2025-06-16
Pugno di ferro, armi e investimenti. La ricetta del Marocco contro il jihad
Il Paese nordafricano è un punto di riferimento per Europa e Stati Uniti nella lotta al terrorismo. Uno staff di fedelissimi garantisce sicurezza ai massimi livelli. E re Mohammed VI ospiterà i Mondiali di calcio nel 2030. L’ambasciatore del Regno Youssef Balla: «Esistono forti legami economicie culturali. Controllo sul Sahara occidentale quasi completo». Lo speciale contiene due articoli.Smantellare reti jihadiste, garantire la sicurezza di appuntamenti sportivi planetari, gestire le crisi del Sahara e manovrare con abilità nei corridoi della diplomazia riservata: il Marocco si appresta a giocare un ruolo chiave nello scenario globale, mentre si prepara a ospitare la Coppa d’Africa nel 2025 e a co-organizzare i Mondiali di calcio nel 2030.In parallelo, la sua imponente macchina della sicurezza lavora a pieno ritmo. A capo di questo ingranaggio c’è il re re Mohammed VI, che esercita un controllo assoluto sulle questioni di sicurezza. Attorno a lui ruota un nucleo ristretto di collaboratori fidati - alti funzionari, dirigenti, ministri - che costituiscono una sorta di squadra d’élite. Lealtà incondizionata, preparazione tecnica e reattività operativa sono le loro cifre distintive. Le capacità operative di questo apparato non si limitano al territorio nazionale. L’expertise marocchina in ambito di sicurezza è ormai riconosciuta e richiesta anche all’estero: dal supporto fornito durante i Mondiali in Qatar alla collaborazione nella protezione delle Olimpiadi di Parigi 2024, fino agli interventi congiunti in operazioni antiterrorismo in Europa e negli Stati Uniti.In un contesto regionale segnato da instabilità e tensioni crescenti, Rabat ha fatto della sicurezza non solo una colonna portante della sua politica interna, ma anche uno strumento di peso nella sua azione diplomatica. I protagonisti di questa strategia agiscono spesso nell’ombra, ma il loro ruolo è fondamentale. Figura centrale di questo sistema è il generale Mohammed Berrid, ispettore generale delle forze armate reali (Far) e comandante dell’area meridionale del Paese, una zona nevralgica per la sovranità marocchina. Berrid incarna la risposta militare del regno di fronte alle minacce esterne: dalle provocazioni del Fronte Polisario alle tensioni mai sopite con l’Algeria. Nel cuore del deserto, Berrid rappresenta il braccio armato della monarchia.Nell’universo della sicurezza marocchina dominato da Mohammed VI, Abdelouafi Laftit riveste un ruolo centrale come vertice del cosiddetto «ministero dei ministeri», coordina l’operato di governatori e funzionari, fungendo da cerniera politica tra polizia, servizi segreti e gendarmeria. È il referente politico dei servizi Dgsn-Dgst, diretti da Abdellatif Hammouchi, con il compito di garantire il coordinamento istituzionale, anche nelle relazioni con partner internazionali quali Francia e Spagna.Sul fronte della migrazione, supervisiona l’implementazione delle due principali campagne di regolarizzazione promosse dal sovrano e guida la lotta contro i traffici illeciti diretti verso l’Europa. In ambito economico, è alla regia della riforma dei Centri regionali per l’investimento, volta a semplificare la burocrazia e incentivare l’iniziativa imprenditoriale locale. A livello nazionale, Hammouchi ha riformato radicalmente una forza di polizia che ora conta 85.000 uomini e donne (la Dst ne ha 11.000). Numerose sono le operazioni condotte per smantellare cellule jihadiste e reprimere la criminalità organizzata: l’ultima, di particolare rilievo, si è svolta nella regione di Agadir tra l’11 e il 14 aprile, con quasi 5.000 persone arrestate.Oltre i confini del Marocco, l’expertise di questo esperto in reti islamiste e dei suoi collaboratori è altamente apprezzata da partner europei, statunitensi, emiratini e russi. Dalla sicurezza dei Giochi Olimpici di Parigi alla Coppa del Mondo in Qatar, fino all’individuazione dei responsabili degli attacchi terroristici di Parigi del 2015, Abdellatif Hammouchi si è imposto come una figura centrale nella ristretta cerchia degli specialisti della lotta al terrorismo e alla criminalità internazionale. A