuori posto. Ne ricordo uno, su cui un collega aveva ironizzato, associando il cognome (che non dirò per non essere querelato) alla confusione di un’inchiesta traballante, che pretese un ristoro per ogni riga dell’articolo. Feci un conto: anche le preposizioni erano costate un salasso.Mi auguro che Nordio, con la sua riforma, metta mano anche a questo, facendo in modo che pure i magistrati siano cittadini come gli altri e la scritta che campeggia in ogni aula di tribunale («la legge è uguale per tutti») sia finalmente applicata e non aggirata da un Consiglio superiore della magistratura che, da organo indipendente come previsto dalla legge, si è trasformato in uno strumento corporativo, dove nomine e sanzioni sono distribuite in base a logiche correntizie, premiando chi appartiene a una certa area e salvando chi milita con il gruppo giusto.Quindici anni fa, Stefano Livadiotti, cronista dell’Espresso prematuramente scomparso, scrisse L’Ultracasta, un libro fondamentale per capire privilegi e vizi del sistema (lo ha definito così uno che se ne intende, Luca Palamara, per anni segretario dell’Anm). Pesco qualche riga dalla presentazione del volume: «Uno Stato nello Stato, governato da fazioni che si spartiscono le poltrone in base a una ferrea logica lottizzatoria e riescono a dettare l’agenda alla politica. Un formidabile apparato di potere che, sventolando spesso a sproposito il sacrosanto vessillo dell’indipendenza, e facendo leva sull’immagine dei tanti magistrati-eroi, è riuscito a blindare la cittadella della giustizia, bandendo ogni forma di meritocrazia e conquistando per i propri associati un carnevale di privilegi».Un altro libro uscito di recente, del collega Stefano Zurlo, che si intitola Il nuovo libro nero della magistratura, mette in fila una serie di casi che gettano una luce inquietante su ciò che accade nei Tribunali e nelle Procure. Non vi voglio togliere il piacere o la rabbia della lettura. Vi cito solo alcuni capitoli: «Il giudice picchia la moglie»; «Il giudice che minaccia»; «Il dossieraggio del giudice contro la collega»; «La giudice che scambia la stalker con la vittima»; «Il giudice molestatore»; «Il giudice cocainomane»; «La pm che non ha indagato sugli orchi» eccetera. Sono 25 casi, che si aggiungono ai 34 raccontati in precedenza, con il primo libro nero, e dove tra gli altri si parla di magistrati che dimenticano in cella gli imputati, di giudici ubriachi e molestatori, di orchi con la toga e di gip che inviano foto porno. Insomma, un bel campionario di uomini di legge che magari continuano ad amministrare la giustizia, cambiando solo ufficio o sede giudiziaria, perché il peggio che possa loro capitare è «l’incompatibilità ambientale» e non la radiazione. Ribadisco: non so che cosa dirà la riforma di Nordio, ma mi auguro che finalmente serva a rispondere a tutti quei lettori che da anni mi scrivono chiedendo giustizia e finora non l’hanno trovata.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco