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2021-09-25
Il report sull’aborto trucca i dati sui rischi
Roberto Speranza (Ansa)
«Inutile e fuorviante» la relazione annuale del ministero della Salute al Parlamento sull'applicazione della legge 194/1978. È questo il parere di chi si è preso la briga di leggere il testo e le tabelle del documento che preme l'acceleratore sull'aborto farmacologico sostenuto dal ministro Roberto Speranza perché in grado di sbrigare, tra le mura domestiche, la pratica di eliminare una vita umana. Attenendosi ai dati del documento ministeriale, senza addentrarsi in temi etici, si scopre paradossalmente che il metodo farmacologico non è così sicuro come si vorrebbe far credere perché ha 10 volte le complicanze di una interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) ospedaliera. Questa però non è l'unica cosa che non torna.
Certo, nel 2019 il numero degli aborti, in Italia, sarà anche diminuito (-4% rispetto al 2018), la procedura farmacologia interesserà un caso su quattro (24,9%) e la contraccezione di emergenza si sarà anche stabilizzata su circa 550.000 confezioni l'anno, ma nelle 99 pagine del report ci sono dati nel testo che non si ritrovano nelle tabelle o sono incoerenti, pezzi copiati e incollati da report precedenti che portano a conclusioni sballate, senza contare che sono quasi triplicati i dati non rilevati. «Ho notato il numero di 5.180 ricoveri di due giorni - il ricovero segnala una complicanza nella procedura - ma nella tabella riassuntiva (n. 27 a pag 92) ho trovato solo 411 complicanze complessive a fronte di 4.148 dati non rilevati», spiega Angelo Francesco Filardo, ginecologo, vice presidente nazionale dell'Associazione dei ginecologi e ostetrici cattolici (Aigoc). «Come è possibile», si domanda il medico, «che in una cartella clinica non vengano riportati questi dati?».
Il dubbio sul fatto che i valori non rilevati possano essere stati eliminati si ricava anche solo osservando che, proprio per indicatori come il numero delle complicanze, il tipo di intervento e la durata delle degenze, siano triplicati i dati non rilevati rispetto al 2018. «Un po' di attenzione e di rispetto per i destinatari e i lettori», osserva Filardo, «avrebbe indotto i curatori dell'estensione della relazione per lo meno a sommare le 979 complicazioni totali delle Ivg farmacologiche sparse tra pag 53 e 55, alle 411 complicazioni totali riportate nella tabella 27».
Meno complicanze ci sono e più si può procedere sicuri, avranno probabilmente pensato al ministero, ma non hanno riletto il testo, a quanto pare. Proprio sul tanto osannato metodo farmacologico, leggendo con attenzione, si scopre che le complicanze sono in aumento (+2%) e dieci volte di più rispetto all'Ivg chirurgica. «Confrontando la precedente relazione ministeriale - sempre firmata dal ministro Speranza - oltre al fatto evidente che una buona parte della relazione è fatta con un copia e incolla dal report del 2018», racconta l'esperto di Aigoc, «è chiaro che nelle Ivg farmacologiche - RU486+prostaglandine e un altro 2,9% di farmacologiche di cui non si hanno informazioni - nel 2019 le complicazioni immediate sono aumentate del 2%». Il testo registra delle percentuali sugli effetti avversi che, a una lettura frettolosa, fanno pensare a un calo (94,6% nel 2019 e 96,5% nel 2018). In realtà il dato è riferito ai casi di cui «non sono state riportate complicanze immediate». Tradotto, quindi, per differenza, nel 2019 sono stati segnalati il 5,5% dei casi contro il 3,5% del 2018: + 2%. Tutto questo, con buona pace del testo che segue, a pag. 53, copiato e incollato dal report del 2018, che non registrava l'incremento dei problemi, dopo la pillola abortiva. «Ma la cosa più sorprendente - aggiunge Filardo - è che nella tabella 27, il numero totale delle complicazioni riportate, 411, sono pari a 5,61/1.000 Ivg, che è nettamente inferiore alle 979 registrate nelle 17.799 Ivg farmacologiche, pari a 55,0/1.000 Ivg farmacologiche. Le complicazioni immediate registrate in 17.799 Ivg con pillola abortiva sarebbero dieci volte superiori a quelle registrate in tutte le 73.207 Ivg fatte nel 2019». Quanto fin qui descritto, «dimostra che le basi scientifiche su cui il ministro Speranza ha posto fiducia per emanare le linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con la pillola abortiva Ru486 (mifepristone) e prostaglandine non sono scientificamente fondate», commenta il medico di Aigoc. Lascia stupefatti l'arrogante sciatteria e superficialità con cui si scrivono e avvallano documenti su cui il Parlamento si basa per legiferare su questioni delicate come l'aborto. L'intento a rendere sempre più rapida e indolore l'eliminazione di una vita è anche nel «notevole, costante ed inspiegabile aumento, delle procedure d'urgenza previste per l'Ivg dopo il limite di 12 settimane», spiega Filardo. «Adesso si fanno anche alla settima settimana per poter prendere la pillola entro le 9 previste per l'aborto farmacologico». Nel 2019 il 23,5% delle Ivg sono state fatte d'urgenza. In alcune regioni italiane la percentuale è ancora più alta della media nazionale. Oltre il 40% in Lazio, Piemonte e la Puglia che ha il 45.1% in urgenza, ma nel 44% i dati non sono rilevati.
I padri di San Marino si uniscano contro il voto che minaccia la vita
«Il più grande problema che vedo in questo Paese non è vincere la guerra contro il terrorismo. Il vero problema riguarda gli uomini, che non hanno più la responsabilità per i bambini che hanno generato». Così esordì nel 2002, in un suo intervento pubblico, il senatore Usa Oliver North (Democratici) e gli fecero eco, nello stesso anno, scrittrici che svolsero un ruolo importante nel movimento femminista e nello sviluppo del pensiero ad esso correlato, come Doris Lessing e Susan Faludi, le quali non esitarono a denunciare la «distruttività dell'eliminazione del padre, del maschio».
È in atto, peraltro, un graduale cambiamento nella coscienza collettiva provocato da padri che rivendicano la responsabilità sui propri figli. Così in Scozia, nella zona dell'East Enders, uno studio sui «ragazzi che diventano padri» condotto a seguito di numerose nascite dopo relazioni tra giovanissimi documentò l'aspettativa e conseguente responsabilità dei maschi sul bimbo in arrivo, a fronte della pretesa delle famiglie che i ragazzi-padri «sparissero» prima dell'aborto o dopo la nascita. Da qui le leggi sull'affido condiviso presenti in vari Paesi europei, tra cui l'Italia (in seguito alla riforma introdotta con il D.lgs. 154/2013).
Ai padri sanmarinesi, a partire da coloro le cui donne vivono una gravidanza difficile o inattesa, al punto da metterne in dubbio l'accoglienza, mi permetto di rivolgere un appello.
A partire dal grande significato affettivo e simbolico della posizione del padre verso il figlio procreato. Proprio perché coautore del processo riproduttivo - uno dei connotati più salienti della funzione maschile - il padre non può essere lasciato ai margini della genitorialità o autoescludersi dalla stessa, pena ricadute negative (e purtroppo, tendenzialmente permanenti) sulla madre e sul figlio!
«Al centro della virilità - annota Claudio Risè nel suo Il padre, l'assente inaccettabile, 2003 - non c'è mai stato altro, in fondo, che questa consapevolezza profonda: il diritto proteggere il debole. All'uomo tocca l'assunzione del dovere».