conferma del suo rilievo, il Marocco ospiterà a Marrakech, il prossimo novembre, l’Assemblea generale dell’Interpol. All’interno del team di sicurezza scelto da re Mohammed VI, Mohamed Yassine Mansouri, 63 anni, incarna la figura dello stratega nell’ombra. Alla guida della direzione generale degli studi e della documentazione (Dged) - il servizio di intelligence esterna del Marocco - dal 2005, è un personaggio riservato, rigoroso e devoto, a cui sono affidati i dossier più sensibili del regno: dalla diplomazia segreta alle alleanze strategiche, dalla questione del Sahara alla normalizzazione dei rapporti internazionali.Secondo indiscrezioni, sarebbe stato proprio lui l’artefice silenzioso della cornice riservata che ha portato alla firma degli Accordi di Abramo tra Marocco, Israele e Stati Uniti. Come sottolineato da un recente reportage di Jeune Afrique, sotto la sua leadership la Dged ha attraversato una fase di profonda trasformazione: rinnovamento tecnologico, espansione operativa, selezione di profili multilingue e costruzione di sinergie con gli altri organi di sicurezza. Il generale di corpo d’armata Mohamed Haramou, comandante della gendarmeria reale, ha il compito di vigilare su quegli spazi marginali - strade statali, aree rurali, confini indefiniti tra città e campagna - che raramente attirano l’attenzione della politica o dei media, ma che rappresentano la vera frontiera della coesione sociale. Alla testa della guardia reale, il maggior generale Abdelaziz Chatar assicura la protezione del sovrano, la sicurezza delle residenze reali e la gestione dei protocolli cerimoniali di Stato, svolgendo le sue mansioni con rigore militare e riservatezza assoluta. Il suo incarico, altamente simbolico, non ammette errori, ritardi né alcuna forma di improvvisazione.Nel rigido assetto della sicurezza marocchina, Cherkaoui Habboub rappresenta invece la figura più esposta mediaticamente e la voce più comunicativa. Direttore dell’Ufficio centrale delle indagini giudiziarie (Bcij), soprannominato l’«Fbi del Marocco», agisce sotto la supervisione di Abdellatif Hammouchi ed è il volto ufficiale della lotta al terrorismo. È lui a presentarsi davanti alle telecamere dopo lo smantellamento di una cellula jihadista o il sequestro di armi, fornendo spiegazioni, rassicurazioni e dettagli, sempre con attenzione a non rivelare ciò che deve restare riservato. Nel sistema di sicurezza scelto da re Mohammed VI, Habboub svolge il ruolo di ponte tra l’opinione pubblica e il sistema giudiziario.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ricetta-marocco-contro-il-jihad-2672377134.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-dialogo-con-litalia-sara-rafforzato-dal-piano-mattei" data-post-id="2672377134" data-published-at="1750066949" data-use-pagination="False"> «Il dialogo con l’Italia sarà rafforzato dal piano Mattei» La cooperazione tra Marocco e Italia ha radici profonde. Quali sono gli elementi che rendono questa relazione particolarmente arricchente? «Il dialogo culturale e umano: al di là dei dati economici, la ricchezza degli scambi umani e culturali è fondamentale. Le comunità marocchine in Italia e le comunità italiane in Marocco contribuiscono a un incrocio culturale dinamico, favorendo una comprensione e un arricchimento reciproci. Festival, mostre e iniziative di dialogo interculturale rafforzano questi legami. La convergenza sulle questioni regionali: Marocco e Italia condividono preoccupazioni e obiettivi comuni in materia di stabilità regionale, di sicurezza nel Mediterraneo e di gestione dei flussi migratori. Questa convergenza consente un coordinamento efficace e un partenariato strategico su questioni complesse».Quali le aree più promettenti per un’evoluzione futura? «Energie rinnovabili e transizione energetica: il Marocco è leader regionale nell’ambito delle energie rinnovabili (solare, eolica) e l’Italia vanta competenze all’avanguardia nelle tecnologie verdi. Esiste un immenso potenziale per investimenti congiunti, il trasferimento di tecnologie e lo sviluppo di progetti di energia pulita che potrebbero apportare benefici a entrambe le sponde del Mediterraneo. Innovazione e ricerca: rafforzare la