2019-10-13
Renzi va all’assalto delle Ferrovie. Rivuole in carrozza il suo Mazzoncini
L'interrogazione sull'ad Gianfranco Battisti è il primo segnale agli alleati. Con la scusa degli sprechi sogna di restaurare i vecchi manager.La prima mossa di Matteo Renzi sullo scacchiere delle nomine ricalca in pieno lo stile al quale il Bullo ha abituato gli avversari: un'interrogazione presentata dai due deputati di Italia viva, Luciano Nobili e Lella Paita, con la quale si tenta di disarcionare Gianfranco Battisti, manager delle Ferrovie scelto pochi mesi fa dall'ex ministro Danilo Toninelli, e di rimettere al suo posto Renato Mazzoncini. Un'operazione complicata. Ma all'ex Rottamatore, dopo il dimezzamento dei parlamentari votato l'altro giorno (che rischia di mettere in un angolo la sua nuova compagine), non resta che attivare la strategia del pochi, maledetti e subito. E, per questo, con molta probabilità ha cominciato a mandare segnali sulle postazioni di sottogoverno preferite.La prima mossa è stata notificata al governo tramite i due deputati che hanno «truccato» l'interrogazione da attività ispettiva, con parecchie domande, volendo indagare sull'episodio della caduta di Battisti nel bagno dell'ufficio durante una domenica di lavoro nella sua precedente responsabilità professionale, nel 2014. Certo, Battisti con quell'infortunio si è beccato circa 1.600.000 euro, ma è ben chiaro che la causa indicata è solo il pretesto per disarcionare il manager. D'altra parte, che in Ferrovie ci sia un problema legato alle polizze assicurative è noto. E non solo per i risarcimenti (anche se quello per Battisti sembra essere il più alto, superando di quasi il doppio il secondo in graduatoria). Tant'è che l'ufficio in cui si è consumata negli ultimi mesi la faida più dura in Ferrovie è proprio quello che si occupa del rischio e dei sinistri. Dopo il siluramento di Mazzoncini (al quale era corso in soccorso Graziano Delrio, esprimendo «forti dubbi sulla legittimità della decadenza del cda Ferrovie» e annunciando di volerli «esplorare tutti»), è stato mandato a casa il capo del Risk management, Marco Binazzi, rimasto in Ferrovie per poco più di due anni, dopo oltre 18 anni di importanti risultati nello stesso ruolo, ma per il gruppo Italcementi. Era stato chiamato per rimettere a posto il settore (nel quale l'andazzo dei risarcimenti regalo pare sia di lungo corso), ma in Ferrovie dicono che oltre a non essergli stati dati gli strumenti per farlo, addirittura pare che dall'alto si siano divertiti a ostacolarlo. E, poco dopo, l'hanno mandato via liquidando l'argomento come una semplice questione organizzativa. Esposti e contro esposti in Procura (alcuni solo minacciati, altri depositati per davvero) e qualche lettera anonima, però, rischiano di far venire a galla la faccenda dei risarcimenti al personale, alcuni dei quali aperti e chiusi in tempo da record (pochi mesi per definire indennizzi da centinaia di migliaia di euro e, in un caso, milioni di euro). L'argomento è stato appena trattato e in modo molto sintetico nella premessa dell'interrogazione che i due deputati si accingono a presentare e che, ieri, Repubblica ha anticipato. I due renziani chiedono al ministro dei Trasporti Paola Micheli e al ministro delle Finanze Roberto Gualtieri se sia vero che «la gara per le coperture assicurative esperita dal gruppo Ferrovie dello Stato italiane nel 2017 (epoca Mazzoncini, ndr) aveva registrato, dopo diversi anni di gestione mono fornitore, un ribasso complessivo rispetto alla spesa storica di circa il 40 per cento, garantendo l'apertura dei servizi ad almeno sette istituti assicurativi di primario rating mondiale». Stando alla premessa, la partita sembrerebbe essere legata alle polizze. Ma è il retroscena a svelare le mire renziane. I due deputati chiedono «se risponde al vero che Battisti, appena nominato amministratore delegato di Ferrovie dello Stato abbia rimosso dall'incarico i dirigenti che hanno ottenuto quei risultati». In effetti, Battisti alcuni li ha cacciati, come ha fatto con Binazzi, altri, soprattutto quelli che farebbero paura più fuori che dentro perché hanno maneggiato materiale delicato, invece, sembra che siano stati messi nelle condizioni di non dar fastidio. E sono tutti arrivati con Mazzoncini. Le simpatie del Bullo per il manager sono note sin dal 2012, quando Mazzoncini, da amministratore delegato di Busitalia, controllata dalle Ferrovie, rilevò per 18 milioni di euro una bella fetta dell'Ataf, disastrata azienda dei trasporti del comune di Firenze all'epoca guidato da Renzi. Dopo quella medaglia Mazzoncini è diventato prima presidente dell'Ataf e poi manager delle Ferrovie dello Stato, nominato proprio dal Rottamatore una volta salito a Palazzo Chigi. I deputati chiedono conto di un un calo di investimenti, rispetto alle precedenti pianificazioni, di 3,5 miliardi di euro. E, soprattutto, quali siano le cause di una tale diminuzione. La parte demagogica dell'operazione vede la deputata genovese Paita giurare che non è una «questione di persone o di poltrone», ma che «se i risultati sono deludenti a pagare il prezzo è il Paese». Il portavoce di Ferrovie, sentito da Repubblica, ha spiegato che la gara del 2017 per le assicurazioni era scaduta e che un'altra è in corso, con procedura europea e con il medesimo capitolato di quella precedente, attraverso la società controllata Fs Servizi. E lì il bubbone sembra esserci davvero. Non tanto per i risparmi sulle polizze, quanto per la gestione dei sinistri. Un pretesto per il Bullo a caccia di nomine. E la prima sulla quale sembra voler mettere le mani è proprio quella da manager di Ferrovie.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)