È vero che oggi la prassi e certa legislazione privano spesso il padre di ogni responsabilità nel processo riproduttivo. Ma ciò alimenta una condizione ingiusta sotto il profilo affettivo, assai dannosa sul versante simbolico e decisamente infondata dal punto di vista biologico e antropologico. Proprio per questo è necessario lavorare e collaborare insieme per la formazione di una cultura che equipari davvero donna e uomo nella procreazione. E ciò per il bene della vita, della famiglia, della società. Certamente la volontà e l'interesse della donna vanno garantiti, nel quadro della cura sociale per l'accoglienza della vita e per la promozione della famiglia.
Ma non si può ignorare o peggio cancellare il ruolo pregnante che il padre può (e deve, senza sottrarsi, come sin troppo sovente accade, alla proprie responsabilità) avere nella gravidanza della sua donna e nell'attesa del loro figlio. Specie quando la donna vive una gestazione imprevista e quindi non ha avuto il tempo di maturare l'idea del figlio in un previo desiderio di maternità, diviene acuto il suo bisogno di qualcuno che le resti accanto nell'affrontare un'esperienza che a lei sembra intollerabile e che la faccia sentire accolta. Il ruolo dell'uomo diventa pertanto preziosissimo nell'accoglienza della vita nascente, facendosi «custode» della stessa e della relazione con la sua donna e con suo figlio. È un altro modo per donare vita.
La proposta referendaria di domenica prossima, se approvata, infliggerebbe un colpo esiziale anche al fondamentale ruolo del padre nell'esperienza procreatica e genitoriale. Facciamo tutto il possibile perché ciò non accada. Per il bene comune. Ciascuno è figlio, ciascuno è stato embrione. Il volontariato per la vita è a disposizione di chiunque sia in difficoltà per una gravidanza inattesa o indesiderata.
Pino Morandini
Vicepresidente vicario di Mpv
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La relazione del ministero della Salute, relativa al 2019, non dichiara alcun incremento tra gli effetti avversi della pillola Ru486. Ma spulciando i numeri si scopre che le complicanze sono cresciute del 2% e risultano dieci volte quelle dell'interruzione chirurgica.A San Marino l'esito referendario potrebbe essere l'ultimo colpo al ruolo maschile nella genitorialità.Lo speciale contiene due articoli.«Inutile e fuorviante» la relazione annuale del ministero della Salute al Parlamento sull'applicazione della legge 194/1978. È questo il parere di chi si è preso la briga di leggere il testo e le tabelle del documento che preme l'acceleratore sull'aborto farmacologico sostenuto dal ministro Roberto Speranza perché in grado di sbrigare, tra le mura domestiche, la pratica di eliminare una vita umana. Attenendosi ai dati del documento ministeriale, senza addentrarsi in temi etici, si scopre paradossalmente che il metodo farmacologico non è così sicuro come si vorrebbe far credere perché ha 10 volte le complicanze di una interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) ospedaliera. Questa però non è l'unica cosa che non torna. Certo, nel 2019 il numero degli aborti, in Italia, sarà anche diminuito (-4% rispetto al 2018), la procedura farmacologia interesserà un caso su quattro (24,9%) e la contraccezione di emergenza si sarà anche stabilizzata su circa 550.000 confezioni l'anno, ma nelle 99 pagine del report ci sono dati nel testo che non si ritrovano nelle tabelle o sono incoerenti, pezzi copiati e incollati da report precedenti che portano a conclusioni sballate, senza contare che sono quasi triplicati i dati non rilevati. «Ho notato il numero di 5.180 ricoveri di due giorni - il ricovero segnala una complicanza nella procedura - ma nella tabella riassuntiva (n. 27 a pag 92) ho trovato solo 411 complicanze complessive a fronte di 4.148 dati non rilevati», spiega Angelo Francesco Filardo, ginecologo, vice presidente nazionale dell'Associazione dei ginecologi e ostetrici cattolici (Aigoc). «Come è possibile», si domanda il medico, «che in una cartella clinica non vengano riportati questi dati?». Il dubbio sul fatto che i valori non rilevati possano essere stati eliminati si ricava anche solo osservando che, proprio per indicatori come il numero delle complicanze, il tipo di intervento e la durata delle degenze, siano triplicati i dati non rilevati rispetto al 2018. «Un po' di attenzione e di rispetto per i destinatari e i lettori», osserva Filardo, «avrebbe indotto i curatori dell'estensione della relazione per lo meno a sommare le 979 complicazioni totali delle Ivg farmacologiche sparse tra pag 53 e 55, alle 411 complicazioni totali riportate nella tabella 27». Meno complicanze ci sono e più si può procedere sicuri, avranno probabilmente pensato al ministero, ma non hanno riletto il testo, a quanto pare. Proprio sul tanto osannato metodo farmacologico, leggendo con attenzione, si scopre che le complicanze sono in aumento (+2%) e dieci volte di più rispetto all'Ivg chirurgica. «Confrontando la precedente relazione ministeriale - sempre firmata dal ministro Speranza - oltre al fatto evidente che una buona parte della relazione è fatta con un copia e incolla dal report del 2018», racconta l'esperto di Aigoc, «è chiaro che nelle Ivg farmacologiche - RU486+prostaglandine e un altro 2,9% di farmacologiche di cui non si hanno informazioni - nel 2019 le complicazioni immediate sono aumentate del 2%». Il testo registra delle percentuali sugli effetti avversi che, a una lettura frettolosa, fanno pensare a un calo (94,6% nel 2019 e 96,5% nel 2018). In realtà il dato è riferito ai casi di cui «non sono state riportate complicanze immediate». Tradotto, quindi, per differenza, nel 2019 sono stati segnalati il 5,5% dei casi contro il 3,5% del 2018: + 2%. Tutto questo, con buona pace del testo che segue, a pag. 53, copiato e incollato dal report del 2018, che non registrava l'incremento dei problemi, dopo la pillola abortiva. «Ma la cosa più sorprendente - aggiunge Filardo - è che nella tabella 27, il numero totale delle complicazioni riportate, 411, sono pari a 5,61/1.000 Ivg, che è nettamente inferiore alle 979 registrate nelle 17.799 Ivg farmacologiche, pari a 55,0/1.000 Ivg farmacologiche. Le complicazioni immediate registrate in 17.799 Ivg con pillola abortiva sarebbero dieci volte superiori a quelle registrate in tutte le 73.207 Ivg fatte nel 2019». Quanto fin qui descritto, «dimostra che le basi scientifiche su cui il ministro Speranza ha posto fiducia per emanare le linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con la pillola abortiva Ru486 (mifepristone) e prostaglandine non sono scientificamente fondate», commenta il medico di Aigoc. Lascia stupefatti l'arrogante sciatteria e superficialità con cui si scrivono e avvallano documenti su cui il Parlamento si basa per legiferare su questioni delicate come l'aborto. L'intento a rendere sempre più rapida e indolore l'eliminazione di una vita è anche nel «notevole, costante ed inspiegabile aumento, delle procedure d'urgenza previste per l'Ivg dopo il limite di 12 settimane», spiega Filardo. «Adesso si fanno anche alla settima settimana per poter prendere la pillola entro le 9 previste per l'aborto farmacologico». Nel 2019 il 23,5% delle Ivg sono state fatte d'urgenza. In alcune regioni italiane la percentuale è ancora più alta della media nazionale. Oltre il 40% in Lazio, Piemonte e la Puglia che ha il 45.1% in urgenza, ma nel 44% i dati non sono rilevati.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/report-aborto-trucca-dati-rischi-2655170202.