2022-04-06
Ricerca italiana conferma i sospetti. Ciclo alterato dopo la vaccinazione
Antonio Simone Laganà (IStock)
La reazione è comune, ma non è citata al momento della profilassi. Il coordinatore dello studio Antonio Simone Laganà: «Irregolarità a seguito della seconda dose quasi nel 70% della platea. Nel 50% dei casi gli effetti sono scomparsi in 2 mesi».Uno studio italiano conferma che, dopo la vaccinazione anti-Covid-19, si possono manifestare, in molte donne in età fertile, alterazioni nel ciclo femminile che si risolvono nei mesi successivi. Questa informazione, data in fase di colloquio, prima della somministrazione, può (e poteva) evitare molte ansie e visite inutili all’ospedale, anche perché il fenomeno è già noto per altre vaccinazioni. Difficilmente però negli studi clinici per la registrazione dei farmaci si tiene conto di questi aspetti della vita femminile, tanto meno, purtroppo, in una campagna pandemica. Per fortuna c’è ancora qualcuno che si interroga su quello che accade e cerca risposte. «Abbiamo notato un aumento negli accessi al pronto soccorso e di richieste di visite in urgenza a causa di alterazioni del ciclo mestruale. Questo ci ha insospettito a livello clinico e abbiamo deciso di studiare il fenomeno per capire se effettivamente si verificasse nelle donne che avevano avuto il vaccino anti-Covid 19», spiega Antonio Simone Laganà, coordinatore dello studio e ginecologo presso l’Uoc di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale Filippo Del Ponte, Università dell’Insubria di Varese. Con un team di ricercatori è stato così messo a punto un questionario (survey) con 26 domande a risposta multipla da compilare via web, previo consenso informato, per registrare: le caratteristiche cliniche e demografiche, il tipo di vaccino somministrato per prima e seconda dose, fase del ciclo per ciascuna dose e irregolarità sia dopo la prima che la seconda inoculazione. Il sondaggio è stato messo a disposizione, solo in lingua italiana, su piattaforme social - LinkedIn, Facebook e Twitter - per 30 giorni, dal 10 settembre al 10 ottobre 2021. «Abbiamo cercato il modo per avere una coorte più ampia possibile», racconta Laganà che ricorda come «il parametro più importante da considerare riguardava la registrazione dell’alterazione e quanto è durato l’effetto». Certo, ci sono dei limiti in uno studio di questo tipo. «Abbiamo analizzato solo i dati forniti da chi ci rispondeva - continua il professore - e probabilmente chi ha avuto questa problematica era più portata a rispondere, mentre chi non l’ha registrata non era così motivata. Non abbiamo un gruppo di controllo, non possiamo descrivere un rapporto causa-effetto, ma una coorte», cioè un gruppo di persone ben definito. In effetti hanno risposto 369 donne, ma poi i ricercatori hanno «abbassato i rumori di fondo» cioè eliminato dall’analisi quelle con fattori confondenti: patologie (ginecologiche e non), assunzione di farmaci (ormonali o meno), menopausa, perimenopausa o irregolarità nei 12 mesi precedenti. Dopo questa scrematura si è ottenuto un campione omogeneo di 164 donne di età fertile. «Abbiamo visto che, dopo la prima dose, il 50-60% denunciava alterazioni e dopo la seconda il 60-70% aveva irregolarità che sono definite come cambiamenti di tre parametri: frequenza, quantità e durata del ciclo, rispetto a quelli precedenti», precisa il ginecologo. Il tutto si è manifestato a prescindere dal tipo di vaccino impiegato e dalla fase del ciclo in cui è avvenuta la somministrazione.La cosa più importante emersa dalla survey è «che queste alterazioni si sono autorisolte nel giro di 2 mesi nel 50% dei casi e non è escluso che non si siano risolte dopo, cosa che lo studio non registrava», aggiunge il medico. Pur non dimostrando in modo solido il legame tra vaccinazione e irregolarità mestruali, i risultati portano a risvolti pratici non secondari. «Quando si fa una vaccinazione a una donna in età fertile», aggiunge Laganà, «è bene che, in fase di counselling, cioè di spiegazione del consenso informato, si metta in luce il fatto che si possono verificare irregolarità autorisolventi nel giro di pochi mesi. Questa cosa è estremamente importante - sottolinea l’esperto - perchè si possono manifestare anche in altre vaccinazioni, come nel caso del Papilloma Virus». Segnalando questo fenomeno, si possono evitare eccessive preoccupazioni, inutili corse al pronto soccorso, prenotazioni di visite urgenti e costi in più (non solo per il Servizio sanitario). A proposito, «questo studio non è costato nulla alla sanità italiana», chiarisce lo specialista, ma in America, per valutare il nesso causa-effetto, necessario per eventuali cambiamenti nel foglietto illustrativo, sono stati stanziati quasi 1,7 milioni di dollari per uno studio del National institutes of health. Anche questi sono i dati che l’Agenzia dei medicinali europea (Ema) e americana (Fda) attendono per pronunciarsi sulla questione. Attualmente, sul fenomeno ci sono altri due studi con risultati simili. Uno, realizzato con una app registrata da Fda per monitorare il ciclo femminile, aveva un campione ampio, ma poco standardizzato rispetto a quello ottenuto nell’italiano, che però ha numeri più piccoli. Anche l’altro lavoro, più robusto metodologicamente, perché ha un gruppo di controllo ed è pubblicato nel Bmj, arriva a conclusioni simili. Sui motivi delle alterazioni nel ciclo mestruale - che si verificano anche in situazioni come stress, ansia, cambio di abitudini, alimentazioni, viaggi, farmaci e malattie (lo stesso Covid) - ci sono varie ipotesi che vedono la stretta connessione tra sistema immunitario e ciclo ormonale. La cosa è nota da tempo in medicina, ma ancora ignorata in molti studi clinici e, anche per questo, non presente nei bugiardini dei farmaci. I mezzi però non mancano. Le app, ma anche i social, come dimostra questo studio, possono essere d’aiuto, sempre che ci sia chi si interroga, cerca risposte e indica dove indagare.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)