2025-06-27
Schlein, Ribera e socialisti imbufaliti perché i Popolari fanno cose di buonsenso
La sinistra europea si ribella alla cancellazione del Green claims, una norma che impedirebbe persino di indicare come «verdi» i peperoni, e minaccia la Commissione.«Mentre discutevo con alcuni socialisti qui a Bruxelles m’è tornata a mente una frase, citata anche dal nostro presidente del Consiglio Giorgia Meloni, di G. K. Chesterton: arriverà il giorno che le spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate». Nicola Procaccini, Fdi e co-presidente del gruppo Ecr al parlamento di Strasburgo, allarga le braccia come dire: siamo oltre la follia. Mentre a fatica l’Europa al vertice dell’Aja si è messa (quasi) d’accordo sulle spade, finisce che le usa per sfaldarsi su uno dei dogmi green ereditati da Frans Timmermans. È un evidente fallo di frustrazione del Pse che si sente ormai emarginato e che, all’annuncio di Ursula von der Leyen di ritirare la legge sul Green claims (su cui l’Italia ha posto il blocco), fa il politicamente offeso. È però la forza dei numeri: in Consiglio europeo - dove ieri si è accennato al Green claims dandone per acquisito l’accantonamento e oggi si discute di politiche migratorie con l’Italia, ivi compresi i Cpr in Albania, osservata come esempio delle politiche comuni - i governi a guida socialista sono rimasti in tre, se si considera Mette Frederiksen, premier danese che dal 27 luglio guiderà il Consiglio, in una casa politica per lei scomoda; i Commissari del Pse sono 5 su 27 e all’Eurocamera c’è di fatto una maggioranza composta da Ppe-Ecr-Patriots dove sono distribuite le forze del nostro Centrodestra. I socialisti si sentono compressi e ieri la segretaria del Pd, Elly Schlein, a Bruxelles per la summer school socialista, ha scandito: «Se la Commissione spera che il nostro voto sul ritiro del Green claims sia garantito sbaglia. E vi assicuro che i nostri voti contano, il nostro gruppo in questo momento è fortemente critico nei confronti di questa Commissione». La segretaria del Pd ha preso lezioni dalla spagnola Teresa Ribera - ex ministro socialista dell’ambiente - che da vicepresidente della Commissione ha fatto il diavolo a quattro contro Ursula von der Leyen e, stando alle voci di corridoio, se l’è presa con l’altro vicepresidente Raffaele Fitto, che avrebbe due torti: è italiano e conservatore. La Ribera voleva che la von der Leyen si smentisse e andasse avanti col Green claims. Le hanno spiegato che non si può: c’è una minoranza di blocco costruita dall’Italia e a cui aderisce anche la Germania contraria alla legge, non c’è una maggioranza in Parlamento e tutte le categorie produttive europee sono imbufalite contro queste norme cervellotiche. Si sappia che il Green claims vieta, ad esempio, di definire le zucchine o l’insalata come verdi. C’è una norma specifica che, ritenendo le etichette informazione al consumatore, vieta l’uso dell’aggettivo verde per designare merce che sia stata distribuita o prodotta con mezzi o processi ritenuti inquinanti. L’Europa rischia d’implodere per una legge così: se Mario - nome di fantasia - porta al Mercato di piazza Ghiberti a Firenze (uno per tutti) i prodotti del suo orto iperbiologico con l’Apecar e mette il cartello «peperoni verdi», viene multato e gli viene sequestrata la merce perché ha ingannato il consumatore. Garcia Perez, portavoce del Pse, ha detto: «Non possiamo continuare con questa strategia dei Popolari che negoziano politiche con l’estrema destra e poi ci chiedono di essere responsabili sostenendo la von der Leyen». Hanno provato a dirlo anche a Roberta Metsola, presidente Ppe dell’Eurocamera, ma non ha accusato ricevuta. Anche perché Manfred Weber, gran capo dei Popolari, ha fatto capire che in Germania i verdi non sono più al governo e che la Cdu non può permettersi di approvare leggi che i ceti produttivi respingono. Così il Green deal - anche se la Ribera tiene durissimo ad esempio sulle auto - non pare messo bene. Anche ieri in Italia, su iniziativa di Alberto Gusmeroli (Lega), che presiede la commissione attività produttive della Camera, in audizione congiunta con quella del Senato il Commissario europeo Apostolos Tzitikostas ha confermato che per le auto si va verso la neutralità tecnologica (dunque non più emissioni zero) e che lo stop ai motori endotermici al 2035 non è un dogma. Sui travasi di bile (è verde) dei socialisti si innesta però una fastidiosa iniziativa per i gruppi di destra. L’eurodeputato rumeno Gheorghe Piperea - forse per una ripicca verso il Ppe di George Simion trombato alle presidenziali - ha raccolto già 74 firme su una mozione di sfiducia nei confronti della Commissione per il caso Pfizergate (la mancata pubblicazione dei «pizzini» tra la von der Leyen e Albert Bourla, capo di big pharma, sui vaccini). Sperano di raccogliere consensi anche a sinistra, ma Garcia Pérez ha ribadito: «Non voteremo mai con l’estrema destra», anche perché i fatti sono datati. Chi invece ha fatto la voce grossa è stato Antonio Tajani, che, come vicepresidente del Ppe, ha mandato a dire a Elly Schlein (magari pensando alle zucchine): «I socialisti non possono decidere la linea della politica europea, ritirare il Green claims vuol dire proteggere le piccole e medie imprese». Fruttivendoli compresi.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)