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-padri-di-san-marino-si-uniscano-contro-il-voto-che-minaccia-la-vita" data-post-id="2655170202" data-published-at="1632506278" data-use-pagination="False"> I padri di San Marino si uniscano contro il voto che minaccia la vita «Il più grande problema che vedo in questo Paese non è vincere la guerra contro il terrorismo. Il vero problema riguarda gli uomini, che non hanno più la responsabilità per i bambini che hanno generato». Così esordì nel 2002, in un suo intervento pubblico, il senatore Usa Oliver North (Democratici) e gli fecero eco, nello stesso anno, scrittrici che svolsero un ruolo importante nel movimento femminista e nello sviluppo del pensiero ad esso correlato, come Doris Lessing e Susan Faludi, le quali non esitarono a denunciare la «distruttività dell'eliminazione del padre, del maschio». È in atto, peraltro, un graduale cambiamento nella coscienza collettiva provocato da padri che rivendicano la responsabilità sui propri figli. Così in Scozia, nella zona dell'East Enders, uno studio sui «ragazzi che diventano padri» condotto a seguito di numerose nascite dopo relazioni tra giovanissimi documentò l'aspettativa e conseguente responsabilità dei maschi sul bimbo in arrivo, a fronte della pretesa delle famiglie che i ragazzi-padri «sparissero» prima dell'aborto o dopo la nascita. Da qui le leggi sull'affido condiviso presenti in vari Paesi europei, tra cui l'Italia (in seguito alla riforma introdotta con il D.lgs. 154/2013). Ai padri sanmarinesi, a partire da coloro le cui donne vivono una gravidanza difficile o inattesa, al punto da metterne in dubbio l'accoglienza, mi permetto di rivolgere un appello. A partire dal grande significato affettivo e simbolico della posizione del padre verso il figlio procreato. Proprio perché coautore del processo riproduttivo - uno dei connotati più salienti della funzione maschile - il padre non può essere lasciato ai margini della genitorialità o autoescludersi dalla stessa, pena ricadute negative (e purtroppo, tendenzialmente permanenti) sulla madre e sul figlio! «Al centro della virilità - annota Claudio Risè nel suo Il padre, l'assente inaccettabile, 2003 - non c'è mai stato altro, in fondo, che questa consapevolezza profonda: il diritto proteggere il debole. All'uomo tocca l'assunzione del dovere». È vero che oggi la prassi e certa legislazione privano spesso il padre di ogni responsabilità nel processo riproduttivo. Ma ciò alimenta una condizione ingiusta sotto il profilo affettivo, assai dannosa sul versante simbolico e decisamente infondata dal punto di vista biologico e antropologico. Proprio per questo è necessario lavorare e collaborare insieme per la formazione di una cultura che equipari davvero donna e uomo nella procreazione. E ciò per il bene della vita, della famiglia, della società. Certamente la volontà e l'interesse della donna vanno garantiti, nel quadro della cura sociale per l'accoglienza della vita e per la promozione della famiglia. Ma non si può ignorare o peggio cancellare il ruolo pregnante che il padre può (e deve, senza sottrarsi, come sin troppo sovente accade, alla proprie responsabilità) avere nella gravidanza della sua donna e nell'attesa del loro figlio. Specie quando la donna vive una gestazione imprevista e quindi non ha avuto il tempo di maturare l'idea del figlio in un previo desiderio di maternità, diviene acuto il suo bisogno di qualcuno che le resti accanto nell'affrontare un'esperienza che a lei sembra intollerabile e che la faccia sentire accolta. Il ruolo dell'uomo diventa pertanto preziosissimo nell'accoglienza della vita nascente, facendosi «custode» della stessa e della relazione con la sua donna e con suo figlio. È un altro modo per donare vita. La proposta referendaria di domenica prossima, se approvata, infliggerebbe un colpo esiziale anche al fondamentale ruolo del padre nell'esperienza procreatica e genitoriale. Facciamo tutto il possibile perché ciò non accada. Per il bene comune. Ciascuno è figlio, ciascuno è stato embrione. Il volontariato per la vita è a disposizione di chiunque sia in difficoltà per una gravidanza inattesa o indesiderata. Pino MorandiniVicepresidente vicario di Mpv
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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