cooperazione nei settori della ricerca scientifica, dell’innovazione tecnologica e delle startup è cruciale. Le partnership tra università, centri di ricerca e imprese potrebbero generare nuove soluzioni in settori chiave come l’agricoltura sostenibile, la salute e l’Intelligenza artificiale. Sviluppo sostenibile ed economia circolare: di fronte alle sfide climatiche, la collaborazione su modelli di economia circolare, la gestione delle risorse idriche, l’agricoltura resiliente e la tutela ambientale offre opportunità per partnership di grande impatto». Il piano Mattei è stato creato per stabilire un partenariato strategico tra l’Italia e i Paesi africani. Quale ruolo specifico immagina per il Marocco? «Il piano Mattei mira a stabilire un nuovo approccio al partenariato strategico tra l’Italia e i Paesi africani, basato su progetti concreti, il rispetto reciproco e il co-sviluppo. In questo contesto, il Marocco è chiamato a svolgere un ruolo cruciale e specifico. Se attuato in modo efficace, il piano Mattei ha il potenziale per promuovere investimenti e sviluppo non solo per il Marocco, ma per l’intera regione africana, agendo da catalizzatore. Creando un quadro di partnership chiaro e progetti bancabili, il piano Mattei può rassicurare gli investitori italiani ed europei, incoraggiandoli a iniettare più capitali in Africa, incluso il Marocco. Può sbloccare finanziamenti pubblici e privati garantendo maggiore visibilità e riducendo i rischi. Si prevede che il piano concentri gli investimenti in infrastrutture chiave (per l’energia, i trasporti, il digitale) essenziali per la crescita economica. Questi progetti non solo andranno a beneficio dei Paesi, ma faciliteranno anche il commercio e l’integrazione regionale. I progetti di successo in un Paese come il Marocco possono fungere da modello e creare un effetto domino».Qual è la posizione ufficiale del Marocco sulla questione del Sahara occidentale? «Il riconoscimento della sovranità marocchina sul suo Sahara è fondamentale. Procede rapidamente e serenamente dal 2007, quando fu presentato il progetto di autonomia per la regione del Sahara, che il Consiglio di sicurezza definì “serio” e “credibile”: 124 Paesi delle Nazioni unite riconoscono l’Iniziativa per l’autonomia come unica base per risolvere questa artificiale disputa sulla marocchinietà del Sahara. La nostra posizione può essere riassunta nel fatto che auspichiamo che l’Algeria aderisca a questa dinamica e adotti una posizione costruttiva per garantire la stabilità, la prosperità e l’integrazione dei popoli del Maghreb. Questo è un interesse comune che riguarda tutti i popoli della regione, non solo il Marocco. Questa iniziativa di autonomia presentata dal Marocco risponde alle pertinenti risoluzioni Onu. È conforme agli standard riconosciuti per un’autonomia e con i principi di autodeterminazione. Questa proposta rappresenta un modo per porre fine al calvario patito dai nostri compatrioti nei campi di Tindouf a scapito degli aiuti umanitari, strumentalizzati a fini politicizzati per perpetuare questo conflitto artificiale».E sul piano interno? «Questo piano è concepito per rispondere alle esigenze di sviluppo locale e di pluralismo democratico. Cosi, incarna un solido compromesso istituzionale, creando un equilibrio tra le aspirazioni saharawi e l’integrità territoriale del Marocco. Questa visione si inserisce in un contesto diplomatico caratterizzato da una dinamica europea e africana sempre più favorevoli al piano di autonomia marocchino per il Sahara. Il 5 giugno 2025, il Ghana si è ufficialmente unito alla crescente lista di Stati membri dell’Unione africana che sostengono il piano di autonomia presentato dal Regno del Marocco come unica base realistica e sostenibile per una soluzione reciprocamente accettabile alla questione del Sahara. Oltre alla decisione britannica, recentemente espressa a sostegno del piano per l’autonomia, unendosi agli Stati Uniti e alla Francia come membri permanenti del Consiglio di sicurezza per sostenere ufficialmente il piano in questione, questa posizione si aggiunge a quella di 23 Stati membri dell’Ue».
Brunello Cucinelli (Ansa)
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